Capitolo 26

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Daniel

Non so quanto ci metta a raggiungermi forse un'eternità o solo un secondo, ma eccola che, d'improvviso si materializza di fronte a me.
È un attimo, il mio sguardo è nel suo e la sento quella vibrazione conosciuta, quella voglia di alzare il braccio e sfiorarla per sentire la sua pelle sotto le mie dita.
I miei polpastrelli bruciano dalla voglia di toccarla ma contro la mia volontà stringo un pugno e mi costringo a stare fermo.
Non merito di toccarla.
Ci fissiamo in silenzio e beviamo i nostri drink fin quando non è lei ad accennarmi un sorriso. Penserete che sono un vigliacco, che dovrei essere io a fare la prima mossa, ma la verità è che se la conosco almeno un po', ha bisogno di tempo, ed io, in questo momento, glielo sto dando.
«Ciao Daniel...» non urla, nonostante la musica sia assordante. Potrei fingere di non averla sentita, ma non ho bisogno della sua voce per capire cosa ha detto, mi basta il movimento delle sue labbra.
Mi alzo dallo sgabello che occupavo fino ad un attimo fa e mi abbasso verso il suo orecchio «Ciao Amy».
Prende un altro sorso del drink e pian piano la vedo rilassarsi, così, iniziamo a scambiarci convenevoli: mi ringrazia per la bevanda, mi chiede come sto, e io faccio altrettanto, ci raccontiamo sommariamente cosa abbiamo fatto in questi mesi, tutto molto forzato e quando noto che inizia a guardarsi intorno in cerca di una via di fuga decido che è arrivato il momento di tirare fuori le palle.
«Credo sia il momento giusto per parlare...» inizio.
Stringe nervosamente il bicchiere «Io invece, credo non sia il momento giusto».
Scuoto il capo, mi aspettavo che si tirasse indietro, di nuovo. «Io invece credo di aver aspettato fin troppo».
L'indecisione è praticamente incisa sul suo bel viso così, le afferro la mano e la trascino con me fuori dal locale, in un luogo abbastanza appartato.
La verità?
Ho bisogno di stare solo con lei, di sentire la sua voce senza il bisogno di urlare, ho bisogno di parlarle, di farle capire che mi dispiace anche se so che ormai il danno è irreparabile.
«Scusami se insisto» Amy si appoggia al muro e i ricordi mi assalgono, anzi, ci assalgono, perché dalla sua espressione capisco che anche lei ci sta pensando. La serata in cui decisi di spegnere i pensieri e di voler passare una seconda notte con lei.
«Figurati. Sai avrei dovuto immaginarlo».
«Cosa?»
«Che sarebbe finita così...» si gratta la nuca «io non ho granché da dirti, se proprio devo essere sincera. Posso solo chiederti scusa per averti fatto attendere tanto per un confronto ma sono stata occupata e a dirla tutta, non avevo molta voglia di vederti».
Le sue parole mi colpiscono. «Si, immagino, ma credo che questo sia l'unico modo per chiudere dignitosamente».
«E poi» continua, come se non avessi praticamente parlato «non è che te ne sia importato molto. Non ti sei più fatto sentire dopo quella conversazione, se ci tenevi così tanto mi avresti cercata». Incrocia le braccia al petto e anche se la visuale del suo seno stretto è molto eccitante, in questo momento sono troppo impegnato a registrare ciò che mi dice.
«Ti ho concesso il tempo di cui avevi bisogno e poi anche io sono stato molto impegnato, in questi mesi non ci sono quasi mai stato e speravo in un chiarimento faccia a faccia, non telefonico».
«Beh» apre le braccia «eccomi qui».
Cerco di ricordare nella mia testa il discorso preparato mesi fa e ripetuto più e più volte, ma non riesco a trovarne traccia e prima di entrare nel panico, improvviso. «Sono davvero dispiaciuto per quello che è successo, probabilmente non ti chiederò mai scusa abbastanza, voglio che tu sappia che io ti ho amata davvero e credo...».
«Non dirlo...» mi stoppa.
«Cosa non dovrei dire?»
«Quello che stavi per dire...» si altera.
«Ah bene, adesso decidi tu cosa devo dire?»
«Io non voglio sentirmi dire certe cose».
«Neanche se sono vere?»
Scuote il capo «Neanche se sono vere, perché non credo che tu sia ancora innamorato di me e in più, se tu mi avessi amato davvero non mi avresti tradito».
«Amy...» mi avvicino un po' «tu non sai quanto sono stato male e quanto tutt'ora sia difficile. Non volevo deluderti, non volevo farti soffrire, ero così ubriaco quella sera... non ero in me». Vorrei davvero accarezzarle il viso e quando sto per cedere, lei si sposta ad una velocità fulminante.
