L'ESCLUSA
di Luigi Pirandello
Parte 1,1
Antonio Pentàgora s'era già seduto a tavola tranquillamente per cenare, come se non fosse accaduto
nulla.
Illuminato dalla lampada che pendeva dal soffitto basso, il suo volto tarmato pareva quasi una maschera
sotto il bianco roseo della cotenna rasa, ridondante sulla nuca. Senza giacca, con la camicia
floscia celeste, un po' stinta, aperta sul petto irsuto, e le maniche rimboccate sulle braccia pelose,
aspettava che lo servissero.
Gli sedeva a destra la sorella Sidora, pallida e aggrottata, con gli occhi acuti adirati e sfuggenti sotto
il fazzoletto di seta nera che teneva sempre in capo. A sinistra, il figlio Niccolino, spiritato, con la
testa orecchiuta da pipistrello sul collo stralungo, gli occhi tondi tondi e il naso ritto. Dirimpetto era
apparecchiato il posto per l'altro figlio, Rocco, che rientrava in casa, quella sera, dopo la disgrazia.
Lo avevano aspettato finora, per la cena. Poiché tardava, s'erano messi a tavola. Stavano in silenzio
tutt'e tre, nel tetro stanzone, dalle pareti basse, ingiallite, lungo le quali correvano due interminabili
file di seggiole quasi tutte scompagne. Dal pavimento un po' avvallato, di mattoni rosi, spirava un
tanfo indefinibile, d'appassito.
Finalmente, Rocco apparve sulla soglia, cupo, disfatto. Era uno stangone biondo, di pochi capelli,
scuro in viso e con gli occhi biavi, quasi vani e smarriti, che però gli diventavano cattivi quando
aggrottava le sopracciglia e stringeva la bocca larga, dalle labbra molli, violacee. Camminando sulle
gambe aperte, si dimenava sul busto e seguiva con la testa e con le braccia l'andatura. Ogni tanto
aveva un tic alle corde del collo che gli faceva protendere il mento e tirare in giù gli angoli della
bocca.
- Oh, bravo Roccuccio, eccolo qua! - esclamò il padre fregandosi le grosse mani ruvide, piene d'anelli
massicci.
Rocco stette un po' a guardare i tre seduti a tavola, poi si buttò su la prima seggiola presso l'uscio,
coi gomiti su le ginocchia, le pugna sotto il mento, il cappello su gli occhi.
- Oh, e àlzati! - riprese il Pentàgora. - T'abbiamo aspettato, sai? Non mi credi? Parola d'onore, fino
alle dieci... no, più, più... che ora è? Vieni qua: ecco il tuo posto: apparecchiato, qua, come prima.
E chiamò, forte:
- Signora Popònica!
- Epponìna, - corresse Niccolino a bassa voce.
- Zitto, bestia, lo so. Voglio chiamarla Popònica, come tua zia. Non è permesso?
Rocco, incuriosito, alzò la testa e brontolò:
- Chi è Popònica?
- Ah! una signora caduta in bassa fortuna, - rispose allegramente il padre. - Vera signora, sai? Da
jeri ci fa da serva. Tua zia la protegge.
- Romagnola, - aggiunse Niccolino, sommessamente.
Rocco ripiegò la testa su le mani; e il padre, soddisfatto, si recò pian piano alle labbra il bicchiere