100. Felice

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(Vic's pov)

Luglio 2018


Da quanto tempo, ormai, lo stavo guardando ridere? Con la bottiglia di birra in mano e il volto illuminato dalla luce calda del falò.

Si stava divertendo, per davvero. Era felice, spensierato.

Amavo quel genere di serate, quelle in cui, dopo una lunga giornata che sembrava non finire mai, riusciva a trovare la calma, la serenità, e vivere dimenticandosi, anche se per poco, le oppressioni del mondo esterno. Amavo quei momenti perfetti, quelli dove, d'un tratto, come per magia, mi rendevo conto di vivere quegli stessi attimi in cui pensavo: "Ecco, non mi scorderò mai di questa notte passata con i miei amici".

E anch'io ridevo, mentre fissavo lui che faceva lo stesso. Finiva l'ennesima birra e ne prendeva subito un'altra.

Forse tutto quell'alcool aveva iniziato a dargli un po' alla testa, ma a me piaceva quando era così. Cadeva la sua corazza e c'era lui, libero da ogni timore di far vedere ciò che realmente era, senza nascondersi, senza avere paura di dire ciò che gli passava per la testa.

Ora stava parlando di ciò che era successo oggi, di quella parola giusta che era finalmente riuscito a trovare dopo settimane in cui la sua mente non era stata capace di pensare ad altro se non a quell'insieme di lettere che completavano la sua canzone alla perfezione. Ed io continuavo a guardarlo, ormai ubriaca, con una mano che sorreggeva la mia testa. E ammiravo la cosa più bella che esistesse al mondo: Damiano felice.

All'improvviso avevo caldo, stavo bruciando come la legna che ardeva nel falò. Il mare era un po' agitato, sentivo il rumore delle onde, ma non si riusciva a vedere granché nel buio della notte.

Rabbrividii quando l'acqua fredda mi sfiorò i piedi. Ero stanca. Volevo solo essere cullata in quelle onde morbide che si infrangevano contro le mie cosce. Così mi lasciai andare in quell'immensa distesa scura che sembrava aspettarmi a braccia aperte e mi feci travolgere dall'acqua che mi abbracciò, abbandonandomi completamente ad essa.

Non c'era niente di cui avere paura. Eppure, quando tutto intorno a me diventò nero e non riuscii più a trovare l'ossigeno, fui invasa dal terrore.

Sentivo il mare agitarsi sopra di me, quando qualcosa mi cinse i fianchi e mi riportò verso la luce della luna.

«Cosa cazzo pensavi di fare?»

Damiano.

Mi aveva trascinata sulla spiaggia. Era tutto bagnato, la maglietta e i jeans neri gli stavano incollati al corpo.

Provai a rispondere, ma quello che mi uscì di bocca fu solo un colpo di tosse.

«Vic?», sussurrò allarmato.

«Sto bene.»

«Cosa ci facevi in acqua?»

«Volevo fare un bagno. Avevo caldo.»

«Come fai ad essere così stupida?», urlò, con i pugni stretti lungo i fianchi.

«Non volevo farti arrabbiare», dissi con un tono di voce disperato.

«Sei ubriaca?»

«Un po'», ammisi.

«Dio, Vic. Potevi morire, lo sai, vero? Lo capisci anche se ora il tuo cervello non sta ragionando lucidamente? Mi hai fatto quasi venire un infarto quando ti ho vista là in acqua.»

Non era la prima volta che Damiano perdeva il controllo, ma non l'avevo mai visto così. Quel muro invisibile che di solito nascondeva le emozioni dentro ai suoi occhi si era appena sgretolato in un milione di pezzettini. Adesso potevo leggergli dentro, potevo vedere il panico, la disperazione che aveva provato fino a quel momento.

«Damiano, mi dispiace...».

Ormai stavo praticamente piangendo, anche se le lacrime si mescolavano alle goccioline d'acqua che mi scivolavano sul viso.

Forse è stata tutta colpa sua, che si è avvicinato troppo per accarezzarmi una guancia con la sua mano calda e rassicurante, o forse sono stata io, mentre cercavo di toglierli i capelli bagnati dagli occhi.

Un secondo dopo, Damiano mi stava baciando.

Insieme Sempre || Damiano e Victoria ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora