If You Had A Bad Day

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Feliciano era terribilmente preoccupato. Suo fratello sarebbe dovuto tornare dall'università già da più di quattro ore, ma di lui non c'era ancora traccia.
Stava per scoppiare a piangere. L'aveva chiamato al cellulare un centinaio di volte, ma nessuna risposta. Aveva chiamato suo nonno, che viveva a Roma centro, ma neanche lui l'aveva visto. Gli disse di non preoccuparsi, che Lovino era un ragazzo particolare e che sarebbe tornato a breve. Avrebbe davvero voluto credergli. Continuava a guardare fuori dalla finestra, i campi ingialliti delle campagne laziali.
Provò un'altra volta a chiamarlo, premette sulla rubrica il nome "Lovi<3" e aspettò.

-"Questa è la segreteria di Lovino Vargas, non scomodarti a richiamare tanto non m'interessa."

Si lasciò scivolare il cellulare di mano, che cadde sul divano dove sedeva e rimbalzò sul pavimento. Singhiozzò, coprendosi la bocca con una mano.

-Lovino...dove sei?

Poi, gli venne un'idea. Recuperó il cellulare, chiamando un altro numero.

-"Hola, questa è la segreteria di Antonio Carriedo! Lascia pure un messaggio, dopo ascolto!"

*****

-Va più piano, bastardo! - gridò Lovino, faticando a tenere il passo con Antonio che lo aiutava.

-Scusa, querido. Fa tanto male?

Lovino mugugnò, senza dare una risposta vera e propria.

Tutto era cominciato a mezzogiorno, appena usciti dall'università. Il ristorante dove avevano in programma di mangiare da ormai una settimana era misteriosamente chiuso, quindi decisero di prendere un autobus che li avrebbe portati in centro storico. Arrivati alla stazione degli autobus, un'ecatombe.

-Li mortacci loro, vah.- mormorò Lovino.

Non c'era un singolo posto libero. La gente era ammassata come bestie al macello, così fastidiosa che Lovino si dovette allontanare subito, per evitare di affibbiare ingloriosi epiteti a ogni santo del calendario.
Antonio lo seguì, con il solito sorriso allegro stampato sulle labbra rosee.

-Cazzo ridi? Come stramichia torniamo a casa?

La loro università, infatti, distava nientemeno che dieci chilometri dalle case di entrambi. I due si guardarono, pensierosi. Beh, un pensieroso e un incazzato a bestia.

-O facciamo autostop o ci conviene cominciare a camminare.

Così, rassegnati, cominciarono a camminare sotto il tiepido cielo di inizio aprile.
Dopo circa un'oretta, si fermarono in un parco. Si misero a sedere su una panchina, Lovino sembrava di pessimo umore.

-Che hai che non va, querido?- chiese Antonio ammiccando.

-Che ho che non va? Me sta a sgara' li cojoni! Non ce la faccio più a camminare! Ho freddo, ho fame, ho sete, ho sonno, devo pisciare...

Antonio interruppe la lista, probabilmente ancora molto lunga, dandogli un bacio a stampo. Sapeva che, quando Lovino era nervoso, era meglio evitare baci alla francese; più di una volta gli aveva morso la lingua, ed era una sensazione parecchio spiacevole.
Lovino rimase in silenzio, infilò le mani nelle tasche della felpa e appoggiò la schiena alla panchina, inclinando la testa all'indietro. Ma Antonio sapeva che gli era piaciuto, gli piaceva sempre. Cercò il cellulare in tasca, tanto per avvisare suo fratello che avrebbe fatto tardi, dicendogli di buttare la pasta, dato che non aveva mangiato.

-N'do cazzo l'ho messo? Sto a sbrocca'.

-Hai perso il cellulare?

-Secondo te? Mi sarà caduto nel bordello di prima. Che giornata demmerda. Tu ce l'hai? Feliciano chiama Chi l'ha visto se ritardo di dieci minuti, non sapeva neanche che dovevamo andare al ristorante.

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