🌙 Happy b.day, Sirius. 🌙

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James aveva organizzato una festa degna di nome.

Si era superato, quella era la festa delle feste, La festa. Potter non smetteva un solo secondo di sottolineare quanto whisky incendiario era riuscito a far entrare nella Sala Comune o di quanto cibo fosse stato portato dagli elfi una volta dopo averli convinti col suo charme – anche se Lily era contraria, non ammetteva qualsiasi tipologia di schiavitù.

Per giorni le chiacchiere dei grifondoro erano state caratterizzate dall’evento imminente, molti studenti di case differenti speravano in un invito, altri ancora attendevano che i Malandrini trovassero lo stratagemma opportuno affinché potessero intrufolarsi senza il bisogno di incappare al giudizio della Signora Grassa.

Solo l’oro e il rosso, però, ebbero l’opportunità di festeggiare il compleanno di Sirius Black.

Proprio quest’ultimo aveva cominciato ad apprezzare il suo compleanno solo dopo esser fuggito di casa, proprio quest’ultimo stava fuggendo dal party di cui Hogwarts si sarebbe ricordata per generazioni.

Come poteva non andarsene quando quello schifoso di Orwen flirtava palesemente con Remus continuando ad accarezzargli i bicipiti e a farlo arrossire? Come poteva rimanere ancora lì ad osservare il ragazzo che amava essergli portato via da sotto il naso?

Non era esattamente un grifondoro quando si trattava di esternare i sentimenti, ma per lui era difficile: aveva conosciuto l’amore così tardi, solo i Potter erano stati in grado di farlo sentire amato e Sirius era ancora nuovo in quel mondo fatto di affetto.

A malapena riusciva a dire a James che gli voleva bene, figuriamoci confessare a Lunastorta il “ti amo” tenuto dentro da fin troppo tempo.

In realtà il giovane Black ci aveva impiegato mesi per capire di amare Remus – e solo dopo averne parlato con Ramoso – poiché non capiva il motivo per cui il cuore gli battesse così forte ogniqualvolta che Lupin lo guardava, o gli parlava, o lo sfiorava, insomma, bastava che respirasse e lui perdeva un battito.

Era incapace di spiegarsi per quale assurda ragione l’amico fosse il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi.

«Sei innamorato, Felpato. È semplice, so cosa provi perché è ciò che sento io per Lily.»

«Ma tu non hai speranze, io sì.»

«Se continui ad aspettare il momento giusto sappi che Lunastorta troverà qualcuno di più giusto rispetto a te. Stai attento.»

Quella conversazione gli ronzava nella testa come se fosse stato lanciato l’incantesimo muffliato, lo colpiva allo stomaco e gli chiudeva la gola, mentre i ghiacciai rischiavano di sciogliersi in lacrime salate, brucianti di una debolezza mai concessa ai Black.

Camminava lungo i corridoi imperterrito, incurante dei professori, di Gazza, dei prefetti. Aveva assoluta necessità di fumare, di far scemare tutta la rabbia e la tensione che sentiva gravargli sulle spalle se non voleva fare un occhio nero a Orwen.

Oltretutto doveva anche sbrigarsi altrimenti James si sarebbe accorto ben presto della sua assenza e lo avrebbe cercato sulla Mappa.
Era fuori discussione, per lui, farsi vedere in quello stato ridicolo e miserabile da Ramoso. Sapeva che avrebbe compreso e mai riso, tuttavia ne andava della sua dignità.

“Maledetto orgoglio dei Black” pensò nel frattempo che i piedi lo conducevano verso il Bagno dei Prefetti.

«Frescospino.» mormorò alla quarta porta a sinistra della statua di Boris il basito così da poter finalmente addentrarsi nella calma della stanza.

Era grato che il capitano della squadra di Quidditch grifondoro si fosse lasciato scappare con lui – in maniera del tutto accidentale – la parola d’ordine per usufruire dei servizi riservati “all’élite”, come era solito chiamarli.

Si sedette sul bordo della piscina, era inappropriato chiamarla “vasca”, e senza attendere un solo altro istante fece volare, letteralmente, la sigaretta fra le labbra.

Il primo tiro gli ricordò che se aveva preso questo vizio era solo per colpa di Lupin.

Il secondo tiro gli ricordò come Lupin avesse iniziato a fumare molto di meno dopo la sfuriata fattagli da Lily quando lo aveva beccato: continuava a urlare tumore ai polmoni, catrame e ictus, tutte cose incomprensibili per un mago.

Il terzo tiro gli ricordò il volto assorto di Lupin quando leggeva un libro che gli interessava particolarmente.

Il quarto tiro gli ricordò i sorrisi di Lupin, non qualsiasi tipo di sorriso, il loro sorriso.

Il quinto tiro gli ricordò…

«Non è da Sirius Black fuggire dalla propria festa ed evitare di essere al centro dell’attenzione.»

Aveva appena finito la sigaretta, ovviamente se ne accese subito un’altra dopo aver sentito chi era appena entrato.

«C’era troppo casino.» biascicò senza mai voltare lo sguardo dietro di sé in quanto non era ancora pronto.

«Troppo casino, eh? Comunque, posso avere una sigaretta?»

«Perché non la chiedi a Orwen?»

Silenzio.

Realizzazione.

Gelo.

Il moro era seriamente tentato di scagliarsi contro una qualche maledizioni per sparire nell’immediato dalla faccia della terra.

Forse c’era una minima possibilità che Remus non l’avesse sentito, insomma, erano solo loro due in una stanza deserta e tanto meno poteva sperare che le parole fossero state surclassate dal suono della pioggia contro le vetrate perché quella dannata notte era serena.

«Come scusa? Che c’entra Orwen?»

Le domande erano più che lecite, il tono scontroso e imbarazzato un po’ meno per i gusti di Sirius.

«Ho visto il modo in cui ti toccava e ti faceva arrossire.»

Voleva essere una battuta per dissimulare la gelosia esplosa poco prima, ma peggiorò solo il tutto in quanto la voce del giovane Black era intrisa di rabbia, risentimento e invidia.

«Ti infastidisce così tanto che qualcuno dia delle attenzioni a me invece che a te?»

Lupin era ancora in piedi, qualche passo indietro rispetto alla figura curva la quale stava spegnendo la sigaretta contro il pavimento.

Si sentiva ferito nel profondo: lui non aveva alcun diritto di fargli una scenata del genere in quanto loro due erano solo amici.

Seppur Remus avrebbe desiderato molto di più da Sirius.

«Me ne torno alla festa a quanto pare anche qui c’è troppo casino.» sbottò il moro dopo aver sentito quell’accusa insensata.

Possibile che Lunastorta fosse così stupido?
Dannazione, era sempre stato il più brillante, come poteva non capire?

«No, non te ne vai. Ora mi spieghi quel cazzo che ti passa per la mente.»

«Vacci piano con le parolacce babbane, ti ricordo che le hai insegnate anche a me e capisco quando mi insulti.»

«Sirius sto perdendo la pazienza.»

Il grifondoro si beò della carezza con cui le labbra di Lupin avevano lambito il suo nome, ma nel mentre riusciva a sentire solo il continuo “boom, boom, boom” del cuore esplodergli nelle orecchie.

Ripensò alle parole di James, alla scena in Sala Comune, al detto babbano “chi non risica non rosica” che sempre pronunciava Ramoso dopo l’ennesimo rifiuto di Evans, e a quanto avrebbe perso se avesse continuato a tacere.

«Non voglio che qualcuno ti dia attenzioni.»

«Sei davvero così egoista? Chi sei tu per decidere cosa o non cosa dovrebbe fare qualcuno?»

A giudicare dallo sguardo addolorato di Remus, Sirius si rese conto di quanto si fosse spiegato male. Posò un palmo sul bicipite dell’altro ragazzo o, almeno, ci provò visto che quest’ultimo si sottrasse al contatto.

«Dannazione, Lunastorta. Mi mandi fuori di testa!»

«Io ti mando fuori di testa? Per la barba di Merlino, tu sei esasperante!»

Avevano iniziato ad alzare la voce, i loro respiri erano affannati e c’erano solo un paio di centimetri di distanza fra i loro volti.

«Cazzo, io ti amo.» sussurrò il giovane Black poco prima di prendere delicatamente fra le mani il volto di Lupin e baciarlo.

Un bacio timido, ma pieno di sentimento.
Un bacio silenzioso, ma pieno di parole.
Un bacio da togliere il fiato, ma che li faceva respirare dopo un estenuante periodo di attesa.

«Ti amo, Lunastorta, ti amo.» mormorò di nuovo poiché lo faceva stare bene, lui lo faceva stare bene.

Remus era inebetito, inebriato dal profumo di Sirius Black, dalle labbra di Sirius Black, dai sentimenti di Sirius Black.

«Stai bene?»

Felpato iniziava a preoccuparsi: Lupin non aveva parlato, né sbattuto le palpebre e aveva quasi l’impressione che stesse trattenendo il respiro.

«Tu mi farai finire al San Mungo.»

Cercò di scherzare il ragazzo, eppure il moto di commozione dovuta all’estrema gioia Sirius glielo poteva leggere negli occhi ambrati che tormentavano le notti fredde lontane dal baldacchino dell'amico o, meglio, amante.

Ma il “ti amo” Remus glielo confessò solo dopo aver ripreso a baciarlo perché la luna aveva trovato il suo nuove sole e desiderava creare la più strabiliante delle eclissi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03, 2020 ⏰

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