Sudicio e stremato, Nicolò WC scese dal treno. Davanti a lui, la piccola stazione semi deserta della sua cittadina natale romagnola. "Come farò a ritornare a casa in queste condizioni?", si domandò cercando una soluzione al suo problema. L'attento lettore ricorderà che avevamo lasciato il nostro protagonista subito dopo essersi fatto ricoprire completamente di deiezioni umane. La più stringente delle sue urgenze, ora, era quella di trovare una toilette in cui rinfrescarsi, cambiarsi e possibilmente imbellettarsi. Ma come farlo? È noto che la provincia non offra molte opportunità di passare inosservati, figurarsi per un giovane coprofago appena stuccato da decine di escrementi.
- Hai bisogno di aiuto? -, disse una voce familiare alle sue spalle.
Nicolò sperò per un attimo che fosse Peppe, che aveva salutato frettolosamente, con una certa anticipazione di malinconia, solo alcuni minuti prima, e con la promessa, non si sa come, di rivedersi una volta rientrati a Milano. Invece, era l'anziano controllore. Nicolò WC, in un lampo delle sue sinapsi, ricordò distintamente il caldo getto di urina del vecchio che gli aveva aperto gli occhi verso un nuovo mondo marrone.
- In effetti sì -, confessò Nicolò cominciando ad eccitarsi. Quando aveva finito di pisciare, e poco prima che riponesse il pene nella patta della divisa, il ragazzo aveva osservato le dimensioni non comuni del controllore. Nicolò non diceva mai no ad un cazzo, e chiaramente non poteva negarsi a un membro considerevole. Assaporò i residui di feci, induriti e incrostati, che gli circondavano la bocca (per non parlare del resto!).
- Vieni con me -, disse il vecchio, offrendogli un galante occhiolino di altri tempi.
Tra i tanti dilemmi che sorgono dopo aver commesso un delitto, c'è sicuramente quello di nascondere il corpo in modo che non faccia odore. Spostare il corpo di Nicolò era come rintracciare una lumaca dopo la pioggia: lasciava una scia ben distinta, non visibile, ma di certo odorabile. Per sua fortuna, il controllore lo stava accompagnando verso un container posizionato in uno spiazzo a poca distanza, risparmiandogli così un notevole imbarazzo.
Varcata la soglia del prefabbricato, Nicolò trovò un ambiente spartano, abbastanza confortevole e funzionale alle sue necessità. Una piccola doccia era stata posizionata in un angolo del parallelepipedo d'acciaio e, spogliatosi di quel che rimaneva del suo pudore e dei suoi vestiti, aprì il rubinetto dell'acqua calda. Nicolò WC entrò sotto il getto della doccia, e cominciò a sciacquare via i residui fecali che gli pezzavano la pelle. Strofinò con forza, facendo scorrere sul suo corpo il velo d'acqua, che si diluiva in un colore giallastro come il risultato di una tubatura rotta, per poi riunirsi in un vortice più scuro attorno allo scarico.
Quando Nicolò prese un asciugamano e lo passò sul volto, si accorse che il controllore lo stava osservando. Era seduto su una sedia girevole. Maneggiava il suo grosso pene, che misurava oltre venti centimetri, e fuoriusciva dalla patta nascondendo i testicoli. Guardando Nicolò negli occhi, se lo sbattè ritmicamente sulla pancia inflaccidita dagli anni.
- Mi hai svuotato la vescica e l'intestino -, affermò il vecchio con aria di sfida, - ma non i coglioni.
Nicolò WC fece quello che, almeno fino a quel giorno, credeva di saper fare meglio: mettersi in ginocchio. Lasciando parte del cazzo, che impugnava con due mani, il vecchio lo redarguì con un gesto.
- No, l'altro buco.
Girando a quattro zampe su se stesso, come un cane addestrato per una mostra cinofila, Nicolò si posizionò di culo, offrendo all'attempato controllore la vista del suo ano liscio ma slabbrato da continua usura. I baffi canuti fecero un breve movimento destra-sinistra, pregustandosi la gioia di quel pertugio. Nicolò percepì che si era alzato in piedi, non tanto per il rumore delle scarpe di gomma, ma per le rotelle della sedia che raschiavano il pavimento. Improvvisamente, il grosso cazzo del controllore era tutto dentro il suo culo che, per quanto voluminoso, tondo e spazioso, non era abituato ad essere penetrato a secco. Il dolore intenso gli fece lanciare un grido acuto, degno di una "femmenella". Ma perché stava pensando a Peppe anche in quel momento? Non era forse meglio godersi quel dolore improvviso, concentrandosi solo sul piacere del gentile nonnetto? Non riuscì a rispondersi a queste domande, che il controllore stava già ansimando. Nicolò sentì le pulsazioni sollevargli la pelle dello sfintere, che abbracciava stretto quel membro imponente. Era venuto. Con cautela, il vecchio sfilò il pene da Nicolò, che cominciava, così, a rilassare la schiena. Quando fuoriuscì, fu accompagnato da un sbuffo d'aria proveniente dai meandri cavernosi del ragazzo. Nicolò arrossì. Poi avvertì una strana quiete: forse l'uomo si sentiva in colpa di quanto fatto. D'altronde, non era la prima volta che accadeva. Nicolò WC si faceva usare e scacciare, come se fare sesso con lui fosse una di quelle cose che i contadini fanno con le mucche: una necessità vergognosa. Rivolto il viso al controllore, scoprì con orrore la verità di quel silenzio.
- Mi hai smerdato! -, urlò l'anziano con disgusto.
Il grosso cazzo dell'uomo, ormai in fase discendente, era per tre quarti ricoperto di merda, che scivolava sia verso la punta del pene fino a gocciolare sul pavimento, sia verso il cavallo dei pantaloni, macchiandoli. Come avrebbe spiegato a sua moglie, che gli lavava la divisa ogni due giorni, una chiazza marrone proprio lì?
- Mi dispiace, amo! -, disse Nicolò cercando di simulare le lacrime, mentre con le mani afferrava le scarpe e la valigia.
Si precipitò fuori dal container non preoccupandosi di salutare il vegliardo, che quel giorno era stato così gentile con lui. Completamente nudo, frugò nella valigia e afferrò i primi capi che gli capitavano a tiro, senza badare all'abbinamento come avrebbe fatto in una situazione normale. Mentre si vestiva, un rivolo di sperma color castagna gli solcava una coscia.
I due giorni passati in famiglia furono senza eventi. Tentò di cercare, sulle consuete app di incontri, qualche ragazzo che potesse soddisfare la sua costante voglia di cazzo, e magari anche le sue nuove fantasie. Ma come esprimerlo a parole? Non voleva che la sua immagine profilo, cioè lui stesso, venisse associata a pratiche inaccettabili. Che cosa avrebbe detto la gente? Lo avrebbero giudicato, ma non come una puttana, cosa che accadeva abitualmente e che era capace di gestire con ironia. Essere una latrina umana era sicuramente molto diverso. Interruppe la sua ricerca. I pranzi e le cene con i parenti non erano più lo stesso. Il cibo era una necessità puramente fisiologica, un nutrimento senza gioia. Anche questo era cambiato rispetto a quando stava letteralmente morendo di fame sul treno. Sollevando un pezzo di carne con la forchetta, si scoprì a immaginare che la porcellana del piatto non avesse quella forma piana, ma piuttosto concava e spaziosa. Il suo braccio avrebbe dovuto immergersi fino al gomito per raccogliere con la posata il suo pasto, depositato semi sommerso sul fondo...
Salutati i parenti, Nicolò WC prese il treno che lo riportò a Milano. Il viaggio di ritorno fu decisamente diverso da quello dell'andata. Ma quelle sono esperienze che capitano una sola volta nella vita. O forse questa è la scusa usata dalle persone che non provano mai nulla di nuovo?
- Hai il cazzo grosso, amore? No? Meglio così, dai. -, disse Kang parlando al telefono con un cliente. Gli escort asiatici erano diventati estremamente popolari a Milano, e Kang era determinato a riempirsi le tasche. Dopo aver mentito un altro po' (nessuno crede davvero che agli orientali piacciano i microdotati) attaccò il telefono.
- Sei a casa? -, domandò Kang dopo aver sentito il rumore della porta che si chiudeva.
- Sì, amo, sono tornata! -, rispose Nicolò trascinando la valigia.
- Raccontami tutto, mi hai detto che sono state giornate top! -, gridò entusiasta Kang, mentre sopraggiungevano anche Li e Shi per ascoltare tutti i particolari piccanti delle avventure di Nicolò.
