Prologo

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Un giorno arrivò la Dittatura scriveva Ginevra Non la repubblica, non la monarchia, non i bruscolini, ma la Dittatura. Solitamente una normale sedicenne non si interesserebbe di politica, bensì la ignorerebbe come i camerieri vengono ignorati quando fanno parte di un catering richiesto solo per le occasioni veramente importanti, ma, parliamoci chiaro, la Dittatura è una cosa seria. E se non arriva la notizia del colpo di Stato -sì, il potere è stato conquistato da Lui con un colpo di Stato - attraverso la radio bisogna essere proprio isolati, più dei pastori che pascolano in luoghi sperduti nelle montagne a cui non arriva la notizia di, ad esempio, una pandemia. Anche a loro è arrivata, purtroppo, la notizia.

Il corpo di polizia è stato sostituito, parzialmente, da Suoi -nessuno sa il suo nome, lo so, sembra un romanzo -fedelissimi, che sono stati mandati ovunque a setacciare il territorio alla ricerca di "illegittimi proprietari terrieri".

Ripeto, non mi intendo di politica, ma da quanto ho capito anche coloro che possedevano effettivamente e legalmente una determinata area sono stati presi anche per ragioni insensate, come ad esempio il fatto che non scaricavano dopo essere andati in bagno. Perciò l'accusa sarebbe cambiata da "abuso di terreni pubblici ad "inquinamento ambientale doloso". Evidentemente i poliziotti, se proprio possiamo chiamarli così, volevano prendere possesso di quelle terre, per farci non-so-e-non-voglio-sapere-che-cosa.

E penserete "E quindi?" Beh, avete ragione. Ma non è finita qui.

I cellulari mobili -è così che si chiamano? - i pochi che c'erano, sono stati scoperti seguiti e pedinati, perciò nessuno li usa più. Il governo ha preso il controllo del giornale in modo tale da poterne censurare alcuni articoli e poter far avanzare la propaganda, e tutti i pubblici ufficiali che avessero diretto contatto con Lui sono stati sostituiti con attivisti.

Se prima le strade erano piene di bambini che giocavano sui marciapiedi asfaltati con qualche rara macchina che passava ogni tanto, adesso le vie sono deserte. I bambini più piccoli sono costretti a casa a studiare all'infinito, mentre i più grandi, beh, per i più grandi è diverso.

La scuola? Anch'essa è cambiata radicalmente.

Adesso è l'incubo di ogni minorenne. Peggiore di prima, s'intende.

Ognuna è diventata un collegio, dove i ragazzi restano per tutta la settimana tranne per il sabato e la domenica, dove si torna a casa.

E la mia, la Rubuelle High School, è forse la peggiore.

Non per il Preside, no, è molto qualificato per il suo ruolo, ma per i professori. Ora, se foste in classe con me mi vedreste come la ragazza che si piega sempre al volere degli insegnanti, ma anche io ho un senso di giustizia. Vi lamentate perché i vostri professori vi danno i compiti da un giorno all'altro? Da noi i compiti ce li danno da un'ora all'altra, e non tollerano il vederci scrivere mentre loro spiegano. Solo per prendere appunti, badate bene, si può sollevare una penna durante la loro conversazione. È irritante. Il fatto di veder scappare quel briciolo di libertà che ci era rimasto non mi va giù.

Almeno non ci fanno spazzare i pavimenti. Per quello ci sono le collaboratrici, che fanno più o meno tutto nell'Istituto. Cucinano, fanno partire la lavatrice con dentro le divise, stirano e puliscono. Non che le elogi per quest'ultima parte.

Quest'anno hanno anche introdotto le divise, che dobbiamo indossare sempre, a lezione, a mensa, a colazione...

La divisa per le ragazze è costituita da una camicia rosso bordeaux e una lunga gonna azzurro cielo, e devo dire che non mi dispiace l'abbinamento.

Per i ragazzi invece, i colori sono invertiti: camicia celeste e pantaloni rossi.

Abbiamo persino i calzini, le scarpe ed il pigiama della divisa. Non voglio tergiversare su tali argomenti, forse perché sono troppo superficiali, oppure perché sto ancora maledicendo il pigiama per il prurito che mi ha creato sul collo.

Abbiamo a disposizione quattro divise, tutte uguali, che dobbiamo cambiare ogni giorno per poterle avere a inizio giornata linde e profumate.

Poi ne abbiamo una ufficiale, che utilizziamo per le occasioni importanti come ad esempio le ispezioni mensili del Preside, che consistono nella divisa normale con però uno stemma della scuola sul petto.

E sì, penso non sia rilevante.

Ciò che invece è rilevante sono le regole allinterno dell'Istituto.

Avere una chiazza sul colletto è una trasgressione forse troppo sopravvalutata per una semplice macchia di sugo. Vale un richiamo da parte del Preside stesso.

La camicia fuori dai pantaloni? Nota e richiamo dal Preside.

Capelli in disordine ed un ciuffo fuori posto? Quello è particolarmente grave.

Vale una nota e un richiamo dal Preside e un'ora di punizione.

Vi sembrerà esagerato, e sì, ho esagerato.

Certo però un richiamo dal Preside non vale poco.

Se solo ci azzardiamo a marinare qualche ora di lezione invece vale una punizione vera e propria, una punizione fisica.

Abbiamo una stanza apposta per le punizioni.

È calda ed accogliente, con le sue fruste allineate sulla tavola di sughero appesa alla parete accompagnata da bei quadri esteticamente artistici e qualche macchia di sangue schizzato sul pavimento che però si intona con le pareti rosso bordeaux, ed è l'unica stanza ad avere davvero bisogno di una bella pulita che però non riceverà mai.

La maggior parte dei collaboratori si rifiuta di entrare lì dentro, però è anche il loro lavoro punire i ragazzi, perciò non sono troppo duri.

Bisogna cominciare a preoccuparsi se ad entrare nella stanza con uno studente è un professore, vuol dire che il motivo per cui lo studente verrà punito è stato preso sul personale dall'adulto, e, devo dire, sembra che siano tutti cresciuti nell'Accademia militare, per la loro resistenza e forza.

La maggior parte delle volte gli studenti che vengono puniti sono sempre gli stessi, e spesso sempre per gli stessi motivi. Perciò la punizione fisica non è molto utile.

Il detto "sbagliando si impara"? Alla Rubuelle High School i detti non valgono. Soprattutto questo.

Insomma, Ginevra non è molto riassuntiva, ma bene o male ha spiegato tutto ciò che c'è da spiegare.

Ma quello che c'è da raccontare, beh, quello suppongo spetti a me.

Trappole mortaliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora