VIII

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(ATTENZIONE: questo capitolo contiene temi sensibili)

-Signorina, siete ancora in veste da notte?

La sua nutrice volteggiava concitata per la stanza, inarrestabile quanto testarda. Con i capelli ingrigiti avvolti in una stretta cuffietta e il vestito dai toni spenti che si agitava insieme al suo corpo, spalancò le ante del guardaroba mentre borbottava come un pentolone sul fuoco.

-Non vorrete che le persone pensino che siete pigra, non è vero? Forza, a quest'ora dovreste essere già bella impomatata!

Diana guardò la figura famigliare mentre le prendeva le mani e la sollevava dal letto. Le sue braccia grassocce la avvolsero gentilmente, prima di spogliarla dalla sua candida veste. Era così rassicurante. I suoi modi di fare erano talvolta bruschi e la sua lingua era fin troppo schietta, ma la sua presenza era come il profumo del mare. Inscindibile dalla sua mente. Un'immagine incisa nella sua memoria per l'eternità.

A Diana piaceva. Era a casa. Si stava preparando per la giornata. Avrebbe aspettato il maestro Jian per fare esercizi di scrittura e poi avrebbe fatto sentire a suo padre il nuovo componimento che aveva imparato.

Ma certo.

Suo padre sarebbe tornato a casa alla sera e la avrebbe ascoltata suonare.

L'avrebbe guardata con quell'accenno di sorriso incastrato fra le labbra e avrebbe atteso la fine dell'esibizione per complimentare il suo impegno.

Poi le avrebbe suggerito di essere più aggraziata nei movimenti e le avrebbe augurato una buona notte.

-Diana...

Rosso. Era tutto rosso a eccezione del pallore grigiastro del viso dell'uomo.

"No! Padre!"

La sua voce non usciva. Non riusciva ad emettere un suono. Era muta. E il mondo era sordo.

-Diana, adesso tocca a te.

La giovane era sopra al corpo di suo padre con le mani premute sul suo petto. Ma più premeva e più il rosso prendeva piede. Aveva iniziato a tingerle la pelle, salendo lungo i polsi fino a raggiungere i suoi avambracci. Provò a scacciarlo via, quel rosso appiccicoso. Ma più cercava di toglierlo e più esso si arrampicava su di lei.

-Diana...

Gli occhi di suo padre erano freddi come il mare all'alba. Il loro verde chiaro e affascinante era soffocato dal nulla. Il suo corpo... la giovane poteva sentirlo sotto le dita. Era gelido. Rigido, come un fantoccio.

"No!"

Non era vero. Nulla era vero. Lei era nella sua stanza, con la sua nutrice, pronta a iniziare una nuova giornata della sua banale vita. Non era partita insieme alla nave in rotta verso l'impero cinese. Non aveva trascorso mesi rinchiusa in una cabina a crogiolarsi nell'autocommiserazione e nella noia. E non aveva visto la vita lasciare il corpo di suo padre mentre veniva portata via. Non aveva gridato, implorato aiuto.

"Signore, sia benedetto il tuo nome."

"Signore... ti prego."

"Signore... perché?"

Diana sentiva le lacrime sulle sue guance ma non ebbe il coraggio di aprire gli occhi.

"Perché a me?"

"Signore, quali crimini ho commesso per essere punita in questo modo?"

-... Diana...

"Perché..."

-Diana!

-Diana!

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Il principe del calmo mattino (M.YG)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora