Sui tetti di Parigi

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- Capitolo 1


"Alain! Dannazione! Quando ti deciderai ad alzarti!" - urlò una voce femminile dalla stanza vicina - "la colazione è in tavola da un pezzo!"

Il ragazzo si girò e si rigirò nel suo letto, ancora mezzo assonnato; all'ennesimo "ALAIN!" si decise ad alzarsi: "va bene, va bene, mamma, arrivo!" seguito da un "cheppalle, dormivo così bene" sottovoce; era tornato dalla discoteca del tutto sballato alle quattro del mattino e contava di dormire fino a mezzogiorno, non essere sbattuto giù dal letto alle nove.

Si alzò, a tentoni, si mise la prima vestaglia che trovò e andò in cucina, il resto della famiglia era già alla fine della colazione, senza dubbio.

Si sedette mentre alla piccola televisione le immagini dell'ennesimo raid dei giubbotti gialli scorrevano, con lo speaker del telegiornale che si lamentava di come per l'ennesima volta la manifestazione inizialmente pacifica sia poi deragliata in un raid di devastazione per mezza Parigi a causa dell'ennesimo gruppo di agitatori.

Senza parole, Alain prese un croissant al burro, lo aprì e ci mise dentro un pò di marmellata di lamponi, mentre gli altri lo guardavano.

Un paio di bocconi dopo, si sentì un poco meglio; finì di divorarlo e arraffò avidamente una madeleine e se l'ingoiò intera, seguita da un bicchiere di spremuta d'arancia.

"Allora! Ora ti metti a tavola e mangi senza neppure salutare? Perchè torni sempre tardi la notte, poi?" sbottò sua madre mentre rassettava in giro per la cucina, in TV le previsioni del tempo davano per Parigi una giornata soleggiata; Clarice stava controllando i documenti nella sua valigetta appoggiata sulla tavola, la piccola Isabelle era invece persa nella contemplazione del suo cellulare.

"Uffa, mamma!" - sbottò Alain masticando un'altra madeleine - "sto mangiando, eccheppalle!"

Un secondo dopo, uno schiaffone dietro la testa gli faceva sputare dalla bocca la madeleine mezza masticata e quasi sbattere la fronte sul tavolo: "in casa mia quelle parole non le devi usare!" strillò la signora Perrot a suo figlio; per lei l'educazione era sacra, con un figlio così scapestrato e perdigiorno poi, era fondamentale.

"Mamma, tornerò stasera sul tardi" - disse Clarice chiudendo la valigetta, imperturbabile alla baraonda che era appena capitata - "mi fai trovare la ratatouille pronta quando torno? Sai che devo mantenere la linea" e passò la mano sul fianco sottile coperto dal tailleur.

"Certo tesoro!" - fece la madre, con tono di orgoglio - "con tanta salvia e basilico, come piace a te!" e tornò a rassettare la cucina, mentre Alain si teneva la fronte, quell'ultima mazzata gli aveva fatto venire un leggero mal di testa; detestava sua sorella maggiore, neppure trenta anni e si era già assicurata un posto di tutto rilievo nella compagnia di assicurazioni in cui essa lavorava; ad Alain piaceva pensare che Clarice il posto se l'era comprato con le sue grazie naturali usate sapientemente con i direttori giusti, più che con il duro lavoro, ma vero o no che fosse il ragazzo era invidioso marcio di sua sorella. Tra pochi mesi si sarebbe sposata con un bancario che lei aveva conosciuto durante un consulto assicurativo; non le andava mai storto nulla. Nulla.

"Alain, dovresti darti una mossa" - fece lei con un sorriso sprezzante a suo fratello, ravviandosi i capelli e preparandosi per uscire - "hai già ventitrè anni e non stai combinando niente" con la madre che aggiungeva: "parole sante, Clarice! Perchè non sei come tuo padre, Alain..." concludendo con un sospiro.

Il padre di Alain faceva il camionista, stava fuori per la maggior parte dell'anno a recapitare salumi, formaggi francesi e altri generi alimentari in mezza Europa. In casa non ci stava mai, e quando ci stava dormiva e beveva, in ordine sparso. Il ragazzo avrebbe preferito farsi cavare tutti i denti che avere una vita così.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 21, 2020 ⏰

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