«Ti faccio così schifo?» oso chiederle, anche se forse non voglio conoscere la risposta.
«No...» e mi sembra davvero sincera «ma non è il caso. Senti, ho sbagliato tutto io ok?» scoppia. «Avrei dovuto immaginare che sarebbe finita così».
«Non ti seguo».
Sbuffa e comprendo che quello che sta per dire non mi piacerà per niente. Purtroppo la conosco troppo bene e ora è un fiume in piena.«Il problema è che avrei dovuto immaginarlo. Tu sei tu, e io ne ero consapevole solo che non volevo accettarlo».
«Di cosa mi accusi esattamente?»
«Ma di nulla! Ce l'ho con me stessa per aver perseverato, per aver voluto per forza credere in qualcosa, forse credevo di poterti cambiare, anzi, migliorare, ma la realtà è che ognuno è fatto a modo suo e in cuor mio forse lo sapevo che sarebbe finita così perché...»
«Perché io sono io, giusto?» la interrompo, ora più nervoso che mai.
Amy sembra essersi svuotata mentre io sento montare dentro una rabbia cieca. «Cosa significa» chiedo con malcelata calma «che io sono io?»
Nota subito il mio cambio d'umore e un po' indietreggia, come se potessi davvero farle del male.
«Non hai sempre dichiarato di non essere fatto per le storie d'amore?»
Porto una mano fra i capelli perché è evidente che Amy abbia riflettuto molto in questi mesi, traendo conclusioni tutte sue e completamente sbagliate.
Non posso credere a quello che sentono le mie orecchie. Io che con lei sono sempre stato diverso, io che ho provato a darle tutto me stesso, io che mi sono lasciato andare totalmente con lei.
Sbotto, perché non ne posso più. «Sai una cosa? Sono stanco di essere definito in un determinato modo. Con te sono sempre stato diverso, sempre!» alzo un po' la voce. «Ammetto il mio errore, l'ho sempre fatto. Ero talmente ubriaco da avere le allucinazioni e pensavo che quella ragazza fossi tu ma... ma non ci ho messo molto a capire che mi fossi totalmente sbagliato e non puoi sapere come mi sono sentito in quel momento, non te lo so neanche spiegare!» sporco, sbagliato, stronzo. «Ti ho chiesto scusa, non puoi neanche immaginare quanto ho sofferto in questi mesi, mi sei mancata ogni giorno Amy, ma sai una cosa? Ora basta. Mi dispiace per come sono andate le cose ma sono stanco che la gente parli di me come se fossi uno a cui non importa niente dei sentimenti degli altri. Tu mi dici "perché sei tu", beh, il vecchio me sai cosa avrebbe fatto? Se ne sarebbe fregato e sarebbe andato avanti, ci sarebbe andato a letto, perché tanto non aveva niente da perdere, e ci avrebbe fatto tanto, tantissimo sesso mentre io, mia carissima e saputella Amy non scopo da quattro fottutissimi mesi se non di più anzi, molto di più considerando che l'ultima volta che ti ho visto è stato in Francia e sai perché?» prendo fiato e non le do il tempo di rispondere, mi basta il suo sguardo sbigottito. «Perché non riesco, anzi, forse dovrei dire riuscivo» sono solo parole dettate dalla rabbia, perché anche ora è esattamente così «perché non riuscivo a toglierti dalla testa!»
La ragazza di fronte a me ha lo sguardo basso ed è senza parole. «Avevo bisogno di sentire questo per andare avanti e visto la considerazione che hai di me, a questo punto, credo sia arrivato il momento di prendere la mia strada. Perdonami se ho baciato un'altra mentre stavamo insieme, ma adesso ho bisogno di andare avanti con la mia vita».
Solo io posso sapere quanto sia stato duro pronunciare queste frasi, ho commesso un errore, è vero ma non merito di sentirmi una merda ogni minuto della mia vita.
Prima di andarmene mi giro ad osservarla «Senti» mi avvicino che si trova a pochi centimetri dal mio «io e Tommy siamo diventati buoni amici, in questi mesi ci siamo sentiti e visti spesso, quando potevamo s'intende. Credo che ci incontreremo in altre occasioni quindi cerchiamo di rendere le cose meno imbarazzanti per tutti...»
Fissa i suoi occhioni nei miei e solo ora noto che sono lucidi. «Si... certo» tentenna «Amici?»
Vorrei ridere, sul serio ma non lo faccio.
Non poteva darmi risposta più stupida.
«Si certo, amici» fingo indifferenza, dopodiché le nostre strade si dividono.

Amy

Attendo impaziente che Sofi registri quello che le ho appena detto e nel frattempo non so se mangiucchiarmi le unghie oppure prepararmi una camomilla.
Passa qualche minuto, so quanto la mia amica sia contraria a certe cose e anche io lo sono, quindi non so proprio cosa mi sia saltato in mente.
«Ho bisogno di un bicchiere di vino» afferma.
«Non sarebbe meglio una camomilla?»
Mi punta il dito contro «Amy, ti avrò spiegato un miliardo di volte che rimanere amici degli ex non è mai, mai, una cosa positiva. Sai perfettamente che ci sono passata ed è stato un...»
«Un disastro» finisco io la frase per lei «lo so».
Mi avrà raccontato la sua storia mille volte, soprattutto nei primi periodi di convivenza, quando ruppi con Mike.
Sofi, prima di Tommy ebbe un'altra relazione importante durata tre anni e nonostante tra lei e il suo ex fosse finita perché entrambi non si amavano più, quando decisero di rimanere amici per non mettere in difficoltà il resto della comitiva, la loro decisione si rivelò un disastro.
Se Sofi usciva con un ragazzo, anche ingiustificatamente, lui era geloso e viceversa. D'altronde avevano condiviso tre anni della loro vita, si erano voluti bene.
Da qui la lezione che, una relazione può durare anche un giorno, una settimana, un mese, ma mai restare amici di un ex.
Soprattutto se si provano ancora dei sentimenti, come in questo caso.
«Ma a cosa stavi pensando? E lui cosa ti ha detto?»
«Non lo so, era così arrabbiato per le cose che gli ho detto. Avrò pure esagerato ma la collera ha preso il sopravvento ma ho detto semplicemente quello che penso. In cuor mio so che lui ce l'ha messa tutta ma il risultato non è cambiato».
«E così, intelligentemente gli hai proposto di restare amici?»
Annuisco silenziosamente. «Non sapevo che altro dire...» mi giustifico.
«Oh Amy, avresti potuto semplicemente annuire e vi sareste comportati civilmente durante le uscite in gruppo».
Sbuffo, perché ne sono consapevole ma mettetevi nei miei panni, non sapevo proprio cosa dire e ho sparato la prima cazzata che mi è venuta in mente.
«Voi due» Sofi versa del vino in due calici e me ne porge uno «non potrete mai essere amici, perché è evidente che provate ancora qualcosa l'uno per l'altra».
«Beh, io provo sicuramente ancora dei sentimenti ma lui... lui no, è stato molto chiaro, "non riusciva a dimenticarmi"».
«Si certo, e ti ha dimenticato dopo cinque minuti di discussione? Se tu stessa mi hai detto che stava per dirti che ti ama ancora!»
Faccio una smorfia «Ha detto "ti ho amata e credo...", questo cosa ti fa capire? Che lui crede di amarmi Sofi, credere di amare non significa che sia per forza così, perché quando ami qualcuno dici "ti ho amata e ti amo ancora". Quel credo mi ha fatto capire che alla fine non è sicuro neanche lui, quindi perché dirlo?» bevo un sorso di vino e sento le bollicine pizzicarmi il palato «Non avrebbe avuto senso».
È questo quello che mi ha sempre spaventato di Daniel, la sua incertezza in queste cose, certo, mi ha dimostrato tanto e c'è stato un periodo in cui si era trasformato nel fidanzato perfetto, ma è passato, come è passato anche il suo amore per me, perché per quanto lui voglia, forse, convincersi del contrario, è così. Non puoi essere incerto su una cosa del genere, o ami o non ami.
L'amore è tante cose, ma di sicuro, non è incertezza.

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