R U Crazy.

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«There ain’t no need cry no more,
When you break my heart into twenty four,
I’ll pick up the pieces you left,
If you think I’m coming back don’t hold your breath.»
R U Crazy – Conor Maynard.

 
 
 
«Amber, dov’è la mia tuta?» urlò Zayn dal bagno.
«Mm, fammici pensare.. In culo a una balena emigrata in congo?» rispose lei sarcastica.
«Dai, Amber. Aiutami.»
«Senti coso, fly down. Non so dove sia la tua maledetta tuta. Hai due gambe, vero?»
«Le più belle di sempre.»
«Bene, allora alza quel culo flaccido che ti ritrovi e usale per cercarla.» disse Amber, facendosi tono.
 
Erano ormai passati tre giorni dal loro trasloco temporaneo da Harry.
Andava tutto bene fra i tre, più o meno.
Amber ed Harry non andavano tanto d’accordo. A dir la verità, anzi, era lei che lo considerava un povero idiota.
Il ricciolo ci provava notte e giorno con lei e Amber, già pensando che quel modo di rimorchiare fosse usato nel 1620, non lo considerava affatto. Qualche volta gli scappava una palpatina in parti basse o morsetti sul collo, con un bel calcio in culo come risposta ovviamente.
Non le piaceva affatto quel tipo, Amber credeva nascondesse qualcosa.
Ogni volta che gli squillava il cellulare, lui si rintanava nella sua stanza, mai una volta che avesse parlato in presenza sua e di Zayn.
 
Per quanto riguarda Zayn, invece, si sta divertendo abbastanza.
Ogni giorno, alle sei di pomeriggio usciva e alle tre di notte tornava, se non più tardi.
La rossa pensava che lui e quella Gemma fossero più che amici, ma lei sarebbe stata più che felice per lui, insomma, lei sembra una a posto. E’ forse per la mora che non sarebbe stato un grande affarone.
Se Zayn era affidabile, Amber si poteva benissimo considerare la figlia di Albus Silente.
 
«Gentile, Green.» disse il moro passandogli davanti con un paio di pantaloni neri in mano.
«Vedi Jawaad, quando vuoi ti ci impegni.»
«Spiritosa. Piuttosto, dove sta Harry?» chiese lui.
«Non lo so, l’ho visto prima in cucina, forse si sarà rinchiuso nella sua magica stanza con il suo magico cellulare e la sua magica antipatia.» rispose la rossa.
«Andiamo Amber, non credi di stare esagerando un po’? Insomma, è pur sempre il mio migliore amico, mi fido di lui.» puntualizzò lui «vabbè, appena lo vedi digli che sono a fare un po’ di spesa.»
«Okay Bin.»
«A dopo Gr.. Aspetta, come mi hai chiamato?» chiese lui confuso.
«Bin.»
«Tradotto nella mia lingua?»
«Bin, Tesoro. Diminutivo di Bin Laden, tuo grande amico.» scherzò lei.
«Certe volte mi fai davvero ridere, a dopo Rin.»
«Rin? Sarebbe a dire?»
«Diminutivo di Rincoglionita, ovvio.» fece lui da maestrino, imitandola.
«Vaffanculo Malik.»
«Ti voglio bene anche io.» disse, e uscì di casa sbattendo la porta e mettendosi in bocca una sigaretta.
Quel ragazzo fumava troppo, finiva un pacchetto di venti sigarette in due giorni, se non di meno.
Però ad Amber piaceva l’odore del fumo.
Le ricordava gli inverni passati dai nonni, davanti al camino della loro casa ad Edimburgo, con nonno Joe che le raccontava le storie della prima guerra mondiale o della sua infanzia, poi veniva la nonna Lauren che diceva loro di andare a mangiare e alla fine trovavano sempre un grande pollo cotto al forno con le patate fritte che le piacevano tanto.
A volte rimpiangeva la sua infanzia, voleva tornare bambina.
 
