Capitolo 1

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La scuola sarebbe cominciata in una manciata di giorni ed un manto di foglie gialle e marroni tappezzava già le strade ed il giardino retrostante la grande villa bianca e blu dei Lauder, mosse da un vento leggero mentre il sole che si abbassava tingeva di rosso il paesaggio di East Hampton.

Maeve tirò giù le maniche del maglione arancione lungo le braccia, scossa da un leggero brivido mentre la musica suonava a tutto volume nelle AirPods e la voce del cantante si faceva sempre più disperata e straziante mano a mano che la canzone volgeva al termine.

Le sembrava che la voce triste del solista si sposasse alla perfezione con il suo stato d'animo che era rimasto costante dall'inverno precedente e che non accennava a migliorare mai. Ogni tanto la tristezza si diradava e faceva largo ad un vuoto che le sembrava quasi rassicurante al confronto, ma di lì a potersi definire serena era dura.

"Maeve!"

Sulla porta della veranda era comparsa una donna sulla quarantina, i capelli neri raccolti in una crocchia morbida alla base della nuca, la pelle olivastra e due occhi neri luminosissimi incorniciati da ciglia lunghe e folte dello stesso colore.

Maeve non si voltò, non aveva sentito niente con quel volume altissimo nelle orecchie, perciò sobbalzò quando la mano della donna le si posò sulla sua spalla, da dietro.

"Ma, che... Rosa!" Esclamò, strappandosi dalle orecchie gli auricolari. Si portò una mano al petto e le sfuggì un sorrisetto colpevole.

"Che paura, non ti avevo sentita arrivare."
"Con quelle cuffie nelle orecchie la vedo dura" osservò la donna, leggermente contrariata. Maeve arrossì quasi impercettibilmente.

"Che ci fai qui fuori? Tuo padre sta tornando a casa, lo sai che non vuole che tu stia in giardino da sola, soprattutto se sta per fare buio."

Quello di Rosa voleva essere un rimprovero, ma la voce della collaboratrice domestica di casa Lauder nascondeva un misto di affetto e sincera preoccupazione per la ragazza dai capelli castani seduta in mezzo all'erba a gambe incrociate.

Maeve sospirò. "Non volevo metterti nei guai Rosa, avevo solo bisogno di starmene un po' da sola con i miei pensieri. Scusami."

Rosa scosse la testa.

"Ahi Dios mio! Vieni, entra prima che ti sculacci come quando avevi sei anni" la redarguì bonariamente.

Maeve si puntellò sulle mani e fece leva per alzarsi, varcò la soglia della cucina proprio mentre una grande auto nera faceva il suo ingresso nel vialetto di ciottoli grigi davanti casa. Suo padre era tornato e con lui c'era anche il nonno, seduto dal lato del passeggero.

"Appena in tempo" mormorò Rosa, lasciandosi sfuggire un pesante sospiro. Era chiaramente sollevata dal fatto che il professor Lauder non avesse visto la figlia in giardino e Maeve non poté fare a meno di sentirsi in colpa all'idea di far finire Rosa in qualche guaio per un suo bisogno di evadere dalla realtà.

"Sì, le pratiche per l'appalto le scannerizzo domattina, le faccio girare alla tua segretaria, tu poi fammi sapere cos'altro manca..."

George Lauder varcò la soglia di casa con il telefono in una mano e la ventiquattrore nell'altra, rivolgendo un cenno del capo ed un sorriso alla figlia, che aveva fatto capolino nell'ingresso dalla grande cucina adiacente, dalla quale già si sprigionava il profumo della cena, quasi pronta.

Era un uomo alto, i capelli leggermente brizzolati pettinati all'indietro con l'aiuto di un gel che gli conferiva un riflesso luminoso sotto le luci del lampadario. Le spalle erano larghe e la sua postura sempre dritta e composta, segno della sua forza e sicurezza in sé stesso. Era un uomo affascinante sulla cinquantina, ma si era gettato a capofitto nel lavoro negli ultimi anni e ciò lo aveva portato a trascurare qualsiasi forma di rapporto con una donna della sua età. Ormai le sue uniche preoccupazioni erano il lavoro, il padre e la figlia diciassettenne, le sue uniche ragioni di vita, che amava tanto quanto amava sé stesso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 10, 2020 ⏰

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