Il Signore del Fuoco - prima parte

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- Capitolo 1


"E sei venuto dall'est apposta per questo pellegrinaggio?" chiese il cavaliere, equipaggiato con una corazza di piastre decorate, al monaco che camminava al suo fianco sullo stretto sentiero di montagna.

"Mi dichiaro colpevole" - rispose il giovane monaco, un sorriso sul suo volto dai tratti orientali; aveva la testa rasata come un uovo - "è costume del nostro monastero che almeno una volta nella vita un monaco debba fare un viaggio nel mondo, incontrando gente, compiendo buone azioni e soprattutto vivendo di elemosine; solo così è possibile raggiungere la purezza di spirito necessaria per uscire dal ciclo delle nascite e reincarnazioni".

Il cavaliere si grattò la folta barba: "queste cose sono troppo complicate per me; mi basta il suolo che ho sotto i piedi, la mia spada e avere qualche nemico da combattere" - e indicò il pesante spadone a due mani che aveva legato sulla schiena - "e una buona taverna in cui bere qualche cosa ogni tanto!" concluse ridendo.

"Anche questo è un modo di affrontare le cose" - rise a sua volta il monaco; entrambi stavano salendo la montagna fino a raggiungere il ponte che li avrebbe portati dall'altro lato della vallata; alla loro destra il paesaggio era fantastico, le numerose montagne della valle rilucevano di vari colori dal rossastro al blu-violetto, sotto un sole generoso e un cielo azzurro in cui varie nuvole veleggiavano pigramente; una foresta in vari toni di verde, dallo smeraldo al cupo, si estendeva alla base delle montagne, ammantandone le pendici e arrivando fino all'orizzonte, un ampio fiume si intravedeva tra gli alberi. Un falco passò stridendo in cielo; era una bella giornata - "ma mi dica, signor cavaliere; come mai va a piedi e non a cavallo? Perdoni la mia curiosità".

"Eh... ho perso più cavalli che capelli nelle varie battaglie, non facevo in tempo ad affezionarmi a uno che subito me lo spacciavano in qualche lotta. Avevano cominciato a chiamarmi 'Sir Galaheart l'ammazzacavalli'. Così mi sono abituato ad andare a piedi, che male non fa" - disse il cavaliere, grattandosi l'elmo e guardando pigramente le montagne all'orizzonte - "e tu? Come mai ti sei spinto così lontano, Zheng? A est ci stanno tanti territori, come mai sei arrivato qui? Sì, sono curioso anche io" e un sorriso emerse da sotto la folta barba rossiccia.

"Così. Avevo voglia di vedere le terre occidentali" - fece il monaco, continuando ad avanzare appoggiato al suo bastone da viaggio, con la sua tunica verde giada che si agitava alla brezza della montagna - "non molti si spingono da queste parti, ed ero curioso di vedere queste fantastiche città di cui i rari viaggiatori dall'ovest mi parlavano: Torrealta, Boscoverde, Acquarocca, Dragonica..."

"Ci sta molto da vedere, senza dubbio" - fece Sir Galaheart continuando a seguire il sentiero a fianco del monaco. Oramai erano quasi arrivati all'imboccatura del ponte - "ma anche da evitare; di questi tempi dell'anno molti mostri e creature sono nella stagione della caccia, meglio evitare i sentieri troppo isolati per qualche mese, non è raro che qualche viaggiatore venga attaccato".

"Oh, so difendermi se la situazione lo richiede; non è necessario usare un arma per neutralizzare un avversario" - disse Zheng, sorridendo al cavaliere - "ovviamente in maniera non cruenta e soprattutto non mortale".

"Voi monaci siete strani, ma..." e il cavaliere non fece in tempo a continuare la frase; erano arrivati all'imboccatura del ponte: una gigantesca struttura lunga centinaia di leghe che traversava la vallata da un estremo all'altro, passando sopra l'ampio fiume Moldello. Costruito in pietre colossali vari secoli prima per celebrare un trattato di pace tra due regni di nani, era largo a sufficienza per permettere il passaggio di uno squadrone di carri da guerra, disposti su tre file. Antico ma robusto ancora oggi, il ponte di Varad era un monumento all'ingegneria nanica.

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