Rimase fissa davanti alla porta, si era effettivamente incantata a pensare a tutte quelle cose.
Decise di andare in cucina per prendersi un bicchiere di succo. Perfetto. Non c’era né il succo, né Harry.
«Chissà dove l’ha messo quella testa di cazzo piena di ricci.» si disse.
Salì le scale e si diresse verso camera del riccio, lo sapeva, ancora chiuso lì dentro a parlare a quel fottuto cellulare.
Prima di andarsene da lì, avrebbe dovuto lavarlo con il sapone di marsiglia per farlo smettere di funzionare.
Era a ormai un palmo dalla porta della camera, sentiva delle parole che facevano eco nella stanza, ma ancora non erano chiare.
 
‘Zayn’
‘Quel figlio di puttana’
 
Due misere frasi che fecero cambiare idea ad Amber, che stava per urlare il nome del riccio a tutto volume.
Continuava a parlare, parlare e parlare, e la bionda voleva assolutamente sapere se ciò che aveva sentito un istante prima fosse davvero uscito dalla bocca di Harry oppure se l’era solo immaginato.
Decise così di voler origliare quella conversazione. Non sarebbe educato, ma da quando in qua Amber Green aveva bisogno di essere educata per vivere in pace con la sua anima?
Così afferrò la maniglia dorata della porta e fece per tirarla verso il basso, non facendosi sentire.
Era aperto, perfetto.
Piano, spinse la porta in avanti, lasciando un piccolo spazio di un paio di centimetri, se non di più, e vide Harry girato di spalle, che guardava fuori dalla sua finestra, ancora confabulante con il tizio o la tizia che parlava dall’altra sponda della conversazione.
 
‘E’ tutto apposto, tranquillo.’
‘Devi solo fidarti di me, non lo hai fatto per tutto questo tempo?’
‘Te lo giuro, Jack. Lo..’ e proprio mentre stava confidando le sue intenzioni, la maglietta della bionda si impigliò alla maniglia della porta, fece per staccarla, ma pochi secondi dopo si ritrovò per terra di fianco alla porta spalancata con un Harry che la guardava strano.
 
«Amber, che cazzo fai?» chiese Harry chiudendo il cellulare.
«Io.. sono inciampata, scusa. Volevo solo chiederti dov’era il succo.» per fortuna Amber era una scheggia a mentire.
«Tranquilla piccola. Dammi la mano.» e l’aiutò ad alzarsi. «Dov’è Zayn?» chiese lui.
«E’ andato a fare la spesa, così ha detto.» rispose la rossa fulminandolo con lo sguardo.
Ora tutti i suoi dubbi erano chiari e limpidi: Harry Styles nascondeva qualcosa, e quel qualcosa c’entrava con Zayn. Amber poteva non essere un’intelligentona della CIA, ma non era stupida, poco ma sicuro.
Doveva solo scoprire cosa.
«Hey rossa, tutto okay?» domandò Harry, stirando insù le labbra.
«Sì, grazie.»
«Cercavi qualcosa?»
«Te l’ho detto Harry, il succo.» ammise lei.
«Vieni, andiamo di sotto. Te lo prendo io.» disse allungando la mano verso Amber, che lei ovviamente rifiutò.
 
 
«Come vanno le cose tra te e Zayn?» era Harry a parlare, mentre beveva quell’intruglio rosso che aveva chiesto Amber.
«Come dovrebbero andare?» chiese stupidamente lei, bevendo come il riccio «che razza di domanda è?»
«Vuoi dirmi che non ci ha ancora provato con te?» alzò le sopracciglia e gesticolò con le mani il riccio.
«Per sua fortuna, no.» rispose schietta Amber.
 
Harry rise.
«Oh, Malik non è più come una volta.» disse lui, posando il bicchiere nel lavandino della cucina «quindi, se lui non ci ha ancora provato,» disse avvicinandosi alla bionda «potrei farlo io.»
Okay, era vicino.
Troppo vicino.
Davvero troppo vicino.
Non andava bene.
 
«E chi ti dice che io vorrei te o che non sia fidanzata?» chiese Amber stando al gioco, avrebbe avuto più punti a suo favore seducendo Harry, per scoprire cosa tramava.
«Oh piccola, non hai ancora capito. Non mi interessa minimamente se tu mi vuoi o meno, oppure se hai uno sfigatello al tuo fianco.» disse prendendo una ciocca di capelli chiari e giocandoci con le dita «io voglio te, e basta.» finì.
 
Il ragazzo si ancorò ai fianchi della rossa e la spinse avanti, fino a farla toccare con la schiena contro al muro gelido del salotto. Erano fronte contro fronte, lui la fissava con un sorrisetto malizioso sulle labbra, lei cercava di guardare altro. Ma alla fine, si ritrovò costretta a congiungere le sue braccia intorno al collo del moro per non rischiare di morire soffocata.
 
Ad un tratto, uno sbattere di porta ed un sono a casa urlato in modo barbaro di fronte a loro, spaventò i due, che però rimasero attaccati l’uno con l’altro.
Zayn li fissava, li fissava ancora. Non capiva.
«Hey amico.» una piccolo distrazione da parte di Harry che si girò a salutare l’amico, che la ragazza sferrò un calcio nelle parti basse di lui.
«Guai a te se ci provi ancora. Quelle non te le ritrovi più.» disse Amber furiosa, indicando il punto dolente del ricciolo, che continuava a gemere dal dolore.
 
Intanto Zayn rideva sotto i baffi, in un certo senso si sentiva sollevato.
«Che cazzo ridi, demente. Aiutami.» implorò Harry piegato in due.
«Scusa amico, ma te l’avevo detto. Non è così semplice come credi tu.» disse il moro, tenendosi la pancia per le risate grossolane che si stava facendo da più di tre minuti.
 
 
 
 
***
 
 
 
«Wow.» un sospiro da parte di Amber, che in quel momento era distesa nel prato del giardino di Harry sopra una coperta, tutta incappucciata a guardare quel cielo pieno di stelle, cosa più unica che rara nel mese di novembre.
Dopo l’accaduto del calcio, lei aveva riordinato la spesa fatta da Zayn nel pomeriggio e aveva mangiato solo uno yogurt alla fragola, lasciando quei due cenare da soli. Poi senza farsi da nessuno, sgattaiolò fuori dalla casa e si posizionò lì, per pensare. Pensare a tutto quello che stava succedendo, pensare al segreto di Harry, pensare all’avventura che stava vivendo.
 
Ma non si accorse che due occhi color nocciola la stavano fissando.
Zayn, dopo aver cenato, lasciò Harry sul divano a guardare la partita del Manchester City, sdraiato con del ghiaccio sui genitali che ancora dolevano, e si era accorto che Amber non era né sotto né sopra, insomma, non era in casa.
Così, fece per avvicinarsi e si sdraiò sulla coperta vicino a lei, che se ne accorse ma non si girò.
Quelle stelle le piacevano così tanto.
 
«Belle vero?» improvvisò lui.
Nessuna risposta.
«La vedi quella? Quella è la stella più luminosa della Via Lattea.» continuò.
Nessuna risposta.
Silenzio assoluto.
 
«Quella era la stella che mi indicava mio nonno ogni volta che mi raccontava una delle sue storie natalizie. Già, la stella polare.» alla fine la rossa parlò.
«Mi raccontava spesso ogni tipo di storia, dalle fiabe più assurde ai racconti riguardanti la guerra mondiale. Mi manca mio nonno.» finì la ragazza, prima sorridente.
«Sai, mi piacerebbe sentire una di queste storie legate a questa stella.» disse Zayn, sistemandosi comodo.
Amber sorrise, poi prese un respiro profondo e cominciò.
 
