DUE.

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Jimin era amareggiato ed esausto, fisicamente e mentalmente.
Sentì vibrare il cellulare nella tasca del pantaloni e quando lesse il nome sul display fu tentato di chiudere la chiamata senza dire nulla. Talvolta l'indifferenza era l'arma migliore.
Alla fine, però, decise di rispondere perché, nonostante tutto, si trattava pur sempre del suo Kookie. Cercò di non ammorbidirsi troppo, la rabbia che ancora fremeva sottopelle come una ferita appena inferta.
"Che cosa vuoi? Pensavo che il messaggio fosse arrivato forte e chiaro prima!"
Nessuna risposta dall'altro capo del telefono.
"Jungkook, tutto bene?"
Fu allora che riuscì finalmente a sentire qualcosa. Dei singhiozzi. Gli si strinse il cuore.
"H-Hyung... M-mi d-dispiace."
Jimin percepì l'affanno e la disperazione nella sua voce.
"Dove sei Jungkookie? Ti vengo a prendere così torniamo a casa insieme dai."
Cercò di usare il tono più dolce possibile nel tentativo di rassicurarlo e tranquillizzarlo.
"N-non lo so... M-mi sono p-perso."
"Va bene, non importa, facciamo così. Chiama un taxi, io sono nel parco vicino a casa, ti aspetto all'ingresso, dal cancello nero."
Jimin chiuse la chiamata e sospirò rumorosamente. Si avviò verso il punto d'incontro e si sedette su una panchina. Erano ormai quasi le dieci di sera, per cui non c'era molta gente in giro.
Si mise a pensare.
Jungkook lo scombussolava sempre. Quando si trattava di lui non riusciva proprio a mantenere la mente lucida, ad essere obiettivo. Non avrebbe dovuto dargliela vinta così facilmente, non avrebbe dovuto rispondere al telefono. Avrebbe dovuto spingerlo a riflettere un pochino di più sulle proprie azioni, oltre che sulle proprie parole. Perché talvolta le parole sono lame affilate che infliggono ferite profonde e silenziose, senza che nessuno se ne accorga.

Nel giro di qualche minuto iniziò a piovere, e ciò che era cominciato come una leggera pioggerellina, mutò ben presto in un acquazzone. Non aveva voglia di muoversi, né di richiamare JK, per cui rimase lì ad aspettare, nella speranza che quel muro d'acqua portasse via con sé tutta la negatività e i brutti pensieri.

Aveva ancora gli occhi chiusi quando lo sentì.
"Hyung!"
Li aprì giusto in tempo per vedere Jungkook scendere dal taxi e corrergli incontro.
Jimin abbozzò un sorriso e fece un impercettibile segno al più piccolo, che però capì al volo, e si precipitò tra le sue braccia scoppiando a piangere di nuovo.
Jimin gli accarezzò i capelli.
"Jungkookie, non piangere. Mi si spezza il cuore a vederti così, ti prego."
"Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace." Il maknae tremava.
"Va tutto bene, facciamo così. Penso che sia arrivato il momento di parlare, ma questo non mi sembra né il luogo, né il momento giusto. Andiamo a casa, facciamoci una doccia calda e poi vediamoci in camera tua dopo cena."
Jungkook annuì, ancora vicinissimo a Jimin.
Erano fronte contro fronte, le mani diJK cingevano saldamente i fianchi di Jimin. Erano bollenti e la loro stretta era salda, come se volessero rivendicarlo, come se non volessero lasciarlo andare mai più, come se quel contatto fosse l'unica cosa a tenerlo ancora in piedi.
Jimin gli sfiorò la guancia e gli accarezzò lo zigomo.
"Andiamo."

Bastò una parola per far scoppiare la bolla in cui Jungkook si era rinchiuso.
Probabilmente non era ancora pronto.
Probabilmente sarebbe stato imbarazzante.
Probabilmente avrebbe solo peggiorato le cose.
Però era davvero giunta l'ora di essere sinceri l'uno con l'altro.

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Se durante la cena gli altri notarono qualcosa, non dissero nulla.
Jimin lasciò JK sul divano e Tae che stava lavando i piatti, e si diresse in camera per mettersi una felpa addosso.
"Jiminie, tutto bene?" Hobi-Hyung era acuto e un attento osservatore. Jimin sapeva che non sarebbe rimasto completamente in disparte, a differenza degli altri membri.
"Si Hyung tranquillo, sono solo un po' stanco perchè prima ho preso freddo."
"Lo sai vero che io ci sono sempre per te Jiminie, puoi parlarmi di qualsiasi cosa."
"Grazie Hyung lo so, non so come avrei fatto tutti questi anni senza di te."
J-Hope gli lanciò un'occhiata complice e paterna al tempo stesso, gli scompigliò i capelli scuri e si buttò sulla poltrona.
Quando Jimin tornò nel salotto non c'era più nessuno. Era un periodo piuttosto pieno d'impegni in cui provavano sempre, come gruppo di giorno e da soli la sera, per cui non si sarebbe stupito di trovare Namjoon-Hyung e Suga-Hyung nei rispettivi studi, Jin-Hyung in camera a suonare la tastiera e Taehyungie disteso sul dondolo intento a scrivere testi per il suo nuovo mixtape.
Jimin entrò silenziosamente nell'ultima stanza in fondo al corridoio e trovò il maknae davanti alla finestra, intento ad osservare l'acquazzone che non si era fermato un momento da quando si erano incontrati.
"Jungkookie, cosa fai lì impalato, vieni qui vicino a me."
Si sedettero alle estremità opposte del letto, le punte dei piedi così vicine da potersi sfiorare.
"Allora, mi vuoi dire cosa ti sta succedendo in questo periodo? Stento a riconoscerti."
Jungkook alzò lo sguardo verso il soffitto, sospirò, e non disse nulla.
Jimin decise allora di accorciare le distanze. Fece per avvicinarsi a lui, ma il più piccolo si mosse di scatto e si rannicchiò in posizione fetale sulle sue gambe, le braccia strette attorno alla sua vita e il viso scacciato contro la sua felpa.
"E' imbarazzante, lo sai che faccio fatica ad aprirmi e a parlare di queste cose."
La sua voce risultava attutita, appena percettibile.
Jimin iniziò ad accarezzargli i capelli e sentì a poco a poco le sue spalle sciogliersi e il suo corpo rilassarsi. Il suo respiro diventò meno affannato, lieve a tal punto che pensò che si fosse addormentato.
"La cosa più difficile è sempre cominciare Jungkookie. E questo vale per tutto. La vita è così, le cose che non conosciamo, le situazioni nuove, i confronti... sono sempre fonte di agitazione.
Una volta superato lo scoglio della paura, però, diventa più semplice, quasi liberatorio e sicuramente molto meno spaventoso di quel che si pensava che fosse."
Il maknae si strinse ancora di più a lui e Jimin non poté far a meno di sorridere. Sembrava proprio un bimbo.
"Non ti ho ancora perdonato per come ti sei comportato oggi, sono pur sempre il tuo Hyung e, appellativi a parte, una persona che ci tiene a te, che si preoccupa per te e che ti vuole bene. Non puoi rivolgerti a me con quel tono. Non penso di averti mai fatto nulla di male e, in caso contrario, mi piacerebbe saperlo."
"Mi hai abbandonato..."
Jimin pensò di aver capito male.
"Di punto in bianco hai deciso che non andavo più bene, mi hai lasciato solo, ti sei concentrato su tutti gli altri, tranne che su di me. I membri sono diventati cinque, mi hai messo in un angolo.
Hai smesso di scherzare con me, di prendermi in giro, di aiutarmi, di coccolarmi, di sostenermi e supportarmi."
Per un istante si sentì soltanto il ticchettio delle gocce di pioggia contro la finestra.
Jimin era terrorizzato all'idea di parlare e di interromperlo. Era sempre stato difficile approcciarsi a lui, introverso com'era, preferiva chiudersi in un bagno a piangere, piuttosto che urlare al mondo che stava soffrendo.
"Siamo passati dallo stare costantemente insieme, all'essere praticamente due estranei. Persino lo staff è diventato più degno di considerazione di me."
"Jungkookie, sai benissimo che non è così."
"E allora come spieghi tutto questo? Non puoi negare che qualcosa tra noi sia cambiato!"
Il maknae si sollevò di scatto ma senza interrompere del tutto il contatto conJimin.
Le loro gambe erano ancora vicine, una mano di JK era aggrappata alla coscia di Jimin, mentre l'altra era abbandonata lungo i fianchi. Il più grande invece aveva la schiena contro il muro e lo sguardo puntato negli occhioni torbidi di Jungkook.
Le braccia incrociate si sciolsero e i polpastrelli di Jimin sfiorarono il dorso della mano del maknae, invitandolo a capovolgerla. Accarezzò il palmo, facendogli venire la pelle d'oca e intrecciò le loro dita.
La mano di Jimin sembrava così piccola in quella di Jungkook.
"Sai benissimo che non farei mai nulla, nulla, che possa ferirti." Bisbigliò lo hyung prima di continuare. "Io non so se te ne rendi conto, ma sei facile da leggere."
Chiuse gli occhi e continuò. "Secondo te perchè ho deciso di lasciarti respirare? Ti sei mai accorto di come hai cominciato a trattarmi? Pensavo che avessi bisogno di spazio, pensavo che le mie attenzioni non fossero gradite. Pensavo che ti sentissi a disagio con me, e questa era proprio l'ultima cosa che desideravo accadesse.
Ho sempre voluto essere un punto diriferimento per te, un'ancora.
Jungkookie, la vita è una corsa continua. È stare in bilico su un pavimento di cristallo con la paura folle che tutto crolli. Con il passare degli anni, crescendo, ho capito l'importanza dell'avere una costante, in tutto questo caos. Qualcuno che mi tenesse sempre per mano, senza lasciarmi mai. È qualcosa di difficile da trovare, così come è un legame indubbiamente complesso da creare, ma io volevo essere questo per te. Nient'altro che questo. Perché è l'unico modo per non impazzire!"
Jungkook si morse il labbro inferiore colto da una fitta di rimpianto.
Naturalmente sapeva a cosa si stesse riferendo Jimin. Il suo atteggiamento era mutato consapevolmente.
"Mi dispiace Hyung, non volevo assolutamente ferirti, io ero... onestamente... ero confuso. Le tue attenzioni sono sempre state preziose ma allo stesso tempo non sapevo come rispondere, come ricambiare. Quindi ho fatto di tutto per allontanarti da me. L'ho fatto volontariamente... per poi pentirmene subito dopo, perchè non sapevo più come riprenderti, come farti tornare quello che eri un tempo... e la verità è che mi mancavi da morire. Mi manchi, mi è mancato tutto questo e sono felice che tu sia qui adesso.
Sono terribilmente dispiaciuto per come ti ho risposto prima, non avrei dovuto superare il limite, ma ero frustrato, arrabbiato più con me stesso che con te, e alla fine ci ha rimesso la persona sbagliata.
Potrai mai perdonarmi? Sii la mia ancora. Ho bisogno di te."

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Eccoci arrivati alla fine del secondo capitolo, che ve ne pare?
Con amore, Mimi ❤️

Don't Leave Me | JIKOOK ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora