LEI
L'unico particolare sbagliato era uno dei fronzoli del tetto che ricadeva in modo disordinato, disturbando l'apparente perfezione delle decorazioni.
I petali bianchi ben disparsi sul tappeto. L'ordine e la minuzia. Tutto perfetto come in una favola.
Ma non era importante la perfezione. Contava solo che finalmente fossimo lì. Al nostro matrimonio.
Eppure, avevo due pensieri che battevano dentro il mio animo. Il primo pensiero fra tutti: non arrossire.
Tutti gli invitati erano seduti su quelle comode panche bianche, pronti a giudicare il mio abito da sposa, la mia andatura.
Il mio abito, per niente appariscente, mi fasciava le forme. E quasi mi pareva di sentirmi incatenata. O forse ero incatenata dagli sguardi.
Che imbarazzo. Pensai.
Lanciai uno sguardo ai lati. Mia madre teneva tra le braccia Bianca. Era così bella mia figlia. E anche mia madre. Entrambe ben acconciate a festa.
Nonostante la distrazione visiva, avvertii comunque il vociare degli invitati.
Il velo di tanto in tanto si impigliava nel tappeto, ma per fortuna dietro me, c'era Anna. Tenevo il braccio di mio padre stretto a me, sperando di trovare la forza di non arrossire, eppure sapevo che se lo avessi fatto, se fossi arrossita, a Can sarebbe piaciuto.
Can. Era il mio secondo pensiero. Volevo arrivare a lui.
Finalmente ci stavamo sposando.
Volevo afferrare le sue mani -letteralmente -e non lasciarle più. Ricordai qualcosa che mi pareva così lontano.
L'articolo che aveva scritto Can. O Albatros.
Questa è la prima volta che e scrivo d'amore. Prima non avrei potuto farlo. Non sapevo cosa fosse l'amore. Ne quanto forte potesse essere. Fino ad oggi credevo nell'amore come istituzione o come convenzione sociale. Si ama perché bisogna farlo. È necessario all'evoluzione umana. Qualcosa di nichilista e scettico. Invece ora credo che si ami perché ne abbiamo bisogno. Letteralmente bisogno. Perché se dovessi guardare al passato non riuscirei a trovare nessuno attimo della mia esistenza così leggero e così perfetto come gli attimi trascorsi con lei. Sto vivendo qualcosa che vi auguro di vivere. Qualcosa che vi spingerà a cercare l'oggetto del vostro amore in ogni cosa. Come se l'abitudine di essere insieme non fosse mai abbastanza. Come se ogni giorno la coesistenza non fosse nulla di opprimente, ma un dono della vita. Non vi dirò per chi o cosa provo questi sentimenti unici, ma spero che un giorno il mio "oggetto d' amore" possa leggerlo e possa sapere che da quella volta il tramonto non è più lo stesso. Sono seduto a scrivere e il sole sta tramontando. Fisso il cielo terso e le sfumature d'arancio. Il sole sporge a metà mentre lentamente sparisce all'orizzonte. Ma non riesco a riconoscerlo. Non è come quel tramonto. Non riconosco i colori. Non riconosco gli odori. E so che fin quando non sarà con me non riuscirò mai più a riconoscere il tramonto. Finalmente riesco ad ammettere al mondo che per la prima volta anche io amo davvero.
Solo in quel momento avevo capito.
Qualcosa che vi spingerà a cercare l'oggetto del vostro amore in ogni cosa. Era così, volevo vederlo di fronte a me. Sorridermi per rassicurarmi.
Iniziai a muovere passi svelti e sicuri.
Sentii Anna borbottare e quasi mi venne da ridere. Volevo vedere Can e finalmente lo vidi.
Era bellissimo. Con quell'abito scuro.
Da quante ora stavo percorrendo quella navata? Sembrò un secolo.
Quando lo vidi, arrossii e lui sorrise.
Alle nostre spalle c'era un tramonto. Un tramonto stupendo. Che aveva illuminato di sfumature rosa ed arancio ogni anfratto.
Ripensai ad un'altra frase di quell'articolo.
E so che fin quando non sarà con me non riuscirò mai più a riconoscere il tramonto. Sperai che riuscisse a riconoscerlo. Ora che eravamo quasi uniti in modo indissolubile. Gli indicai il tramonto alle nostre spalle con un semplice cenno della testa.
Si voltò per un secondo.
Afferrò al volo. E tornò a fissarmi.
Sorrise. Fece un occhiolino e mimò un ti amo fugace con le sue labbra. Finalmente mio padre cedé le mie mani a Can.
Tirai un respiro di sollievo.
Mi voltai ad osservare i miei genitori ricolmi di orgoglio. La mia piccola Bianca.
I genitori di Can in prima fila. Eric e Leila.
Anna e Ben.
E poi c'era anche Levon.
Tornai ad osservare Can. Mi stava sorridendo fiero ed innamorato. Innamorato almeno quanto me.
Aspettai quella frase, per lasciare che il vaso di gioia dentro di me traboccasse definitivamente.
Lo voglio dissi.
Lo voglio rispose.
Ci baciammo. Cercando di non farci prendere troppo la mano. Di solito quel genere di vicinanza, annebbiava le nostre menti.
Tutti erano immersi in una valle di lacrime di gioia, applausi e sorrisi.
Le nostre famiglie si lasciarono sommergere dalla gioia e dalla fierezza. Come se tutti sapessero quanto insieme fossimo perfetti.
Can si chinò e mi sussurrò all'orecchio.
"ti voglio per sempre!" poi inalò il mio profumo Sorrisi. Finalmente Can ed io eravamo marito e moglie.
Era l'amore che avevo sempre sognato e sarebbe stato sempre il mio primo ed unico amore.
Lo amavo con ogni parte del mio corpo, della mia mente, del mio animo, dei miei respiri e del mio cuore.
Sfiorai il mio ventre e tornai a baciare mio marito.