«La vedi la stella polare? Ecco, di fianco a lei ce n’è un’altra, più piccola.» disse indicandola.
«Ti piacciono le lucciole?» domandò lei, e vide il moro annuire. «Anche a me piacciono da morire, ma la mia preferita era una piccolo e bizzarra lucciola, di nome Raymond, ma tutti lo chiamavano Ray. Un giorno, Ray s’innamorò, già. Ma non s’innamorò di una lucciola qualunque, lui s’innamorò di Evangeline, la lucciola più bella e splendente di tutto il pianeta. Eccola.» disse indicando la stella polare, mentre Zayn ascoltava sognante. «Purtroppo Ray provò mille e mille volte ad andare da lei, ma era troppo lontana. Ma non perse le speranze, così un giorno si ripromise di andarla a trovare, stare affianco a lei e amarla come non mai, non la voleva lasciare.» continuò la rossa, sorridendo. «Un giorno, però, Ray lasciò il bosco e decise di girare per la città. Ma si sa, la città è piena di uomini cattivi, tutti lo sapevano, ma lui no. Infatti ne pagò le conseguenze. Considerato un insettino repellente, venne schiacciato da un uomo e morì. Fortunatamente, le altre lucciole ritrovarono il corpo e lo riportarono in foresta. Insieme ai suoi familiare ci fu il funerale e il corpo di Ray venne lasciato andare sul corso di un fiume. Se ne andava lentamente, come le lacrime dei suoi amici, parenti. Dieci minuti dopo, un abbaglio distrasse tutte le lucciole lì presenti. Di fianco ad Evangeline si piazzò un’altra stella, più piccola. Ray.» finì Amber.
Quella storia le era sempre piaciuta.
 
«Ti è piaciuta?» chiese lei.
«E’… bellissima. Tuo nonno è davvero un poeta.» ammise lui.
«Vedi Zayn, questo insegna molte cose. Non smettere mai di credere in qualcosa che vuoi davvero, mai.» consigliò sincera Amber.
«Hai ragione. Ma, vedi, è complicato.» rispose lui.
«Nulla è davvero complicato, Zayn. E’ complicato quando ti fai talmente tante pippe mentali che ti scordi di tutto, pensi solo e soltanto a quello e inizi a deprimerti la vita. Invece non va vissuto niente così.»
 
In effetti, Amber aveva ragione. Aveva sempre ragione. E Zayn torto.
 
«Amber?»
«Sì?»
«…Grazie.»
 
Per la prima volta, Zayn Malik era stato sincero, con sé stesso e soprattutto con una ragazza.
Passi da gigante, li definiva lui.
 
«Di nulla.» rispose lei, sorridendo.
 
Passarono le ore così, su un prato, al freddo, sotto le stelle, raccontando le loro cose.
Erano felici, si stavano conoscendo.
E davvero, stavolta.
 
«D’accordo Zayn, facciamo un gioco.» propose Amber «tu mi dici un nome a caso ed io ti dico chi è per me, poi facciamo al contrario. Ci stai?»
«Ovvio. Mm, fammi pensare. Chi è per te Brad?»
 
Cazzo, con quindici miliardi di nomi, proprio quello doveva scegliere.
Una lacrima, una piccola lacrima scese dall’occhio sinistro di Amber, non parlava di nessun Brad da almeno otto anni.
 
«Hey hey, tutto okay, Green?» domandò Zayn vedendola in quello stato.
«Sì, tutto okay.» disse «Brad, Brad Green. Amavo quel ragazzo, era il miglior fratello che potessi desiderare. Passavamo le giornate intere a prenderci in giro, ma finivamo sempre per stringerci in un grosso abbraccio e riempirci di coccole sul divano. Nascondino, ci giocavamo sempre. Mi ricordo che una volta, rimanemmo nascosti nel vialetto dei Dickson per più di cinque ore, i miei iniziarono a preoccuparsi sul serio.» rise lei «un giorno però, un incendio, un fottuto incendio se lo portò via. Si portò via lui, i miei nonni paterni e la felicità della nostra famiglia. Avevo dieci anni e lui quindici. Era il mio punto di riferimento. Da quel giorno, i miei non si mossero più da Dublino, la mia città. Appena ebbi compiuto diciotto anni mi mandarono a Londra, per rifarmi una nuova vita, senza Brad. Ecco tutto.» concluse lei con gli occhi lucidi.
 
«Amber, io non.. cioè io.. mi dispiace.» disse Zayn.
«Ma non ti preoccupare, ora è passato tutto.» sorrise lei «ora tocca a me.» disse lei, sapendo esattamente il nome che doveva chiedere al moro, tutto programmato.
 
«Chi è per te Jack?» chiese lei, intimorita.

MY SPACE


Hei, sono ritornata. 

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Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 

ALLA PROSSIMA. 

twentyfive ➳ z.m.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora