Giugno 1992

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1.
Leo lo guardò un po' stizzito per l'ennesima volta.
"Mi stai disturbando" gli disse sollevando le dita dal pianoforte. Jo sbucò dalla valigia che cercava di riempire all'ultimo minuto.
"Ora mi capisci? Con quelle corde stonate mi hai corroso i nervi per un anno" lo rimbeccò Jo.
Leo sbuffò come solo lui e i parigini sapevano fare e tornò a comporre.
"Tieni" Milo raggiunse lo spagnolo sul pavimento del salotto e gli porse le magliette che aveva piegato.
"Grazie" Jo gli arruffò i capelli e le sistemò. Il treno per Londra sarebbe partito solo in un'ora; lui aveva preparato quella valigia in trenta minuti e probabilmente si stava scordando tutto il necessario.
"Non c'è la maglietta blu" sbottò, mentre l'italiano si versava del caffè. Milo inarcò le sopracciglia e lo stesso fece Leo.
"Hai i biglietti?" controbatté l'italiano "E il passaporto? E i fazzoletti di carta, le gomme per l'aereo, i soldi? La guida della Germania? Il dizionario di tedesco?"
"Che diavolo ci faccio del dizionario di tedesco?" sbraitò Jo "ho tutto tranne quella dannata maglietta!"
"Te la presto io una maglietta blu" Leo si alzò e fece per andare verso la sua stanza.
"No, voglio la mia. La tua sembrerebbe un vestito poi."
"Sempre gentile" Leo spalancò deluso le braccia, osservandolo camminare svelto in corridoio "Poi dicono che siamo noi francesi gli antipatici!"
Jo gli mostrò il dito medio e sparì nelle scale a chiocciola che portavano all'abbaino. Spalancò la porta e scrutò Maggie con le mani sui fianchi. Lei gli sorrise e si tolse le cuffie.
"Stai partendo?" gli chiese.
"Quella maglietta" il ragazzo indicò la t-shirt che lei indossava nei jeans "è mia"
"Sì, e allora?"
"La rivoglio"
Maggie arricciò il naso.
"Posso tenerla?"
"No, la voglio portare a Berlino"
"Ma ne hai tante di magliette, perché proprio questa?"
"Appunto, ne ho tante, perché vuoi tenerti proprio quella?"
"Perché ho le mie ragioni." Maggie si mise a braccia conserte e s'imbronciò.
Jo la fissò scocciato e le tese la mano.
"Dammi la maglietta" l'intimò ancora.
"Dovrei spogliarmi"
"Va bene, spogliati, tanto..."
"Tanto?"
"Tanto non ti guardo"
Lei si sfilò la maglietta prima che il ragazzo potesse voltarsi e gliela tirò addosso.
"Ciao" esclamò poi, rimettendosi le cuffie, restando in reggiseno e tornando a leggere. Lo spagnolo rigirò la maglietta tra le mani e scese due o tre gradini.
Risalì quei due o tre gradini e rientrò in camera della coinquilina. Le sfilò le cuffie e lei si accigliò.
"Non vieni alla stazione?" le chiese.
"No, resto qua."
"Se scendi, Milo ha preparato il caffè"
"Vuol dire che lo berrò dopo"
Jo annuì e le stampò un bacio sulla guancia, sparendo di nuovo per le scale.

Quando rientrò in salone fischiettando, trovò Leo seduto sulla valigia e Milo che cercava di chiuderne la cerniera.
"E questa?" mostrò loro la t-shirt blu. Milo si liberò in un verso di vittoria non appena riuscì a chiudere il bagaglio ma l'emozione svanì all'obiezione del coinquilino.
"Vabbè, mettitela addosso" risolse spiccio Leo, infilandosi un berretto da baseball che rendeva il suo viso tondeggiante e da cui spuntavano un po' i capelli.
"Tutto pronto?" chiese sempre lui prima di chiudersi alle spalle la porta della Maledetta.
"Tutto pronto" asserì Jo, inforcando gli occhiali da sole e ripensando a tutte le cose inutili che aveva messo in valigia.
"Hai preso il collutorio?" gli suggerì Milo, aiutandolo a trascinare il bagaglio per le scale.
"Non mi sembra così necessario" Jo ridacchiò.
"Scherzi, puoi fare tante cose con il collutorio: puoi evitare infezioni dentali, disinfettare ferite in casi di pericoli estremi e usarlo come arma."
"Tipo lanciandolo negli occhi dell'aggressore?" gli rise dietro Leo prima di inciampare per la tromba delle scale e rischiare di cadere.
"Tipo" anche Milo rise, tenendo gli occhiali in equilibrio sul naso con l'indice.
Maggie raggiunse il salotto solo quando udì la porta chiudersi.
Camminò scalza e si versò il caffè rimasto in una tazza.
Prese una sigaretta e uscì su quel terrazzino che non usavano mai; si poggiò alla balaustra e seguì divertita le sagome degli amici in strada che continuavano a litigare per salire in auto.
Vide Jo mandare al diavolo Leo e questo inseguirlo due o tre volte intorno al perimetro della macchina, fino a terminare la discussione con il solito abbraccio e pacca sulla schiena.
Il francese si mise alla guida e sgommò via prima che Maggie finisse la sigaretta.
La ragazza rientrò senza sapere cosa fare: sarebbe dovuta essere in biblioteca solo in mezz'ora e ancora non si era messa un'altra maglietta addosso. Finì il caffè, sgranocchiò uno dei suoi biscotti bruciacchiati e notò, sul tavolo, un taccuino.
Sulla prima pagina c'era il nome di Jo; lei sapeva che il ragazzo pretendeva restasse segreto, così lo chiuse e lo ripose sul pianoforte di Leo.
Era Leo, d'altronde, a scalpitare sempre per quel taccuino.

Il quindici di giugno, la Maledetta era vuota. Sull'appendiabiti era rimasto solo il cappello a falda larga di Leonard e la sua sciarpa. Il ragazzo sarebbe sicuramente tornato a recuperarli perché avrebbe vissuto quella casa anche l'anno seguente. Lui, tanto, fretta di laurearsi non ne aveva e gli piaceva suonare nei locali di Cambridge.
Per pura prevenzione invece Milo aveva portato via ogni vestito. Alla fine, la borsa di studio l'aveva persa davvero.
Maggie lo aveva accompagnato alla stazione dei treni e lo aveva abbracciato forte: "Risolverai tutto" gli sussurrò all'orecchio, sperandolo.
Maggie rimase sola fino al venti di Giugno. Si chiuse appresso la porta della maledetta il primo giorno di solitudine e andò a Londra da un'amica d'infanzia di nome Rosemary, una brillante studentessa di economia che provò a sistemarla con un ragazzo molto simile a Syd. Maggie fu quasi per baciarlo ma si dileguò con un "mi spiace, non posso" che non capì neanche lei.
Milo l'aveva invitata in Italia per una settimana; lei attese impazientemente quella data perché a Londra, con Rosemary e i suoi amici, si annoiava.
Iniziò a preparare le valigie controllando spesso il calendario per capire a che punto del suo viaggio si trovasse Jo. La meta finale era Berlino, ma lei non si fidava molto della guida dello spagnolo dei suoi amici e l'idea che percorressero così tanti chilometri in automobile le metteva angoscia.
Il ragazzo non si era più fatto sentire; "è un buon segno, magari si sta divertendo" le aveva detto Leo al telefono in una mattina in cui lei l'aveva chiamato da una cabina telefonica a Piccadilly Circus.
"Tu invece come stai?" Gli aveva domandato sentendo la mancanza di quel francese e del suo continuo suonare.
"Speravo che i campi di lavanda della Provenza mi avrebbero ispirato, invece mi viene solo da starnutire."
Maggie ridacchiò.
"È troppo lontano settembre: e dire che devo trascorrere agosto con i miei."
"Se ti va, puoi venire qui in Provenza. Siamo solo io, mia madre e mia sorella Marianne, loro non vedono l'ora di conoscerti."
Maggie riagganciò dopo avergli stampato un bacio lontano e tornò a passeggiare per il centro della metropoli. Decise che si sarebbe divertita quegli ultimi giorni a Londra; così, la sera del diciotto giugno, si truccò e vestì per andare a ballare.
Di nuovo l'amico di Rosemary provò a baciarla e Maggie decise di lasciarlo fare, restando però insoddisfatta e scegliendo di dormire da sola, quella notte.
La mattina seguente studiò il percorso che l'avrebbe portata nella casa delle vacanze di Milo.
Si trovava ad Ansedonia, in Toscana; secondo le sue informazioni, tratte da centinaia di cartine stradali e guide turistiche, avrebbe preso l'aereo fino a Roma e poi il treno fino alla stazione di Orbetello. Lì avrebbe trovato Milo e insieme avrebbero raggiunto la villa.
Stipò la borsa di vestiti leggeri, crema solare, ricariche per la polaroid e comprò dei nuovi costumi da bagno. Non si scordò di comprare il regalo di compleanno all'amico: si recò in una bottega e acquistò il migliore set di pennelli ma scelse anche di regalargli un saggio di Schopenhauer, perché Milo era filosofo nell'anima.

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