Quando mi sveglio mi ritrovo sulla prua. Ieri sera devo essermi addormentato qui. Sfrego gli occhi per svegliarmi e scacciare via i pensieri che mi hanno attanagliato la mia mente per tutta la notte. Devo alzarmi, non posso rimanere qui, anche se il mio corpo mi dice che non è pronto a muoversi. Anzi, non lo sarebbe stato forse mai più. Guardo l'orizzonte e il cielo sembra sereno, quindi dopo essermi sgranchito un po', anche se con pochi risultati, scendo sotto coperta per prepararmi un tè. Amo il tè, specialmente il suo. Mi assento con la mente per un lasso di tempo che sembra infinito, pensando a quanti tipi di tè ho provato nella mia vita, e ancora una volta mi dico che il migliore è quello preparato dalle Sue mani.
Sento bollire l'acqua, e mi riscuoto dai miei pensieri. Metto in infusione il tè e dopo pochi minuti è pronto per essere bevuto. Prendo il bicchiere in mano consapevole che non troverò lo stesso gusto in quel liquido ambrato. Appena ne bevo un sorso, i ricordi si affollano.
«Si, tè!», «Due tè per favore, uno per me e uno per la signora Sanem».
Stringo la mano in un pugno e con tutta la forza che ho in corpo spacco il bicchiere gettandolo a terra lontano da me. Esco. Mi serve aria. Troppi pensieri, troppi ricordi, anche bevendo un semplice tè. Ritorno sul ponte, afferro il telefono lasciato vicino il timone e decido di chiamare mio padre. Adesso o mai più. So che una volta lontano chilometri dalla costa, non avrei potuto sentirlo fin quando non mi fossi riavvicinato alla costa. Accedo alla rubrica freneticamente e trovo il suo numero. Dopo solo tre squilli, risponde. «Figlio, che bello. Mi hai chiamato! Come vanno le cose, come stai?» la salivazione si azzera e la bocca mi si secca all'istante. «Papà, sto andando via. Non chiedermi altro. Devo andare. Non posso più restare in agenzia. Perdonami per abbandonarti proprio adesso.» dico tutto d'un fiato. «Figlio mio, che succede? L'ultima volta che ci siamo sentiti, mi avevi accennato di aver trovato quello che non avevi mai trovato altrove, proprio lì a Istanbul. Che succede figlio mio, la tua voce mi spaventa e mi rattrista» dice il mio vecchio Capitan Aziz.
Non potevo raccontargli ciò che era successo, di come avevo ferito un uomo e di come quello stesso uomo, avesse incolpato me di aver distrutto l'unica cosa bella che mi fosse mai capitata. Sapevo della salute cagionevole di mio padre. Non aveva bisogno di altre preoccupazioni. «Non è successo nulla di cui debba preoccuparti. Vado via, non c'è altro che tu debba sapere. Mi conosci, non riesco a restare a lungo nello stesso posto.» Mentivo. Mentivo a mio padre e sapevo che lui non avrebbe mai creduto alle mie parole. Sarei rimasto per sempre in questo posto, se solo Lei non mi avesse mandato via. «Figlio mio.. va bene, non preoccuparti. Fai buon viaggio, non proverò a trattenerti. Se è quello che vuoi realmente. Ti appoggerò sempre Can. Sei mio figlio, e il tuo bene, viene prima di ogni altra cosa. Arrivederci Capitan Can!»
Papà aveva compreso tutto, e come sempre, senza indagare oltre, senza chiedermi altro mi saluta. Dopo avergli detto arrivederci, spengo il telefono. Più nessuno avrebbe avuto mie notizie. Sarei fuggito via da tutti. Per sempre. Mi siedo al posto che da ora in poi avrei occupato, la plancia di comando. Estraggo per la prima volta, le mie carte nautiche e traccio una rotta a caso. Ovunque vada, è pur sempre meglio che restare qui.
Avvio i motori, e tiro su l'ancora, dando un ultimo sguardo all'orizzonte, in direzione della mia terra. La mano mi scivola sulla tasca che contiene la sua bandana, il suo profumo. Stringo il pezzo di stoffa avvolto dalla mia tasca, e per l'ultima volta dico «Addio».
Partito. Continuo a navigare a vele spiegate per ore. Il vento si alza e il tempo poco dopo inizia a cambiare. Inizia a piovere molto forte, e il mare sotto di me inizia a muoversi con più ferocia e io faccio sempre più fatica a tenere dritta la barca. La tempesta dura più del previsto e quando si calma è praticamente l'alba. Cambio la rotta, e decido di attraccare ad Atene poiché, la costa più vicina è quella greca. Devo fermarmi per controllare la barca. Il temporale è stato troppo forte e la barca potrebbe essersi danneggiata. Deve essere controllata o potrebbe non essere sicura. Sorrido tristemente al pensiero che anche il tempo è contro di me. Mi avvicino al porto, lo vedo da lontano. Le prime luci del mattino riflettono sulle case in lontananza. Le acque limpide di quel posto attirano la mia attenzione. Lo trovo bellissimo. Ma non è nulla se paragonato al Suo viso. Attracco la barca e scendo alla ricerca di qualcuno che possa darmi informazioni. Trovo un vecchio pescatore del posto e, anche se con fatica, gli chiedo se conosce qualcuno che possa aiutarmi con la barca.
Lui mi dice che conosce una persona che potrebbe aiutarmi. Mi indirizza verso un uomo poco distante da noi, e mentre sto per dirigermi verso di lui, il pescatore mi afferra per un braccio. Mi volto a guardarlo con lo sguardo indagatore. Noto a mia volta che mi guarda con curiosità.
Mi mette la mano sul viso e mi guarda negli occhi. «Figliolo va tutto bene?». Resto spiazzato da quella domanda e dopo avergli risposto solo con un cenno di assenso, lui mi prende la mano e mi fa sedere con lui su una panchina. Urla il nome dell'uomo che mi aveva indicato poco prima, e quest'ultimo corre verso di noi. Avvicinandosi, capisco che è un ragazzo molto giovane, e con gli occhi svegli. Il pescatore spiega al giovane la mia situazione con la barca, e il ragazzo poco dopo si affretta per andare a ripararla. Guardo con occhi assenti quel ragazzo destreggiarsi con i suoi attrezzi, quando il pescatore attira la mia attenzione iniziando a parlare. «Figliolo, c'è qualcosa che non va, lo vedo dai tuoi occhi». Di nuovo. Resto di nuovo spiazzato. Come può uno sconosciuto comprendermi così bene?
Il vecchio pescatore, notando il mio silenzio, inizia a raccontarmi la sua storia, di come abbia incontrato l'amore della sua vita e di come, nonostante la separazione, lui abbia continuato ad amarla. No, non è possibile. È uno scherzo. Allah continui a prenderti ancora gioco di me!
Lo ascolto incuriosito e con un peso sul cuore. Lui lo capisce e stringendomi la mano mi racconta di un'antica leggenda raccontatagli da suo nonno. «Mio nonno mi disse che, se avessi annodato una corda, il ricordo di lei sarebbe rimasto con me e che lei non mi avrebbe mai dimenticato. Ogni giorno, da quel giorno, faccio un nodo in ricordo della donna della mia vita e oggi, dopo cinquant'anni penso ancora a lei. Non ho amato nessuno dopo di lei. I nodi mi ricordano che è esistita e che lei, da qualche parte, pensa a me come io penso a lei». Sanem.
È Sanem la donna che non dimenticherò mai e che verrà con me ovunque andrò. Non amerò nessun'altra dopo lei, lo so. Non importa quanto tempo passerà, non importa dove saremo, il mio cuore è stato, è, e sarà suo. Sempre e solo suo.
Con gli occhi lucidi e il cuore dolente, ringrazio quel pescatore, e vado via. La barca è pronta ad accogliermi per la mia fuga. Ringrazio quel ragazzo che mi ha aiutato con le sue abili mani, e lo guardo andar via. Guardo la mia barca. La guardo, mentre sento nascere una nuova paura. E se la dimenticassi? Tra cinquant'anni, quando i miei capelli saranno grigi e radi. Non lo credo possibile. Non l'avrei mai potuta dimenticare. Ma se lei invece avesse dimenticato me? E se...
Mi volto senza pensarci due volte e mi dirigo verso il centro di Atene. Trovo un piccolo negozietto ed entro. Esco dopo 5 minuti con una busta in mano e mi dirigo al molo. Torno sulla mia barca e apro il sacchetto.
Eccola qua. Una corda. Non avrei mai potuto dimenticare Sanem, e una parte di me spera che neanche lei possa dimenticare del tutto me. Ma la paura che possa accadere è stata più forte.
Cosi, prendo la corda e l'avvolgo attorno alla Genova facendo il primo nodo, pensando ai suoi occhi. «Sanem». Non mi accorgo nemmeno di pronunciare il suo nome. Da questo momento in poi avrei fatto un nodo ogni sera, per il resto della mia vita. Dopo aver finalmente sistemato la barca, alzo l'ancora e salpo.
Mentre sono al timone ormai a largo, mi cade l'occhio sulla corda da poco annodata e ripenso alle parole del pescatore. Inizio a sperare che quella corda, quel nodo, funzioni davvero.
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GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)
FanfictionCosa succede a due anime quando, a causa di una tempesta, sono state costrette a dividersi? Può un amore, che sembrava fosse inossidabile, sopravvivere ad una separazione di un anno? "Vai via" "Addio" La storia di Can e Sanem riparte da qui. Nuovi...