11- Dove andiamo, Eliza?

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ELIZA

Aveva ragione Seth Grier: da quel giorno in ospedale, su quel famoso lettino uno premuto contro l'altro... tutto era cambiato.

Potevo continuare a negarlo, potevo mettere chilometri fra noi due, potevo convincere me stessa a non crederci, potevo decidere di non sperarci, di non illudermi, ma ormai era troppo tardi.

Qualcosa era cambiato.

Altrimenti quella sera non mi ero ritrovata davanti casa sua.

Altrimenti non mi sarei lasciata abbracciare.

Altrimenti non gli avrei permesso di prendermi per mano fino alla camera da letto.

Una volta stesi, l'imbarazzo era palpabile. Quasi non cominciai a tremare per il nervosismo.

Avevo persino paura di toccarlo. Ma lui no, sembrava in super agio in quella situazione.

Gli diedi le spalle e mi rannicchiai d'un lato.

Lo sentii sospirare poi si mosse fino a far combaciare il torace sulla mia schiena.

Passò le dita sulla mia spalla poi scese sull'avambraccio, in carezze morbide e delicate.

«Eliza, rilassati.»

Era impossibile per me non irrigidirmi sotto al suo tocco. La mia testa vagava fino a raggiungere posti proibiti ai minori di quattordici anni. Mi morsi il labbro e strinsi gli occhi. «Non riesco.»

Avrei tanto voluto dirgli di staccarsi dal mio corpo però quelle parole non volevano uscire dalla mia bocca.

Si mosse di nuovo inserendo una gamba in mezzo alle mie.

«Non mi rilassi in questo modo» dissi in tono asciutto.

«Lo farai» le sue dita continuavano a scorrazzarmi lungo il braccio mentre parlava. «E i tuoi genitori invece? Non ne parli mai.»

Scossi la spalla. «Non c'è molto da dire, non siamo una famiglia unita. Loro mi vedono come un errore, quindi non ho più contatti da più di un anno. Però ci facciamo gli auguri a Natale.»

«Ѐ triste.»

«Succede» mi sistemai meglio e Seth mi posò un bacio sulla tempia. «Deve essere stato difficile per te.»

«Lo era molto di più vivere nella stessa casa, fidati. Appena ho potuto, ho cambiato città assieme a Roxie.»

«Perché ti credono un errore?»

Restai in silenzio qualche secondo prima di rispondere. «Non saprei, sono sempre stati spiriti liberi, loro viaggiano molto... presumo che una figlia sia stata una rottura per loro. Una volta cresciuta, erano state più le volte in cui ci eravamo urlati contro che quelle in cui ci eravamo amati. Sto meglio senza di loro, fidati» e lo credevo sul serio. Certo, erano i miei genitori, quindi non ero felice della situazione, però me n'ero fatta una ragione. Mi faceva più male stare con persone che palesemente non mi volevano tra i piedi.

Forse era stata proprio colpa loro se avevo paura di amare ed ero convinta che nessuno potesse provare quei sentimenti nei miei confronti. Insomma, se non riuscivano a farlo i miei genitori, come potevo anche solo sperare che qualcun altro potesse farlo?

«Mi rattrista sentirtelo dire: meriti di essere amata, Eliza.»

Non sapevo bene come rispondere a quell'affermazione, quindi restai in silenzio. Una parte di me gli dava ragione, ma l'altra, quella più tenace, urlava che aveva torto e che non meritavo nulla. Era difficile convivere con quella vocina, ma ci si abituava. Forse era quello il mio sbaglio: darle credito.

Mostrami l'amore (#2 Nightmares Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora