Maggio 1992

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3.
Ovunque guardasse, tra la gente in piedi o sulle panchine, non riusciva a trovarlo. Maggie controllò l'orologio: erano precisamente cinquantasei minuti che aspettava Milo e precisamente cinquantasette minuti che il suo treno da Londra era arrivato. Sospirò e si accese una sigaretta: di solito, con gli autobus funzionava. Era una legge riconosciuta in ogni paese: alla fermata dell'autobus, appena una sigaretta veniva accesa, il mezzo arrivava prima che il fumatore potesse tirare la sua boccata.
Funzionò anche con Milo che prese ad agitare un braccio nella folla per richiamare l'attenzione dell'amica.
Lei gli corse incontro e lo abbracciò stretto.
"Dov'è Jackie?" poi notò che era solo e con vari bagagli appresso.
"È rimasta a Londra"
"Siamo solo io e te, quindi?"
Milo annuì. "Così sembra"
Maggie ne fu contenta e lo strattonò per mano fino all'auto. Era felice di rivederlo: la barba gli era cresciuta di nuovo e anche i capelli, sembrava davvero un artista. Aveva i jeans strappati sulle ginocchia e una maglietta che però ritraeva Mickey Mouse. In quello era rimasto proprio Milo.
"Allora, hai venduto qualche quadro?" gli domandò sedendo sul cofano della macchina e fumando la sigaretta.
Il ragazzo mise le mani in tasca e scosse il capo.
"No...non ho venduto nulla"
"E hai trovato il gallerista?"
Milo guardò i suoi anfibi. Scosse ancora il capo.
"Però ho dipinto molto" indicò le tele che aveva coperto alla buona con lenzuolo e stipato in grandi borsoni "ho avuto molta ispirazione. Lì erano tutti ispirati: non facevano altro che drogarsi e parlare di arte. E anche di filosofia! Ho avuto scambi molto interessanti, io..."
"Io ho baciato Jo" lo interruppe Maggie. Il ragazzo tornò a guardarla in volto.
"Che hai fatto?"
"Io...ho baciato Jo" Maggie divenne paonazza e si legò i capelli in una crocchia disordinata "Ero ubriaca."
Milo prese il suo pacchetto di sigarette e ne accese una, sedendo sopra a una valigia.
"Ti stai ustionando, tieni" le passò balbettando la felpa che aveva legata intorno alla vita. Maggie si accigliò e lanciò una veloce occhiata al sole tiepido.
"Non sto bruciando, Milo"
"Sì, sei tutta rossa..."
"È perché sono imbarazzata"
"E perché?"
Maggie lasciò scivolare gli occhiali da sole fino alla punta del naso.
"Perché ho baciato Jo!" ripeté arrossendo ancora di più.
Milo disse di sì con il capo. Non sapeva davvero cosa risponderle.
"Dove, in cucina?" domandò.
"No, perché avrei dovuto farlo in cucina?"
"Non lo so, è il primo posto che mi è venuto in mente."
"Sul letto" asserì la ragazza "sul mio letto."
"E ti è piaciuto baciare Jo?"
Maggie espirò il fumo e si perse nei pensieri, ricordi che presero forma nella nuvola.
"Credo di sì, è che abbiamo anche fatto..."
"Cosa? Cosa avete fatto?"
"Beh abbiamo dormito insieme."
"Perché eri ubriaca?"
"Dai Milo, abbiamo scopato" riassunse lei bruscamente. Il ragazzo scattò in piedi e fumò nervosamente un paio di tiri.
"No, no! Quindi ora state insieme? E Leo? Lo sa, è arrabbiato?" L'italiano prese ad agitarsi, camminando avanti e indietro e lasciando trapelare un fortissimo accento.
"Milo!" Maggie lo prese per il lembo della maglietta e lo fissò negli occhi grigi "È tutto come prima. Non stiamo insieme...me lo ha detto Jo. Amici, come niente fosse."
Lui si liberò in un sonoro sbuffo.
"Impossibile. Ci sta troppo coinvolgimento emotivo per far sì che sia tutto come prima. Psicologicamente, dico."
"Ma no, davvero. E poi devo rispettare la sua scelta..."
"La sua scelta?"
"Sì, ha detto che vuole solo essere amici."
"E ci sei rimasta male?"
"Beh...un po' forse. Non lo so. Mi stai confondendo."
"Vedi? Sei emotivamente coinvolta e confusa. Quando fai l'amore con una persona è inevitabile che ti innamori..."
"Non abbiamo fatto l'amore, abbiamo scopato. Per questo non sono arrabbiata!"
Milo la fissò sbattendo le palpebre.
"Dai tuoi occhi sembra che abbiate fatto l'amore e che invece sei inferocita"
"Va bene, cambiamo discorso. Dobbiamo andare a pagare le bollette, o Jo ci ucciderà. Questo mese era il tuo turno, li hai contanti?" Maggie entrò nell'auto e aprì il portabagagli. L'amico sistemò caoticamente le valigie e poi sedette al posto del passeggero.
Tossicchiò e mugugnò qualcosa.
"Che hai detto?" gli chiese stridendo Maggie.
"Ho finito tutti i soldi a Londra"
Lei spense il motore appena acceso.
"Sei impazzito, Milo?" gli accarezzò una guancia e lo scrutò preoccupata. L'italiano si strinse nelle spalle.
"Credevo che avrei guadagnato con i quadri, ma mi sbagliavo. È stato un po' una sconfitta, in effetti" disse con voce triste "Dovevo restare qui."
La coinquilina lo abbracciò, passando le mani tra i suoi capelli castani.
"Si risolverà tutto, tranquillo." gli sussurrò all'orecchio, sperando che anche lei potesse tornare a guardare Jo davvero come prima. Non poteva non pensare a quella notte; a quella maglietta blu; al fatto che fosse stata bene insieme a lui. E a quanto, quella risposta la mattina dopo, l'avesse ferita.

"Bentornato!" Leo lo travolse subito con un abbraccio tanto possente da sollevarlo un po' da terra.
Milo sorrise impacciato e lasciò i borsoni all'ingresso, accanto all'appendiabiti.
"Cos'è quella cosa?" Maggie si rivolse poi al francese, incuriosita dal piccolo oggetto che stringeva nella mano.
"Una pipa: l'ho presa al mercato" lui gliela mostrò fieramente e Jo, chino sul centinaio di fogli sparsi sul tavolo, brontolò.
"Trova sempre modi originali per spendere soldi" si spiegò allora.
"Sei un tirchio insopportabile" lo rimbeccò il francese, gettandosi sul divano e imbracciando la chitarra per accordarla.
"A proposito" Jo si stiracchiò, stanco di leggere per l'ennesima volta le parole della sua tesi "avete pagato le bollette?"
Maggie tossicchiò e finse di non sentirlo. Aprì uno dei borsoni dell'italiano e schierò in terra tutte le nuove tele, scoprendole una a una.
Leo le scrutò interessato.
"Maggie? Hai perso l'udito?" domandò Jo.
"Mi sono scordata" tagliò corto lei.
"Quindi domani ci tagliano il gas e la corrente?"
"Abbiamo le candele"
Jo si liberò in una smorfia interdetta. "Abbrustoliamo la carne sulle candele?"
"Che ne so, ci inventeremo qualcosa! Sei pesante."
Leo ridacchiò ma Maggie lo fulminò con lo sguardo.
"Non l'ha scordato, non avevo soldi per pagarle" confessò Milo, in piedi in mezzo al salotto a pulirsi le lenti degli occhiali.
L'unica risposta fu il rumore della scintilla dell'accendino.
Il viso dello spagnolo sparì dietro la cortina di fumo.
"Ho speso tutto a Londra: speravo di guadagnare con i quadri." Continuò l'italiano, parlando a bassa voce.
"Speravi di guadagnare con i quadri?" ripeté Jo.
"Sì, io..."
"Mica è deficiente, è andato a Londra per sfondare" constatò Leo cercando di aiutarlo.
"È sicuramente riuscito a sfondare il suo portafoglio" controbatté lo spagnolo.
"Mi dispiace Jo, giuro che ti ridarò ogni centesimo. Speravo di trovare fortuna, ma ho trovato l'ispirazione, guarda!" balbettò Milo, indicandogli la decina di tele che erano ordinate sul pavimento.
"Va bene, prendi uno di quelli e pagaci la bolletta" gli rispose l'altro.
Leo sbottò in una risata amara. "Ma che stai dicendo? Non funziona così l'arte!"
"Spiegami come funziona allora, grande e ricco cantautore: quello che io vedo vivendo con due artisti è che voi fate quello che vi pare ed io pago tutto, alla fine del mese." replicò Jo con tranquillità.
"Scusami Jo, davvero io..." Milo gli andò incontro, con le mani giunte come in una supplica ma l'amico si alzò dalla sedia e ciccò nel lavabo.
"Sei solo invidioso" brontolò Leo "Sei invidioso perché noi viviamo la nostra arte e tu non ci riesci."
"Scusa?" Jo rise.
"Ti nascondi dietro quel maledetto taccuino e neanche riesci a scrivere"
"Scrivo eccome, ma non sono un illuso che posso vivere con le mie poesie!"
"Se scrivi perché non ci fai leggere nulla?"
"Perché con le poesie non pago le bollette!" sbraitò lo spagnolo, frugando tra i libri sul tavolo e agguantando il taccuino. Lo lanciò a Leo che lo rigirò tra le mani.
"Leggilo, cabrón. Leggilo e facci quello che ti pare, a me non importa. Sono stanco dei vostri stupidi capricci da artisti!" gli gridò allora.
"Sembri tuo padre"
Jo si voltò di scatto verso Maggie, seduta sul tavolo da biliardo. Aveva sussurrato quella frase con tono acido; lo aveva sussurrato per farsi sentire.
Lei lo guardò negli occhi. "Sembri tuo padre. Stai facendo lo stronzo come lui" ribadì.
Milo si accovacciò a terra e si coprì il viso con le mani.
"Sembro mio padre?" lo spagnolo le si avvicinò senza preoccuparsi dove ciccava.
La ragazza disse di sì con la testa e fece per rubargli la sigaretta, ma lui distolse la mano con uno scatto.
"Sei un codardo" aggiunse allora Maggie.
"Sono anche un codardo?"
"Sì, per questo ti stai accanendo su Milo: perché lui ha fatto quello di cui tu hai troppa paura."
"Spendere ogni centesimo? Tornare qua con le tasche bucate e una borsa di studio persa? Non è mai stato il mio sogno."
"Cosa?" Milo scattò in piedi e raggiunse i due, guardando agitato Leo e cercando nei suoi occhi una risposta "Ho perso la borsa di studio?"
"Vedi tu, non hai dato neanche un esame per fare i tuoi dannati scarabocchi!" sibilò lo spagnolo senza alcuna delicatezza.
"Meglio così: la filosofia non faceva per lui. Lui è un pittore" asserì Leo, anche lui accendendosi una sigaretta e restando stranamente calmo sul divano.
"Sei proprio un cretino" gli disse Jo.
"Non insultarlo" Maggie scese dal tavolo da biliardo e puntò il dito sul volto del ragazzo, severa "Non provarci mai più."
Jo si liberò in un sorriso spiacevole e le diede una schicchera sulla fronte.
Lei indietreggiò sorpresa e si accigliò.
"Che hai fatto?" stridette confusa.
Jo le diede un'altra schicchera e si girò verso Leo, quando questo provò a camuffare una risata in un colpo di tosse.
"Sei una bestia" Maggie gli soffiò con gli occhi smeraldo infiammati. Prese a spintonarlo e a riempirlo di schiaffi sul petto, borbottando qualcosa che non fece altro che alimentare la risata del francese.
Milo era l'unico agitato: provò a richiamarla più di una volta, la prese per un braccio ma lei si strattonò per continuare a menare il ragazzo spagnolo, evidentemente divertito, che si trovò presto addossato alla parete dipinta.
Maggie somigliava alla solita pulce arrabbiata, pensò Jo, osservando la sua ira e la convinzione con cui cercava di picchiarlo.
Lei si aggrappò al colletto della sua t-shirt bianca e lo fissò con sguardò incandescente. Di tutta risposta, Jo non riuscì a fare altro che stamparle un bacio sulla guancia e aumentare la sua irritazione.
"Ti uccido!" gridò Maggie. Leo si alzò con fare placido dal divano e la separò dallo spagnolo cingendole la vita con un solo braccio e sollevandola dal pavimento.
Lei continuò ad agitarsi, scalciando e intimando il francese di lasciarla andare: doveva ucciderlo.
"Ti lascio andare solo se prometti di stare buona" le disse Leo tra una risata e un'altra, stringendola con entrambe le braccia e pian piano mettendola a terra.
"Prometto" brontolò allora lei.
Una volta libera si mise a braccia conserte e batté il piede sul pavimento con fare nervoso.
"Ora, abbraccio di gruppo" asserì il francese.
Un po' controvoglia, si abbracciarono. In quell'abbraccio, come sempre, cadde ogni discussione e si cancellarono gli insulti.
"Allora, dove appendiamo queste tele?" chiese Jo, passeggiando tra i quadri e prendendone uno. Lo studiò per bene: ai suoi occhi era un ammasso confuso di colori. Leonard comparve alle sue spalle e scrutò insieme la tela.
"Questo in bagno" affermò convinto. Jo rinforzò con un cenno del capo.
"Perché proprio in bagno?" domandò Milo.
"Perché fa un po' cagare" spiegò spiccio Jo, riuscendo a far ridere persino Maggie.

4.
"Stai fermo" mormorò Maggie stringendo il pettine tra i denti e spuntando i capelli dell'amico.
Leo sperò vivamente che li tagliasse meglio dell'ultima volta in cui era stato costretto a girare con il cappello per mesi, tanto li aveva tagliati storti.
Milo s'impose davanti allo specchio per sistemare il collo alto del maglione.
"Così elegante?" Leo strabuzzò gli occhi vedendo il completo marrone.
"È una laurea, metto il vestito buono" l'altro si strinse nelle spalle. "È la prima occasione in cui posso indossarlo!"
Maggie lo squadrò compiaciuta. Certo, i colori non erano il massimo; Milo però sembrava avercela messa tutta a scegliere persino il fazzoletto bianco per il taschino. Così, quando ebbe finito di lavorare con i capelli del francese, passò le forbici all'altro e gli consigliò di sistemare un po' la barba.   
"Pronti?" Jo comparve sulla porta del bagno. Quando Milo lo osservò nel riflesso dello specchio, sembrava più pallido del solito. Aveva delle grosse occhiaie perché aveva trascorso la notte a ripetere, tenendolo sveglio fino alle due, ora in cui l'italiano era crollato sul plico di fogli.
"Solo qualche minuto" asserì Leo, costretto dalla situazione ad infilarsi il completo grigio chiaro e la camicia bianca.
Jo sprofondò sul divano nel salotto e nei suoi pensieri. Controllò l'orologio: erano in anticipo di un'ora, fortunatamente.
A raggelargli il sangue nelle vene non era tanto la commissione davanti cui avrebbe dovuto parlare; non era ansia da prestazione; non era paura di finire quel percorso di studio; era la presenza di suo padre.
Si accese una sigaretta e ripeté in mente qualche parola della tesi.
Udì dei passi e alzò gli occhi sui tre coinquilini, schierati davanti a lui come in attesa di un giudizio.
"Avete provato a farvi belli per me?" ridacchiò, constatando quanto gli sembrassero buffi i suoi amici così eleganti.
"Non dovevamo provarci, lo siamo già!" replicò Maggie sorridendo e lasciando che Leo le allacciasse il filo di perle intorno al collo.
Jo annuì e si alzò dal divano con un lamento.
"Andiamo alla gogna!" esclamò allora, avviandosi verso la porta di casa e infilando goffamente la giacca blu mentre scendeva le scale a perdifiato.
Salirono in auto e Milo s'impose alla guida, argomentando che era l'unico con una guida placida e sicura.
Senza troppa voglia di discutere, gli altri appoggiarono la sua scelta e sedettero silenziosi ai propri posti.
Sui sedili posteriori, Maggie accavallò le gambe esili sotto il tubino nero e si sporse per slacciare un bottone alla camicia del laureando.
"Ora sei bellissimo." si giustificò poi sorridendo e accarezzandogli la guancia ancora umida di dopobarba.

I signori Villalba e il figlio Luis attendevano l'arrivo del primogenito fuori dalla facoltà di lettere. Non gli interessava se il resto degli invitati fosse già nell'Aula Lauree; volevano essere i primi a incontrarlo.
Avevano discusso a lungo recandosi fino a Cambridge per prendere parte alla cerimonia; il signor Villalba era stato quasi costretto dalla facciata che dalla voglia di complimentarsi con il ragazzo.
Infatti, quando intravide l'automobile sgangherata frenare davanti a loro, alzò un sopracciglio con un'espressione scettica.
"Oh" bisbigliò Leo, aprendo la portiera e colpendo in pieno Luis "Chiedo scusa."
Questo squadrò il francese dalla testa ai piedi; era molto alto e un po' corpulento, in un completo grigio chiaro e un cappello a falda larga. Aveva una faccia da stupido, pensò Luis, con un sorriso ancora più ebete, lo sguardo troppo buono e una barba incolta.
"Siete gli uccelli della sventura?" esclamò indispettito Jo, lanciando una veloce occhiata ai genitori mentre aiutava Maggie a uscire dalla macchina.
"Salve, signori Villalba." Milo tese loro la mano "Sono Milo Colasanti."
La coppia gli strinse con poca convinzione la mano e salutò il figlio con un leggero cenno del capo.
"Perché non hai la cravatta?" lo rimbeccò subito la madre con tono acido.
"Perché hai due bottoni slacciati?" continuò, apprestandosi a perfezionare l'abbigliamento del primogenito.
"Io credo che stia benissimo così" s'intromise Maggie con un sorriso, accettando poi la stretta di mano offerta da Luis.
"Ma guardati: così sbottonato e con i capelli arruffati! Sembri un cafone, Jorge Maria!" la signora Villalba scosse veementemente il capo e allungò le mani verso la camicia di Jo.
"No, io credo che sia perfetto" ribadì convinta la coinquilina, allontanando le mani della donna e poi cercando di sanare il gesto con un sorriso.
Jo tossicchiò e si sistemò con le dita il ciuffo bruno che si era scompigliato con il vento.
"Posso andarmi a laureare, ora?" sbottò poi spazientito, cercando lo sguardo degli amici e avviandosi in facoltà.
"Che bomba quella" Luis lo affiancò e gli diede una gomitata, indicando Maggie con sguardo malizioso.
"Prova a toccarla e ti taglio a pezzi" rispose Jo con un sorriso impertinente.
"Peccato, ha l'aria di un'ottima scopata."
"E poi recapito la tua testa all'ufficio di papà e brucio i tuoi resti."
"Va bene, te la sei fatta" Luis roteò gli occhi nocciola e diede una pacca sulla schiena del fratello.
Jo salutò gli amici con l'occhiolino e s'incamminò verso la commissione.
Non appena i tre sedettero in prima fila, Leo si sporse per guardare Milo e Maggie.
"Jorge Maria?" sbottò a ridere sottovoce "Si chiama Jorge Maria?"
Maggie, in mezzo ai due ragazzi, si strinse nelle spalle.
"Forse in onore di qualche nonna" provò a riflettere Milo.
Non fecero in tempo a finire di battibeccare sulla scelta di quel secondo nome che il presidente di commissione si alzò in piedi e lesse, ad alta voce, il nome del laureando, "Jorge Maria Villalba".
Stavolta Leo non riuscì a trattenersi e la sua risata echeggiò tra i presenti; Maggie si apprestò a tappargli la bocca con una mano e divenne paonazza, anche lei sorridendo.
Milo rise tra sé e sé e si voltò ancora assorto nella comicità della situazione, incontrando però, accanto a sé, lo sguardo infiammato del signor Villalba.
"Scusi" balbettò allora, tornando a tacere e strizzando gli occhi per la vergogna.

Jo discusse la sua tesi alla perfezione e si laureò con la lode.
Non appena si alzò per stringere la mano all'intera commissione, i suoi amici che avevano preso l'aereo da Madrid scattarono in piedi e lo travolsero con un fragoroso applauso. Al festeggiamento si unirono anche i coinquilini: tutti e tre avevano gli occhi lucidi, persino Leo, che cercò di nascondere la commozione cingendo le spalle di Maggie e uscendo a passo lento dall'aula.
Attesero l'orda di presenti fuori dalla facoltà, ascoltando il vociare gioioso e accendendosi una sigaretta.
"E tu, quando ti laurei?" Maggie chiese a Leo, che sobbalzò e sbuffò.
"Mai" rise allora, più sincero e spiccio del solito.
"Peccato, sei proprio bello con questo completo" la ragazza lo abbracciò, osservando Milo cingere il volto di Jacqueline e baciarle leggermente le labbra.
"Il vostro amico è stato bravissimo!" esclamò questa, che era arrivata in ritardo e aveva osservato la cerimonia dall'ultima fila "Come si festeggia?"
"Stasera diamo una festa a casa nostra" le spiegò Milo tenendola per mano "Ha organizzato tutto Maggie."
Maggie gongolò. "Ho preparato persino la sangria!" disse ammiccandole.
Jo comparve sostenuto da una decina di amici, allegro e più scompigliato di prima, stringendo in una mano l'attestato di laurea e nell'altra una bottiglia di champagne.
Ne bevve qualche sorso e poi sorrise a Leo, che lo strappò dalle braccia di tutti quegli spagnoli per abbracciarlo e arruffargli i capelli scuri.
"Jorge Maria! Non puoi ubriacarti alle undici del mattino!" gli strepitò appresso la madre.
"Toglietemela di torno o la uccido" ringhiò il ragazzo, sfilandosi la giacca e restando nella camicia celeste.
Maggie gli tolse la giacca di mano e si propose di tenerla per lui, guardandolo poi con occhi lucidi e orgogliosi.
Si mise in punta di piedi e gli gettò le braccia al collo, congratulandosi sottovoce.
Jo strinse il suo corpo minuto e fulminò il fratello con occhio indemoniato quando ne incrociò lo sguardo sul fondoschiena della ragazza.

Leo si chiuse appresso la porta dell'abbaino e si gettò con la schiena sul materasso, sospirando. Erano sfuggiti alla festa perché, nel salotto, erano stipate davvero troppe persone: la cappa di fumo aveva reso l'ambiente insopportabile e la sangria aveva alzato il tono di tutte le voci, soprattutto dei festaioli amici di Jo. I signori Villalba non si erano mai alzati dal divano azzurro, in compagni altri altri adulti che Jo non aveva neppure salutato.
"Che rottura" brontolò Leo "sono tutti antipatici"
"Solo perché sono tutti spagnoli e non capisci quello che dicono" lo rimbeccò sorridendo Maggie, sedendogli accanto e sfilandosi i décolleté.
"Ho qualcosa per farvi riprendere" esclamò Jackie, frugando nella sua borsetta e cavandone una scatolina. Milo sgranò gli occhi grigi, "No, no!" balbettò, cercando di sfilarle l'oggetto di mano, nervoso.
"Che roba è?" Leo alzò un sopracciglio e strinse la mano intorno alla caviglia di Maggie, in punta di piedi sul letto per aprire l'abbaino.
"Droga" disse spaventato Milo.
"Erba" lo corresse spiccia Jackie "è leggera. Sapete girare?"
I tre la guardarono in silenzio. La risposta fu negativa e corale.
"Ci penso io: vi rilasserà un po'."
La ragazza sedette in terra e prese a rollare la canna, sotto gli occhi curiosi e incapaci degli amici.
Quando Jo si accorse dell'assenza dei tre coinquilini, cercò di farsi spazio tra parenti e vecchi amici dando e ricevendo sonore pacche sulla schiena e fingendo sorrisi davvero poco credibili.
Spalancò la porta di ogni stanza, compresa quella del bagno, dove interruppe un ospite nel pieno della sua digestione; la richiuse schifato e salì a due a due i gradini della scaletta, allentandosi il nodo della cravatta che era stato costretto a indossare e slacciando un paio di bottoni alla camicia.
"È qui la festa, allora!" commentò trovandoli in etereo silenzio.
Milo gli rivolse un intenso sguardo in cui Jo lesse soltanto il colore scarlatto dell'occhio.
"È erba?" chiese allora a Jackie, che sembrava l'unica in grado di rispondere. Maggie infatti, alla sua prima canna, era rannicchiata contro la testiera del letto e fissava un punto cieco; Leo borbottava a bassa voce in un monologo continuo che durava da almeno dieci minuti, Milo non riusciva a smettere di guardare il neo-laureato.
"Dammi un tiro" Jo strappò la canna dalle dita della ragazza e ispirò il fumo dolciastro, socchiudendo gli occhi e poggiandosi poi alla parete.
"Servirebbe anche agli altri un po' di droga. Non smettono di farmi le stesse domande dall'inizio della festa" si sfogò il ragazzo, prendendo qualche altro tiro.
"Sei fortunato, la gente si interessa a te" rispose convinta Jackie.
"No, è che non sanno di cosa parlarmi, è diverso."
Leo rise di cuore a quella frase e Jo lo fissò interdetto. "Non era una battuta" gli disse e Leo rise ancora, massaggiandosi la barba e mostrando il suo tenero sorriso.
"Come si può non parlare?" intervenne allora Milo, rispondendo all'asserzione dello spagnolo "Devono parlarti per forza. L'uomo deve parlare, l'uomo è in sé ciò che dice. Un uomo che non dice è qualcosa per te? Se la gente non ti parlasse, per te esisterebbe? Esistiamo solo in relazione agli altri e, per relazionarci, parliamo."
"Va bene, ma possiamo anche parlare di calcio, non c'è bisogno delle solite domande..."
"La quotidianità fa sentire l'uomo al sicuro" asserì seriamente Milo. Jackie gli prese la mano e annuì convinta, presa dal suo discorso. "Pensa vivere senza mettere la macchinetta del caffè sul fuoco ogni mattina." L'italiano provò ancora a spiegarsi "Vivresti? Io no."
Jo decise di finire la canna, dato che nessuno l'aveva reclamata e sembravano non averne ulteriore bisogno. Si lasciò scivolare in terra e slacciò del tutto la cravatta.
"E ora?" sbraitò d'un tratto Maggie, facendolo sobbalzare "Ora che farai?"
Jo gettò il mozzicone nel suo bicchiere e si trovò a rispondere per almeno la decima volta a quella domanda.
"Parto per la Germania, Maggie. Lo sai già."
"E come farai con il muro di Berlino?" sembrava preoccupata.
Lui sbatté le ciglia e arricciò il naso.
"Non c'è più il muro..."
"Appunto!" La ragazza gridò e tutti gli altri le vennero dietro, d'improvviso preoccupati. Maggie cercò di farlo desistere dal viaggio, dicendo che poteva perdersi senza più il muro, che era pericoloso, che doveva prestare attenzione e chiamarli ogni sera: era talmente preoccupata che si era alzata dal letto e lo aveva raggiunto in terra, prendendogli una mano e stringendola, parlandogli senza mai distogliere lo sguardo dal suo, come i genitori quando vogliono raccomandarsi con i figli.
"Dovrai portare sempre con te qualcuno che sappia parlare russo. Ci sono ancora i russi lì, magari sono nascosti. Potrebbero rapirti e tu non capiresti nulla perché non parli russo. E anche una borraccia piena d'acqua."
"E la borraccia la uso come arma contro i russi?"
"No, Jorge! La borraccia ti serve se hai sete!"
"Jorge Maria!" la corresse Leo, scoppiando a ridere non appena ripensò al secondo nome del suo amico. Il francese iniziò a canticchiare una canzoncina appena inventata, la cui unica parola era Maria;
"Ma siete davvero così fatti?" lo spagnolo si trovò a chiedere un po' a tutti, lui che avrebbe tanto voluto un po' di quella leggerezza ma che non ne aveva per nulla.
"Non so dirtelo, magari la tua concezione di fatto è diversa dalla mia" balbettò Milo, pulendosi gli occhiali per la millesima volta.
"Siete fatti" mormorò Jo tra sé e sé, voltandosi quando qualcuno bussò alla porta della camera e annunciò lo champagne.

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