purgatory

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La luce si comincia a mescolare alla tenebra, il freddo agonizzante del ghiaccio riempie l'atmosfera difficilmente definibile tale. Alla luce del cielo chiaro d'azzurro, i suoi occhi alti si chiusero infastiditi. Le sue iridi di uno scuro dolce si videro finalmente meno cupe, meno mostruose. Come il tepore stucchevole e l'aria divina toccarono con flebili carezze la sua pelle ancora paralizzata e ricca di brina, le sue labbra si piegarono in un sorriso morbido.

«Ti aspettavo da tanto»

La voce saggia e profonda risuonava alle orecchie dell'altra con un eco doloroso, una stretta al cuore con pesanti e ruvide catene che arenavano una barca a largo del mare, arrugginite dalla salsedine. I pezzi di ferro aranciati graffiavano il muscolo, rendendo il dolore insopportabile, ma la divinità non l'avrebbe mai mostrato. Le sue labbra rosse rimanevano una linea dritta.

«Anche io. Credevo non avrei mai più avuto modo di vederti ancora.»

Gli occhi grandi di lei si erano riempiti di acqua dolcissima, che fino a poco prima stava scorrendo incontrollabile sulle gote morbide e colorate di un lieve rosso, somigliante ai fiori rigogliosi che stavano vicino al suo trono di luce accecante. Ma come le bestie feroci che bene lui conosceva, la vulnerabilità e dolcezza non potevano essere domati, quindi quelle gocce di luce e pioggia melliflua tornarono a rincorrersi una dopo l'altra, come bambini che giocavano insieme sui prati verdi di campagna. Le labbra violacee di lui si schiusero, volendo pronunciare qualcosa, ma nulla venne fuori, se non un gemito strozzato.

«Vorrei vederti sempre»

Riuscì a strapparsi un sussurro, finalmente le urla dei dannati non stavano più tormentando la sua pazienza. Il telo bianco che copriva la pelle del medesimo colore dell'etereo essere che si trovava davanti, lo purificava con la sua sola esistenza ultraterrena ed incerta. I dorsi delle mani che apparivano di avorio raccolsero le lacrime che adesso stillavano più di prima, a sentire le sue parole roche di cenere e fiamme.

«Hai gli occhi coperti di fuliggine»
«Nonostante questo, riesco comunque a vederti come quando non eravamo divisi. Quando decidesti di dividerci.»

Si avvicinò incerta, i piedi toccavano la sabbia che si faceva bianca ad ogni passo, e brillava di luce divina. Le dita raccolsero la dolce acqua, bagnandosi, e con quella le mani buone pulirono via la fuliggine infernale dagli occhi dell'altro. Abituato alla violenza delle bestie, lui si ammorbidì sotto il suo tocco, ed afferrò con le mani più grandi il polso piccolo e debole che stava di fronte alle sue guance alte. La candida divina sussultò, e lo guardò negli occhi finalmente puliti, uguali apparentemente a quando erano ancora insieme. Ma l'onnisciente sapeva, che le iridi e le pupille avevano visto cenere, fuoco, fiamme, ghiaccio e freddo del crudele inferno. Nonostante questo, il riflesso delle piccole scintille che su di lei splendevano, su di lui brillavano altrettanto, rivelando la sua reale e scorsa natura.

«Provo così tanto per te, che sento sia quella la pena che mi stai facendo soffrire. Mi hai reso padrone dell'inferno, mi hai promesso che sarei stato bene. Non sto bene lontano da te. Preferirei essere un dannato, se potessi tornare da te»

Mischiandosi alla dolce acqua divina, le lacrime salate di lui si riscaldarono e poi cominciarono a pulire via dalle sue guance la terra sporca infernale.

«Non importa cosa decidi di infliggermi: posso sopportarlo tutto. Qualsiasi dolore, atroce o paralizzante che sia, o addirittura entrambi insieme e peggio! Lo accetterò tutto. Fammi tornare, ti pregherò in ginocchio il resto della mia vita.»

Pianse, cercando di tenere la voce stabile e rigida con la sua solita autorità. Sapeva che lei riusciva a sentire la sua sofferenza, il suo dolore, lo conosceva tutto. Lui invece non sapeva cosa stesse succedendo nell'immensa mente coperta dal volto angelico. Lei allora raccolse ancora le sue lacrime, sempre nella stretta paradossalmente leggera della mano del crudele demone. Con la nuova acqua dolce, pulì il resto del suo viso, rendendolo perlato.

«So che le tue parole sono vere. Ma le pene che hai, sono inflitte da te stesso, verso te stesso»

Rispose lei, dolcemente, ancora pulendo con movimenti delicati il suo viso sofferente.

«Ti ricordi ancora il mio nome?»

Domandò il demone, mentre lei toccava le radici dei suoi capelli scuri.

«Ricordo tutto»
«Dillo ancora»

Si guardarono intensamente, gli occhi diversi, le pelli diverse, il respiro diverso, la dolcezza nello sguardo angelico e nel suo tocco, che il demone stava cercando di assorbire, per ricordarlo per il resto dell'eternità.

«Younghyun, perché ti comporti così?»

Il demone crollò alle sue ginocchia, abbracciando le gambe della divinità buona. Pianse ogni lacrima, sfogò ogni singhiozzo. Lei accarezzò i suoi capelli, emettendo qualche verso per invitarlo a calmarsi.

«Come posso io perdonarti, dopo che hai tradito?»
«Io son diverso da mio padre, da coloro che furono prima di lui»
«Hai dimostrato disonestà»

La divinità buona si abbassò, poggiandosi sulla sabbia, portando il demone a voltarsi verso di lei, poggiando una mano leggera sulla sua guancia, seguendo lo zigomo alto col lato di un dito delicato.

«Prometterò solennemente che non tradirò mai più, giurerò sulla mia eternità da quell'esatto istante, fino ad oltre il giudizio universale»

Strinse il demone la mano divina al suo volto, come per imprimerla sul suo viso. Lei si avvicinò, ancora piangente, e poggiò con tanto dolore le labbra angeliche a quelle del demone, scatenando un boato dal terreno che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque. Lingue di fiamme ruppero l'omogeneità della sabbia, che cominciò a sprofondare rovinosamente al nucleo della terra. Fiocchi di cenere cominciarono a sporcare i vestiti bianchi, prima intoccabili, si incastrarono alle ciocche di capelli, sporcarono il viso pallido.

«Perché lo hai fatto?»

Domandò disperato il demone, ancora a pochi millimetri dalle labbra rosse.

«Mi hai trascinata nel peccato»

Gli strinse le spalle.

«Se non posso tenerti nell'infinita misericordia dei cieli, ti terrò nel ghiaccio degli inferi»

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