4.
Un pomeriggio in cui Maggie aveva voglia di ballare, Leo di suonare e Milo di dar retta all'amica, tra un salto ed un altro il divano nel salotto si era sfondato. I tre lo avevano fissato amareggiati. Quel divano era parte della Maledetta da prima del loro arrivo: era un pezzo storico, quasi d'antiquariato, comodo, forse un po' stretto.
E, soprattutto, avrebbero dovuto dirlo a Jo.
"Cosa?" aveva striduto lui, con la cornetta del telefono premuta sulla guancia e le gambe stese sulla scrivania del suo freddo studiolo da assistente.
"Dobbiamo comprarne un altro" Leo aveva provato a non dargli corda.
"Con i miei soldi ovviamente"
"Con quelli di tuo padre, in realtà"
Così, la domenica dell'otto marzo, Maggie e Jo salirono in auto e poterono finalmente abbassare i finestrini. Il sole non era caldo, eppure iniziava a trapelare dalle nubi pallide.
"Dopodomani viene Syd" gli disse la ragazza, calandosi i Persol sul piccolo naso e accendendo due sigarette tra i denti, una per lei e una per l'amico.
"Potevi farti accompagnare da lui a scegliere il divano"
"Perché?"
"Beh, è più muscoloso di me. Avremmo risparmiato sulla consegna perché probabilmente avrebbe caricato il divano in spalla per dimostrarti la sua virilità"
Maggie rise e gli diede un buffetto sulla guancia.
"Non ci sarebbe stato gusto. Con te mi diverto di più" asserì poi, sciogliendo i lunghi capelli nel vento pungente.
Il negozio di mobili era poco fuori Cambridge. Lo avevano trovato su un annuncio, faceva il fuori-tutto perché stava chiudendo baracca.
"Aspetto o comodità?" chiese loro un commesso sulla cinquantina e dai folti baffi grigi.
"Aspetto" asserì Maggie.
"Comodità" invece Jo.
Poi si guardarono e trascorsero qualche minuto a discutere: entrambi avevano le proprie ragioni. Convennero sul fatto che avessero bisogno di un divano spazioso, che permettesse a tutti e quattro di sedere comodamente, a Leo di schiacciarvi i suoi pisolini e a Milo di potersi stendere per studiare davanti alla televisione.
Convennero anche sulla scelta del colore, azzurro.
Riguardo al materiale Jo non ebbe voce in capitolo perché non capiva bene i termini tecnici in inglese, così Maggie ne scelse uno piuttosto ampio e rivestito in camoscio. Era proprio un bel divano.
Jo lo pagò centoventinove sterline, in contanti, e pagò anche dieci sterline aggiuntive per la consegna.
Quando aprirono la porta de "La Maledetta", notarono compiaciuti che gli altri due coinquilini si erano liberati del divano rotto. Ringraziarono i fattorini e indicarono loro dove sistemare il mobile. Poi, lo osservarono con le mani sui fianchi.
Sembrava esser stato fabbricato proprio per il loro salotto.
"Io direi di provarlo" propose Jo.
"Va bene!"
"...insieme" sottolineò lo spagnolo, lanciandole un'occhiata eloquente. Maggie annuì e lo prese per mano. Lo guidò intorno al divano e poi, intrecciando le loro dita, lo guardò sorridendo.
Socchiuse gli occhi e si lasciò cadere indietro sui cuscini morbidi, trascinandosi appresso il ragazzo.
"Direi che è comodissimo" gioì, voltandosi verso Jo. Lui, abbandonato allo schienale, si sentiva incompreso per l'ennesima volta. Però dovette darle ragione.
"Bello e comodo." rifletté a voce alta, dando qualche pacca ai cuscini "Come me: sguardo ammaliante e intelligenza superiore. Combinazione difficile da ripetere"
Maggie scoppiò a ridere e gli arruffò i capelli bruni.
Si sfilarono le scarpe e le lanciarono alla rinfusa nel salotto. Il ragazzo si munì della bottiglia di vino rosso, tornata a soffrire in frigorifero, di due bicchieri e delle Winston.
"Non è che poi Colette s'ingelosisce?" gli domandò Maggie con fare scherzoso, mentre lui si accingeva ad accenderle la sigaretta tra le labbra.
"L'ho lasciata" rispose sbrigativo Jo.
"Mi dispiace"
"Non devi, era solo... mala vibra" lui sbuffò.
All'espressione interrogativa della ragazza, le cinse il collo con un braccio e la tirò a sé baciandole la tempia.
"Era una tipa snervante" tradusse, sentendosi davvero libero di Colette solo ora, su quel divano azzurro.
5.
Leo uscì dalla sua stanza con le occhiaie più scure della sera prima. Aveva passato la notte in bianco: il destino aveva voluto che il letto di Maggie si trovasse precisamente sopra il suo soffitto e che Syd fosse un mago del sesso, o perlomeno un ragazzo piuttosto irruente.
"Potrei giurare di averti visto andare a dormire, ieri" lo accolse Jo, sempre seduto sul tavolo insieme ai suoi libri "eppure le tue occhiaie mi smentiscono"
"Lascia perdere" il francese si massaggiò le guance paffute "non sono riuscito a chiudere occhio. Quando se ne va Syd?"
"Spero il prima possibile: si è fumato tutte le mie sigarette ieri"
Leo sospirò e afferrò con fare meccanico la moka, versandola nella tazzina che rimase però vuota. Allora si accigliò.
"Non c'è il caffè?"
"No" Jo scrollò le spalle "bisogna farlo"
"Dov'è Milo?"
"In giro con quella Jackie"
"Il piccolo Milo cresce" disse con tenerezza il francese, riempiendo la moka con la polvere del caffè e accendendo il fuoco.
Jo chiuse i libri e si stiracchiò. Senza preoccuparsi di indossare i pantaloni del pigiama e un maglione a casaccio, s'infilò cappotto e sciarpa e stavolta si ricordò di prendere le chiavi.
"Scendo dal tabaccaio a prendere le sigarette. Serve qualcosa?"
"Serve che riporti Milo o questo caffè verrà una schifezza" borbottò Leo udendolo chiudersi la porta alle spalle.
I passi saltellanti e leggeri di Maggie lo raggiunsero e anche un suo abbraccio alle spalle.
"Buongiorno!" cantilenò lei, stringendosi alla sua schiena. Leo evitò di ripensare ai rumori che la notte lo avevano tenuto sveglio e rispose con un sorriso. Sorriso che si tramutò in smorfia quando comparve Syd, vestito già di tutto punto.
"Pensaci tu al caffè, io non sono in grado" le disse in coinquilino, avviandosi verso il bagno.
"Perché, non ci pensa Milo?"
"È uscito con Jacqueline"
Alla notizia Maggie reagì dipingendosi di emozione e sgranando i grandi occhi smeraldo.
Leo si chiuse in bagno e si sciacquò il viso con l'acqua fredda, provando a svegliarsi con la tecnica di sua madre.
Maggie abbassò il fuoco sotto alla moka e si poggiò al piano cottura, accendendosi una sigaretta. Con Syd, sembrava andare tutto bene. Facevano l'amore, chiacchieravano del più e del meno. Ma la ragazza non riusciva a pensare che qualcosa fosse cambiato, come se si fosse spenta una scintilla. Incontrò gli occhi del ragazzo scorrere lungo le sue gambe nude ed esili, nascoste dal solo maglione che aveva indosso.
"Quindi Milo frequenta una ragazza?" le domandò.
Lei annuì. "Sì, ma non l'abbiamo ancora conosciuta."
Syd ridacchiò.
"Perché ridi?" lei si immusonì.
Il ragazzo passò una mano tra i capelli dorati e la guardò mordendosi un labbro.
"Sicuri che esista, questa Jackie?"
"Che intendi?"
"Che non sia...immaginaria"
"Che intendi?" ripeté lei, con tono più duro. Syd scosse il capo e levò gli occhi al soffitto.
"Dico solo che stiamo parlando di Milo. Milo è...un po' sfigato, un po' strano, ecco. Siete sicuri che..."
Non riuscì a finire la frase che percepì la mano della ragazza schiaffeggiargli la guancia.
"Come diavolo ti permetti?" sbraitò lei "stai parlando di Milo!"
Syd si portò la mano al volto e la guardò interdetto.
"Dai Maggie, non fare finta di non essere d'accordo!"
"Ma cosa ti viene in mente?" continuò Maggie, paonazza in viso "Sei proprio uno stronzo. Non hai idea di cosa dici!"
"Perché te la prendi così tanto? Ho solo fatto un'osservazione!"
"No, lo hai insultato!"
"Sei troppo protettiva con i tuoi coinquilini!" gridò lui "Sei fidanzata con me o con Milo? O con Leo? O con Jo? Perché a volte non riesco a capirlo!"
Leo sentì le urla dell'amica far tremare le mura e uscì dal bagno avvolto nell'accappatoio.
La trovò in punta di piedi, con il dito puntato al viso di Syd che, invece, aveva le spalle al muro e un'espressione irritata.
"Che succede?" irruppe con voce seria ma sotto sotto divertita. Adorava le zuffe.
"Ha detto che Milo è sfigato e ha le ragazze immaginarie!" gli rispose Maggie in un latrato.
"Cosa? Ma che stronzo!" Leo strabuzzò lo sguardo e spostò Maggie con un colpo di spalla, prendendo Syd per la maglietta e trascinandolo verso la porta. Questo provò a reagire ma si rese conto che non gli sarebbe convenuto: Leo era decisamente più corpulento di lui e aveva l'aria di una persona che non si sarebbe scostato dopo un pugno. Così si lasciò spingere fuori dalla porta e digrignò lo sbigottimento tra i denti. Sembrava tutto assurdo.
Jo, che aveva appena finito di salire le scale, si trovò addosso il corpo dello sportivo e fece un salto indietro.
"Sai che ti dico Maggie?" strepitò il ragazzo di Oxford "Fai come ti pare. Continua a vivere con questi tre sfigati e vedrai che ti mancherò!"
"Vattene! Non voglio più vederti!" soffiò lei, forte di avere Leo affianco.
Syd scosse il capo e fece per scendere le scale, trovando come unico ostacolo una spallata di Jo.
"Fottiti, Syd!" disse questo causticamente, gettando subito un braccio attorno alle spalle di Maggie e lanciando le sigarette a Leo.
6.
Jackie non aveva mai chiesto a Milo di conoscere i suoi coinquilini ma sapeva già tutto di loro. Sapeva ciò che sapeva l'italiano; l'italiano sembrava sapere tutto.
Iniziarono a vedersi ogni mattina per colazione, prima delle lezioni, momenti in cui Milo le mostrava i suoi nuovi schizzi e raccontava della sua quotidianità. Le raccontò di Jo e della sua stralunata relazione con Colette, di Suzanne, che tutti amavano e aspettavano, di Maggie e di quanto in realtà non si fosse sorpreso della rottura con Syd.
"Era nell'aria" aveva detto Milo, perché alcune cose ne "La Maledetta" non quadravano e invece ira, finalmente, avevano trovato la quadratura del cerchio. Jacqueline non si lasciò intimidire; certo, pensò che ogni esterno al gruppo di coinquilini facesse una brutta fine, ma era convinta che lei sarebbe sopravvissuta. Perché a lei, Milo piaceva davvero. Le piaceva il suo perenne impaccio, le piaceva la luce negli occhi grigi, il balbettare, i capelli sempre arruffati e il rossore sulle guance ad ogni complimento.
Così, un pomeriggio in cui Milo era sicuro che i coinquilini fossero fuori, decise di mostrarle la famigerata Maledetta. Aprì con difficoltà la serratura e si sfregò le mani sperando che Jackie apprezzasse l'ambiente accogliente e colorato. La ragazza, appena uscita dalla sua lezione di Arte Astratta, poggiò all'entrata il borsone con i barattoli di vernice e si guardò compiaciuta intorno.
"Dove dipingi?" gli chiese poi, scrutando le pareti tappezzate di poster di strani cantanti e di polaroid. Milo mise su il caffè e si poggiò al frigo, accendendo una sigaretta.
"Non dipingo" scrollò le spalle.
"Come no? Dovresti"
"Faccio solo gli schizzi sul taccuino. Insomma: non ho spazio qui per dipingere. E non ci ho neanche mai pensato"
Jackie passeggiò avanti e indietro e si fermò davanti al muro dove erano appesi i poster di Bob Dylan e dei Beatles.
"Potresti dipingere qui. La luce è perfetta; appendi la tela e..."
Milo, come spesso gli capitava, smise di ascoltarla.
La guardò indicare punti precisi sull'intonaco, creare forme con le dita affusolate, viaggiare con la mente. Ebbe voglia di dipingere lei. Non proprio lei, forse, ma ciò che era diventata nel suo cuore: si sfilò il maglione, restando in jeans e t-shirt.
Afferrò il borsone con le vernici della ragazza e lo aprì; Jackie si voltò a guardarlo, confusa.
"Togli i poster" asserì lui.
La ragazza annuì e strappò i manifesti, rompendoli perché attaccati con lo scotch.
Con lo sguardo corvino divertito, lo osservò poggiare i barattoli davanti alla parete e indietreggiare di qualche passo, come per cercare già l'immagine che aveva in mente. Le chiese di stendere la tovaglia sul pavimento e, quando tutto era pronto, infilò un pennello nella vernice e prese a dipingere.
Dipinse senza sosta per ore; Jackie non fece altro che rimirarlo, mettendo su varie macchinette per il caffè e dando fondo al pacchetto di sigarette.
Poi, Milo gettò in terra il pennello e si voltò verso di lei, affannando. Sul muro, in risalto su uno sfondo bianco, compariva la sagoma astratta di una ragazza, di profilo dai lunghi capelli e dal corpo esile; era un corpo di ogni colore, dei colori più sgargianti, tanto che sembravano uscire dalla parete ed essere in rilievo.
Jackie, contemplandolo, sentì il fiato morirle in gola.
"Sei tu" mormorò Milo. Aveva la maglietta imbrattata e la vernice persino sulla punta del naso, dei capelli.
Jacqueline lasciò che la sigaretta le cadesse dalle dita e mosse qualche passo verso di lui, cingendogli il viso e baciandolo.
Milo chiuse gli occhi e la baciò, dolcemente, accarezzandole i capelli e la schiena sotto il vestito verde. La seguì mentre indietreggiava verso il divano nuovo e vi caddero insieme, uno sopra all'altro. Jackie gli baciò il collo e gli slacciò la cinta. In quella casa che odorava di vernice, sigarette e caffè, gli insegnò a fare l'amore.
Lo fecero a lungo, ritrovandosi poi l'uno nelle braccia dell'altra, rompendo il silenzio solo con i baci.
Un improvviso scalciare alla porta li fece sussultare. Milo balzò in piedi e si infilò perlomeno maglietta e boxer; non fece in tempo a raggiungere la porta che questa si aprì, e il borbottare di Leo anticipò il suo ingresso e quello degli altri due coinquilini.
"Milo?" Leo si bloccò sui propri passi, squadrando l'amico dalla testa ai piedi.
"Perché sei mezzo nudo?" rinforzò Maggie, aiutando il francese a sfilarsi il cappotto e osservando Jo, accigliato, entrare nel salotto.
"Che diavolo succede qui?" sbottò lo spagnolo con le braccia allargate.
Poi notò la presenza di Jackie, vestita del maglione dell'amico e intimorita dalla situazione.
"Che diavolo è successo qui?" ribadì quasi in un lamento, rivolgendosi stavolta più a Maggie e Leo che al diretto interessato.
Milo raggiunse Jacqueline e si grattò la fronte ancora sporca di vernice.
"Noi...credevamo di essere soli"
"Avete decisamente sbagliato indirizzo" rifletté Jo, fermandosi davanti al muro dipinto "questa non è la Factory di Andy Warhol!"
"I miei poster!" gridò allora Leo, piegandosi disperato sui manifesti stracciati.
Maggie non disse nulla. Si presentò a Jacqueline per l'ennesima volta e accarezzò dolcemente la guancia dell'amico.
"È proprio un bel dipinto" affermò poi, senza soffermarsi sul caos che regnava nel salotto "ma da quando sei un pittore?"
"Già" Jo le diede ragione "Perché non ce lo hai mai detto?"
"Perché hai strappato i miei poster?" gemette sottovoce Leo.
"E soprattutto" poi Jo sembrò trasalire "avete battezzato il divano?"
Jacqueline scoppiò a ridere, e Milo arrossì peggio di qualunque tonalità di rosso che ora colorava il muro.
"Diablo, mi hai battuto sul tempo" allora anche Jo rise, e nessuno osò chiedergli davvero con chi avesse intenzione di farlo.
Per riuscire a rubare "L'arte di amare" di Erich Fromm, Maggie era stata quasi scoperta da una sua collega e costretta a infilarsi il libro sotto il maglione bordeaux. Cominciava finalmente a fare meno freddo, di certo non le sembrava che le lunghe ciglia potessero trasformarsi in brina appena usciva di casa, ma ancora era costretta agli indumenti di lana.
"Cosa nascondi lì?" le chiese
Leo, sul sellino di una bicicletta rossa, aspettandola fuori dalla Biblioteca verso le sette di sera. Maggie inarcò un sopracciglio.
"Di chi è quella?" Indicò allora la bici.
"L'ho comprata da un amico"
"Perché?"
Leo si strinse nelle spalle.
"Mi piaceva"
Maggie salì dietro di lui sul sellino e si ricordò di sfilare il libro dal maglione, ficcandolo poi in borsa.
"È per Milo" si giustificò dallo sguardo canuto del francese "è da un po' che non gli porto un libro"
Strinse le braccia intorno al torso dell'amico e sperò che fosse in grado di manovrare una bici con due persone. Ma, raccontò Leo, nella sua casa estiva in Provenza lui andava sempre in bicicletta.
Arrivarono sotto La Maledetta e Leo poggiò la bicicletta a un palo, "è talmente vecchia che sfido a rubarla" disse poi, togliendosi il cappello e tenendo aperto il portone per la coinquilina. Da quando avevano trovato Milo e Jackie in atteggiamenti intimi, il ragazzo non aveva avuto più il coraggio di parlarne.
Per questo Maggie gli aveva preso quel libro: era certa che gli sarebbe piaciuto.
"Siamo a casa!" la sua voce squillante echeggiò all'entrata, e i due percepirono un odore di pancetta nell'aria.
"Che combinate?" chiese ancora Maggie, sorridendo non appena in salotto e lasciando scorrere lo sguardo sul grande telo di plastica che ricopriva parte del pavimento.
Milo, indaffarato a fissarlo con il nastro adesivo, le sorrise indossando una salopette.
"Me l'ha comprato Jo. Dice che così posso dipingere senza imbrattare tutto" sembrava entusiasta.
"E perché tutta questa gentilezza, Jo?" osservò acuto Leo, incamminandosi verso l'angolo cottura dove lo spagnolo stava girando un sugo.
"Non lo so" l'altro replicò cercando di interpretare la calligrafia di Milo sulla ricetta della Amatriciana.
"Sei...malato?"
"Malato incurabile?" rinforzò Maggie, saltellando verso il cucinino e sbirciando nella pentola.
"Ho solo comprato un telo per non fargli distruggere casa!" sbottò Jo, sgranando gli occhi nocciola.
Leo ridacchiò della sua reazione e infilò un dito nel sugo per assaggiarlo.
"Questo è per te" invece Maggie sedette sul pavimento accanto a Milo, ancora indaffarato tra nastro e plastica.
Lui prese in mano il libro che gli porgeva e sorrise, sistemandosi le lenti sul naso.
"Spero possa aiutarti con Jackie" Maggie gli accarezzò una guancia "anche se, secondo me, in amore un bacio è molto più utile di un libro di filosofia"
Milo non seppe cosa rispondere e le stampò un bacio sulla fronte. Chissà, magari avrebbe dipinto anche lei, un giorno.
"Cos'è?" Jo come sempre afferrò il manuale e lo scrutò.
"Ah! Uno sproloquio sull'amore" ridacchiò poi.
"Sei una persona vuota" Maggie gli strappò il libro e lo restituì al proprietario "guarda che amare è una vera e propria arte"
Leo non li ascoltava, intento a spalmare un po' del sugo di pomodoro su una fetta di pane prima che potessero vederlo e sgridarlo.
"Ed essere amati?" le chiese Jo curioso "è un'arte?"
Maggie si accigliò e provò a meditare una risposta seria.
"Non si ama per essere amati, ma per amare" asserì Milo.
Maggie annuì come se fosse proprio quello che voleva dire.
Lo spagnolo la guardò indispettito e le diede una schicchera sulla fronte, facendole arricciare il naso.
"Quindi non c'è un manuale per farmi amare, eh?" riprese il discorso e anche a girare il sugo.
"Sai che l'Amatriciana ti è venuta proprio buona?" intervenne Leo masticando.
Il ragazzo gli diede una pacca piena di gratitudine sulla spalla e si accese una sigaretta.
"E poi ci siamo noi ad amarti" Jo udì la voce di Maggie sussurrare e le sue labbra poggiarsi velocemente sulla sua spalla. Se solo fosse stata estate, si maledisse Jo, avrebbe sentito quelle labbra sulla sua pelle.
Quando la mattina dopo Leo si svegliò e spalancò le persiane della sua stanza, scoprì che la bici appena comprata era già svanita.
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La Maledetta
RomanceÈ il 1991, Jo è di pessimo umore, i suoi coinquilini, invece, non fanno altro che ridere; una storia di amicizia e amore tra i lampioni di Cambridge, una storia di vita.