Kang, Li e Shi, come il lettore avrà intuito, erano i coinquilini di Nicolò, e condividevano un bell'appartamento in zona Navigli. Si erano conosciuti nella vecchia abitazione di Nicolò WC, invitati al suo compleanno da un amico comune. Ovviamente, come molte cose che hanno a che fare con Nicolò, la festa era degenerata in un'orgia (nota alle cronache come "l'orgia asiatica"), alla quale aveva partecipato anche Norberto Ragusa e il suo enorme randello. Ma di lui parleremo più avanti. Dopo questo avvenimento, si erano trovati così in sintonia da trovarsi una nuova casa e andare a vivere insieme.
Esili, passivissimi e indistinguibili tra loro (almeno per un occhio occidentale), Kang, Li e Shi erano a conoscenza solo di alcuni particolari delle recenti avventure di Nicolò WC, e cioè tutto tranne che la valanga di feci ingurgitata dal nostro eroe. In pratica, non sapevano nulla. Nicolò non era assolutamente pronto a fare coming out come mangiamerda, questo era un segreto che doveva restare celato. Via WhatsApp, erano stati informati dell'incontro con Peppe, ma anche della scopata con il controllore. Nicolò aveva però rivelato loro di come aveva accidentalmente immerdato il grosso membro dell'anziano. Era uno di quei particolari imbarazzanti che, chissà poi perché, i coinquilini finiscono per raccontarsi tra loro, forse per rafforzare un rapporto di goliardica convivenza (che è tale solo quando non si devono pagare le bollette).
- Ama, ma io credevo che tu fossi la regina dei clisteri! -, squittì Li.
- Raccontaci ancora come si fa, si imparano sempre cose nuove -, fece seguito Shi.
- Allora, ragazze, si parla di clist! -, cominciò Nicolò WC gigioneggiando in mezzo alla stanza, quasi fosse un santone nel momento del suo sermone più infervorante. - Come essere una power bottom ideale per non sporcare i cazzi di marrone. Allora, comprate una pompetta in farmacia per avere l'effetto desiderato, più sano possibile. Riempite la pompetta d'acqua, fatevi penetrare dalla puntina e spruzzatevi l'acqua nel culo. Poi svuotatevi. Fatelo due o tre volte, fino a quando il liquido che esce dal culo è trasparente. In quel momento vuol dire che siete libere di essere penetrate da qualsiasi cazzo e non dare nessun regalino!
- Ancora, ancora! -, applaudivano gli amici orientali, tra risatine acute.
Ma Nicolò era stanco e pensieroso. Kang doveva aver intuito qualcosa.
- E Peppe?
- Io innamorata -, disse Nicolò sconsolato, - e non ci siamo neanche scambiati il numero.
Kang, Li e Shi, lo lasciarono solo per pochi istanti. Quando tornarono, uno di loro reggeva un piatto pieno zeppo di escrementi. Nicolò andò nel panico: era stato scoperto.
- Ma perché fai quella faccia? Sono solo dei dolci, scema! -, esclamò Li stizzito, - Non ti ricordi? Tra qualche giorno ci sarà la gara della merda di quel pervertito di Lùcevan Benigno!
Benigno era il loro zimbello, un ragazzo che viveva a duecento chilometri verso Est. Di notevole bruttezza, Benigno non possedeva neanche la grazia della simpatia. Nonostante la manifesta superficialità dei quattro coinquilini, il motivo per cui Lùcevan Benigno veniva deriso non era il suo aspetto fisico, o tantomeno il suo carattere. Su di lui aleggiava un sospetto: era un coprofago. Gli amici si erano passati un suo audio in cui diceva "Lui ha cagato un sacco, ne ha fatta veramente un sacco, sulla mia faccia..." e circolava una fotografia che lo ritraeva con in mano un grosso stronzo fumante. Se prima Nicolò WC ne rideva, ora si sentiva confuso verso il suo passato atteggiamento nei confronti di un suo simile, di un fratello scat, ma anche eccitato al pensiero di quella foto. Li gli aveva ricordato che Benigno aveva organizzato, nella suo paese chiamato Castelbagno, una non ben specificata gara di coprofagia. Ed era sicuro di vincerla. Nicolò pensò di poterlo battere in qualsiasi momento, gustandosi così anche decine di escrementi di sconosciuti. Desiderò parteciparvi, pur cosciente che questa sarebbe rimasta solo una fantasia. Troppo pericoloso, poteva essere riconosciuto.
Con questa idea spalmata in testa, si fece un selfie con la bocca aperta davanti al piatto di finti escrementi. Poi lo pubblicò su Instagram con l'hashtag #mangiomerda. Talvolta, con uno scherzo, si dice la verità.
Continuava inesorabilmente a pensare a lui, Peppe. Al bar, al supermercato, in discoteca: in qualsiasi posto l'immagine di quel corpo perfetto, sia pure sminuito nella sua generale apparenza di guascona virilità da quel miserando piccolo pene, continuava a ossessionarlo. Aveva pensato persino di iscriversi in una palestra, una qualsiasi, con la remota speranza di trovarlo a sollevare pesi da centoventi chili. In ogni modo, la sua era un'idea stupida: in una città come Milano esistevano centinaia di palestre. Trovare quella in cui si allenava Peppe era più difficile che trovare un pezzo di cibo ancora intatto in una pila di escrementi. "Ma perché penso sempre alla merda!", si disse. Anche quella era divenuta un'ossessione. Forse persino più angosciante di quella per Peppe. Sapeva che era disgustoso ciò che aveva fatto su quel treno, eppure, come uno che fosse stato morso da un vampiro, adesso aveva bisogno di assaggiare di nuovo quel sangue marrone. Dice una nota canzone, molto amata dai cinquantenni, che certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. È così fu per Nicolò WC. La sua fissazione amorosa per il nerboruto sogno erotico si materializzò di nuovo un grigio martedì mattina, mentre era fermo in auto ad un semaforo, nel bel mezzo del traffico milanese. Temeva di arrivare in ritardo al lavoro. Non sapeva che, invece, era in perfetto orario per un appuntamento con il destino. Il semaforo era ancora rosso quando si accorse che qualcuno stava aprendo la portiera del passeggero e si sedette accanto a lui. Era Peppe.
- Zoccola! Meno male ca t'aggio truvato. Tengo i poliziotti alle calcagna!
- Shock! Peppe?! Ma cosa succede?
- Jamm' bell', moll' 'e cess' che non sei altro, muoviti a partire! Ho appena scippato una vecchia.
Nicolò WC partì sgommando, sicuro di aver preso un'altra multa. Arrivati a un incrocio, Peppe gli ordinò di girare a sinistra, e si infilò in un vicoletto ombroso. Nicolò pregustò la scopata proibita che si sarebbe fatto di lì a poco: in pieno giorno, con la possibilità di essere sorpresi, circondato dagli afrori delle pisciate dei barboni, immigrati e cani randagi. Ma non è quello che accadde.
- Lievate, famme guidà a mme! -, gridò Peppe spingendo Nicolò fuori dalla vettura.
Deluso dalla mancata spanatura da parte di Peppe, Nicolò WC fece il giro della macchina e si accomodò nel sedile del passeggero.
- 'A polizia me sta cercanno. M'aggio annasconnere pe cocche juorno. -, affermò Peppe mettendo in moto l'auto, senza avere un'idea di dove andare. Entrò in tangenziale, e seguì il flusso degli altri viaggiatori in attesa di un'idea migliore.
Nicolò se ne stava quieto al suo posto, ma la sua mente era tutt'altro che silenziosa. "Perché no?" pensava, "un paio di giorni ferie posso anche permettermeli. Ora che ho ritrovato Peppe, non posso perderlo. Devo dimostrargli quello che sono, e c'è solo un modo per farlo".
- Prendi l'autostrada verso Est -, disse Nicolò WC - andremo a Castelbagno.
Pur non avendo ancora idea di come mantenere l'anonimato durante la competizione, Nicolò si era deciso a partecipare alla gara della merda di Lùcevan Benigno. Per una volta, Peppe fece quello che voleva Nicolò. Nonostante la distanza non fosse così proibitiva, guidarono per tutta la mattina e per buona parte del pomeriggio. Un incidente aveva rallentato la loro corsa verso la competizione coprofila: la loro auto, come centinaia di altre, era bloccata in una stipsi di diversi chilometri. Quando l'autostrada si liberò, ormai era sera.
Nicolò WC cominciava ad avere fame, la sua bocca aveva bisogno della sua dose di cazzo. Era la prima volta in cui lui e Peppe erano veramente da soli. Doveva averlo tutto per sé, e tutto piantato in gola. Così, Nicolò appoggiò una mano sul pacco di Peppe, e cominciò a stringere.
- Lassame stà -, mormorò Peppe con poca convinzione.
