Risalire

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La mattina seguente Sherlock, si alzò presto e si prese cura di Rosie. John era ancora in camera. La signora Hudson, proprietaria dell'appartamento che viveva al piano inferiore, si era fermata dalla sorella. Sherlock la prese come una benedizione, aveva meno spiegazioni da darle, vista la sua curiosità.

Mycroft dormiva, raggomitolato nel letto, doveva essersi girato parecchio visto le condizioni pietose del lenzuolo. I pochi capelli arruffati, le mani aggrappate al cuscino.

Mycroft non dormiva mai così! Lo ricordava bene il piccolo Sherlock, quando si intrufolava nel suo letto e lui lo sgridava perché lo metteva in disordine. Rideva perché sembrava una mummia, era fermo immobile, nel suo lenzuolo ben disteso. Per un attimo gli prese il desiderio di sistemare la sua posizione stramba, ma desistette, non era il momento di sentimenti sdolcinati.

Aspettò il suo risveglio, vide il suo compagno sulla porta della cucina che lo guardava in apprensione.

Sherlock si avvicinò e lo salutò accarezzandogli la guancia.

John era quanto di migliore potesse aspettarsi. Dopo la morte di Mary, la moglie di Watson, il loro rapporto si era consolidato, in una routine serena senza traumi. John aveva capito che il loro frequentarsi era qualcosa di più di stima e amicizia. Era amore. Essere bisex fu una sorpresa, ma lo accettò e ne fu felice.

Anche Mycroft, che da tempo lo aveva capito, era rimasto contento della stabilità raggiunta da suo fratello minore. E li aveva appoggiati senza farlo pesare. Il saggio Holmes era stato sempre presente, ma si teneva lontano, defilato.

Ora toccava a lui aiutarlo, anche se sembrava un'impresa titanica.

"Vado a svegliarlo, deve mangiare qualcosa, vediamo come reagisce." Sherlock entrò nella stanza e aprì la finestra. La luce raggiunse il fratello maggiore che si scosse, aprì gli occhi, non lo inquadrò subito.

"Dove sono?" Biascicò Mycroft.

Lui lo guardava dall'alto. "Non te lo ricordi cosa è successo ieri sera?"

Si sfrego gli occhi, per un po' di secondi sembrò smarrito, poi ebbe un guizzo, gli ritornò la memoria. Fu devastante, si girò ficcando la testa di lato sotto il lenzuolo. "Lasciami, ti prego voglio dormire."

"Non ora, ti alzi e facciamo colazione. Ti lavi, ti vesti e scendi." Il minore lo scoprì improvvisamente senza tanti complimenti.

Mycroft grugnì indispettito, si tirò su, si sedette sul bordo del letto stranito.

Sherlock lo aiutò vedendolo instabile. Il vecchio Holmes si arrese, lo lasciò fare.

Lo aiutò a indossare il suo amato abito tre pezzi e la camicia pulita, ma niente cravatta perché nella fretta le avevano scordate a Pall Mall.

Mycroft fece notare il suo disappunto e Sherlock rise. "Sei presentabile lo stesso, andiamo."

Ci teneva tanto al suo abbigliamento e il minore lo aveva accontentato.

"Buongiorno, come ti senti oggi?" John lo accolse con un sorriso disteso.

"Bene, dottore, ma quel farmaco mi frastorna, è come se avessi l'ovatta nella testa. Non riesco a concentrarmi. E tremo, le mani, dico, non riesco a controllarle." Si fece serio. "Mi dispiace per il mio disdicevole comportamento d'ieri sera, scusa, John."

"Non ti preoccupare." Sentì una piccola parte del vecchio Mycroft affiorare, e si tranquillizzò.

Si avvicinò e notò l'agitazione delle mani. Era presto per dire se fosse il farmaco. "Il tremore passerà, forse l'eccessivo stress. Lo stomaco, invece?"

La mia ultima richiesta : No flowers.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora