Piove.

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Piove.

Matilde non ha ricordanza di una pioggia così forte al Mugello.

Piove ma fa caldo, piove ma lei resta immobile, ferma in mezzo ad un paddock ormai deserto. Lo sguardo viaggia lungo le colline mugellane, le orecchie che accolgono con delicatezza il suono dell'acqua che cade su di lei. E' stata una giornata lunga, le ossa le fanno male, ma ancora non sente il bisogno di andarsene, anzi, più che altro sente quello di rimanere là, immobile.

Per poter raccontare la giornata di Matilde, bisogna fare un passo indietro, di circa due mesi, alla notte in cui ricevette quella chiamata.

La chiamata in cui le venne comunicato che suo padre non c'era più, morto stroncato da un infarto fulminante.

C'erano sempre stati Matilde e suo padre. La mamma Matilde non l'aveva mai conosciuta.

Era lui che tra le altre cose, le aveva fatto conoscere la sua passione ad oggi più grande. Il motorsport.

Le loro domeniche venivano frammentate tra Motogp e F1, non c'era mai spazio per altro, Mati per Natale chiedeva sempre la solita cosa, i biglietti per il Mugello!

Quella del Mugello era una delle sue piste preferite, ma soprattutto, era la sua pista di casa.

La piccola Matilde andava fiera del giorno in cui aveva comprato una carta geografica e si era resa conto da sola del numero preciso di quei km che la separavano dall'allora posto del cuore.

Ancora oggi ricorda quel momento con un sorriso sulle labbra, quasi nostalgica di quella genuinità che vuoi o non vuoi, quando cresci ti abbandona.

Matilde col tempo era cresciuta, ma la passione per quel mondo fatto di motori non le era mai passata, le domeniche lei non c'era mai, troppo impegnata a vedere se Marquez, il suo pilota, sarebbe riuscito a vincere la gara.

Ora Mati ha ventitré anni, una laurea quasi nelle sue mani e la possibilità, a tesi fatta, di fare un master che le permetterebbe di raggiungere il suo obiettivo, diventare una giornalista.

La sua vita andava bene, lei stava bene, poi però era arrivata quella maledetta telefonata.

Alla fin fine, era da metà luglio che Matilde Manetti si ritrovava ad essere l'ombra di sè stessa.

E quando, un paio di settimane prima, un suo professore le aveva chiesto se voleva il suo biglietto per la gara di F1 al Mugello, la prima della storia, dicendole che 'me lo hanno regalato, ma a me non interessa' lei aveva accettato, perché sapeva che sarebbe successo.

Sapeva che si sarebbe ritrovata lì, ad un paio di ore dalla fine della gara, immobile a pensare a come sarebbe stato bello avere suo padre al suo fianco.

Fu proprio in quel momento, quando nel cielo comparve il sole, che Matilde si rese conto che lui non sarebbe più stato al suo fianco, che non avrebbero più guardato insieme la finale di Champions o visitato con lo zaino in spalla qualche paese straniero, passato le notti autunnali davanti al caminetto con in mano delle bruciate raccolte il giorno prima,  ma che sarebbe lo stesso stato per sempre con lei, nel suo cuore, e nei ricordi di chi l'aveva conosciuto e amato veramente.

E forse le serviva tornare tra le sue colline, lasciate ormai da un paio di anni in favore della rinascimentale Firenze, per capire appieno come tornare a vivere.

Le serviva tornare a casa per lasciare finalmente andare suo padre.

Ed è proprio in quel momento di rivelazione, quasi contemplazione di una serenità che mancava da mesi nel cuore della ragazza, che Matilde non sente più la pioggia battente scontrarsi contro il suo corpo.

Ti proteggerò dall'acqua | Max Verstappen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora