Untitled Part 1

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Con i sacchetti della spesa stretti fra le braccia, CC si sforzò di sfilare la chiave dalla serratura e di chiudere la porta con un piede. In modo meccanico, alzò lo sguardo verso l’orologio all’entrata del suo spazioso appartamento: erano già le sette e mezzo. Ci aveva messo un’eternità a finire le cose da fare al Centro di comunicazione e poi a passare all’enoteca e allo spaccio militare. Dopodiché combattere contro il traffico dalla base dell’Aeronautica militare di Tinker era stato come arrancare nel fango fino a metà ruota. A peggiorare la sua frustrazione, aveva provato a prendere una scorciatoia per casa e alla fine aveva sbagliato strada. Ben presto si era smarrita in modo irrimediabile. In una stazione di servizio Quick Trip, un buon uomo le aveva dato le indicazioni, e lei si era sentita costretta a spiegargli che era stata assegnata a Tinker da soli tre mesi e che non aveva ancora avuto il tempo di imparare le strade.

L’uomo le aveva dato una pacca sulla spalla come se fosse una bimbetta e le aveva domandato: «Che ci fa una giovane fanciulla come lei nell’Aeronautica militare?». CC aveva preso la domanda in modo retorico, lo aveva ringraziato ed era filata via, rossa in viso per l’imbarazzo.

Comprensibilmente, i nervi di CC, già a fior di pelle, scattarono allo squillo insistente del telefono.

«Un attimo! Sto arrivando!», esclamò e si precipitò in cucina, mollando con un tonfo i sacchetti sul piano di lavoro immacolato e avventandosi sul telefono.

«Pronto», disse con il fiato corto al suono smorzato del segnale di libero, interrotto solo dal bip bip ritmico della segreteria telefonica. «Be’, perlomeno hanno lasciato un messaggio». CC sospirò e portò con sé il telefono in cucina,

inserendo il codice di accesso alla segreteria. Con una mano tenne il telefono all’orecchio e con l’altra tirò fuori due bottiglie di champagne da uno dei sacchetti.

«Sono presenti due nuovi messaggi», annunciò la voce elettronica. «Primo messaggio, inviato alle ore diciassette e trenta».

CC ascoltò con attenzione mentre strappava la capsula di metallo sul tappo della bottiglia di champagne.

«Pronto, Christine, siamo noi, i tuoi genitori!», cinguettò la vo­ce registrata di sua madre con un suono un po’ artificiale e metallico.

«Ciao, Christine!», fece eco da un secondo apparecchio la voce di suo padre, più lontana ma altrettanto allegra.

CC sorrise indulgente. Era ovvio che fossero i suoi genitori: erano le uniche due persone al mondo che insistevano a chiamarla con il suo nome.

«Volevamo solo dirti che non ci siamo mica scordati del tuo grande giorno».

Sua madre fece una pausa e CC udì suo padre ridacchiare in sottofondo. Scordarsi del suo compleanno? Non aveva pensato che potessero farlo... fino a quel momento.

La voce concitata della madre riprese: «I preparativi per la prossima crociera ci stanno facendo morire! Lo sai quanto ci mette tuo padre a fare le valigie». E poi, sottovoce e in tono cospiratorio, aggiunse: «Ma non ti preoccupare, tesoro, anche se non ti abbiamo spedito il regalo, siamo riusciti a preparare una sorpresina per la nostra venticinquenne preferita».

«Venticinquenne?». Suo padre parve veramente stupito. «Oh, santo cielo. Credevo ne avesse solo ventidue».

«Il tempo vola davvero, caro», osservò sua madre in tono saggio.

«Cavolo se è vero, tesoro», convenne lui. «Ecco un motivo per cui ti ho detto che è il caso che viaggiamo di più... ma è solo un motivo». Ridacchiò in tono allusivo.

«Avevi proprio ragione a proposito di quel motivo, caro», sospirò sua madre in tono scherzoso, dando all’improvviso l’impressione di avere molti anni di meno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 25, 2015 ⏰

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