15 - «Mai.»

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Capitolo 15

Seokjin

Namjoon girò la chiave, aprì la porta e subito dopo si immedesimò in un manichino per il modo in cui si bloccò. Per i seguenti secondi rimasi alle sue spalle non capendo come mai non si muovesse, poi allungai il busto per osservare da sopra la sua spalla quello che gli proibiva di mettere piede nell'appartamento: un ragazzo sulla ventina col viso martoriato da graffi e lividi, in accappatoio e ciabatte, era comodamente stravaccato sul divano e tra le mani reggeva il telefono fisso, ma la spavalderia che lo faceva apparire come se fosse a casa sua era contrapposta dall'espressione terrorizzata che rivolgeva al reale proprietario della villa.

-E tu chi cazzo sei?!- esclamò quest'ultimo, il tono un misto tra nervoso e allarmato. Lo sconosciuto non rispose, si limitò a deglutire e a mordersi il labbro.

Proprio in quel momento, la voce spensierata di Jungkook risuonò dal piano di sopra. -Tae, hai ordinato le pizze?-

Dopo aver udito quel soprannome, collegai il tutto e capii che quel tipo davanti a noi non era un vero e proprio sconosciuto dato che il più piccolo me ne aveva già parlato. Me lo aspettavo diverso, mi ero immaginato una specie di principe azzurro talmente perfetto da non sembrare reale, invece quel Taehyung pareva tutt'altro.

-Amore, le hai ordinate?- questa volta Jungkook parlò sull'orlo dell'ingresso del salone. I suoi grandi occhi si spalancarono nello scoprire cosa stesse succedendo.

Avevo mantenuto la promessa e non avevo spifferato nemmeno una parola della sua relazione, volevo che si sentisse pronto prima di rivelarlo. Dalla sua reazione era chiaro non lo fosse ancora, solo che si era messo con le spalle al muro da solo a causa del nomignolo affettuoso che aveva usato.

La scena che seguì fu a dir poco spiacevole per tutti, la tensione era palpabile da parte sia dei due giovani che di noi appena arrivati. Nella stretta di mano potei perfettamente percepire quanto l'intruso fosse in ansia, non solo per la comprensibile preoccupazione di dover conoscere i membri della famiglia del suo fidanzato, ma anche perché era consapevole di non aver fatto una buona prima impressione, e si sa che quella è essenziale.

Rivolsi un veloce sguardo a Jungkook, mostrava panico da ogni angolazione. Non potevo biasimarlo, il giudizio del fratello maggiore era importante e conquistarlo era complicato, sapevamo entrambi che Taehyung era partito col piede sbagliato. Chiese con la voce tremolante cosa ci facessimo lì, poi si limitò ad annuire alla rigida risposta di Namjoon che gli aveva detto saremmo rimasti un paio di giorni per un incontro a cui doveva partecipare. Fui io a mettere fine a quel patetico strazio, spinsi il mio futuro marito nella camera da letto con la scusa di dover mettere in ordine i bagagli.

Quando ci trovammo da soli, smise di trattenersi. -Chi diavolo è? Dove l'ha trovato uno così?- affondò le dita tra i capelli per indicare disperazione, iniziò a fare avanti e indietro.

-Su, Joonie, sai a stento il suo nome, non puoi già dirmi che non lo approvi.- provai a calmarlo.

-L'hai visto anche tu, è palese che si tratta di uno di quei classici ragazzi tossici che, non si sa per quale assurda regola, affascinano sempre quelli bravi e innocenti come il mio Kookie. E hai visto le ferite che ha in faccia? Avrà fatto a botte con qualche delinquente con cui ha a che fare... o peggio, il delinquente potrebbe essere proprio lui.-

-Andiamo, non esagerare adesso.- alzai gli occhi al cielo e percorsi i pochi metri di distanza che mi separavano dal materasso, dove mi sedetti. -Solo perché non l'hai conosciuto in giacca e cravatta non significa che sia una cattiva persona. Potrebbero essersi incrociati a boxe, ecco spiegati i segni sul viso.- ipotizzai una soluzione migliore rispetto alla sua catastrofica.

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