Nicolò sperava di suscitare una reazione, di sentire i pantaloni di Peppe indurirsi alla presa della sua mano. Questo non avvenne, ma la mano del ragazzo abbassò la zip, per rivelare il cazzo moscio che tanto aveva sognato in quei lunghi giorni di privazioni. Si abbassò prendendolo in bocca e assaporando il prepuzio con le labbra. Adagiandosi tra le gambe di Peppe, la leva del cambio, dura per natura, gli trafiggeva lo sterno. Nicolò era così eccitato che, se fosse stato possibile, e in qualche modo comodo, se la sarebbe infilata tutta in culo. Continuò a succhiare avidamente il pene del muscoloso amico, attendendo l'insperata erezione che avrebbe portato, al suo apice, a gustosi fiotti proteici. Da sotto le palle di Peppe, Nicolò sentì provenire un calore inaspettato, seguito da un forte odore di uova e formaggio stagionato. Peppe aveva scoreggiato. Rimanendo così, con il cazzo in bocca, Nicolò assaporò quell'esalazione rettale con entrambe le narici, facendolo diventare l'ossigeno per la sua apnea. Mugolò forte, e costatò l'aumentata umidità del suo ano, come se Peppe gli avesse scaricato in gola una decina di corposi schizzi invece che un forte vento intestinale.
- Staccati, che ci dobbiamo fermare. Aggia piscià!
Posizionatosi sul suo sedile con ancora addosso il marchio della flatulenza, e con una fortissima erezione che gli tormentava gli skinny jeans, Nicolò WC osservò che Peppe si stava dirigendo verso un piccolo autogrill isolato e poco illuminato che aveva il nome di Bugo Est.
Davanti alle pompe di benzina, cinque corpulenti camionisti chiacchieravano placidamente tra di loro, mentre le loro imponenti vetture erano parcheggiate a poca distanza in fila verticale. Peppe ordinò a Nicolò di restare nei pressi dell'auto, e si avviò verso il gruppetto di uomini. Il ragazzo non riusciva a sentire distintamente quello che si dicevano in quella che sembrava una conversazione tra vecchi amici: risate e pacche sulle spalle. Solo ogni tanto la voce baritonale di Peppe sovrastava il vicino rumore di fondo dell'autostrada. In uno di quei momenti, Nicolò riuscì a distinguere chiaramente solo un "Vabbuò, mo ce penz' io!".
Nicolò WC si accorse che tra i camionisti non c'era soltanto una tipica complicità maschile, ma anche una curiosità rivolta alla sua persona, che si concretizzava in lunghe occhiate che lo esaminavano da capo a piedi. I cinque uomini lo scrutavano senza poesia. Nicolò si immaginò di mettersi carponi tra un camion e l'altro, come una grossa gatta in calore in una notte estiva. Gli uomini si sarebbero poi sistemati in fila indiana e, a turno, gli avrebbero infilzato le chiappe con i loro pistoni di carne, riempiendogli il serbatoio di calda benzina testicolare. Avrebbe sentito le loro pance appoggiarsi e sbattere ritmicamente sul suo osso sacro, trovando così un breve sollievo dopo tutte le migliaia di chilometri percorsi.
- Va' dint' 'o cess'! -, ordinò Peppe con un grido.
Senza esitare, Nicolò si avviò verso i gabinetti dell'autogrill, che erano situati dalla parte opposta rispetto alle pompe di benzina, sul lato periferico di quello che doveva essere un bar, ma che sembrava completamente deserto. Passando davanti ai camionisti, Nicolò sentì i loro occhi che lo accarezzavano come facevano abitualmente con le numerose foto di donne nude attaccate negli abitacoli dei loro autocarri.
La prima cosa che Nicolò WC notò del bagno dell'autogrill era la scritta "Guasto", fatta con un pennarello, e posizionata sulla maniglia della porta. Entrato, capì la portata eufemistica di quell'insegna. Le porte dei sanitari erano tutte divelte, incrostate di scritte oscene (come "Beky l'unica kommessa puttana ke paga x farsi skopare") e schizzi di varia natura. Il pavimento sembrava essere stato pulito in modo approssimativo, con le tracce del mocio ben visibili in grosse pennellate sulle mattonelle bianche. I water, e soprattutto gli orinatoi, traboccavano di urina e feci di varia consistenza, che galleggiavano sul bordo in attesa di poter esondare a terra ad ogni nuovo utilizzo. Nicolò non sapeva se sentirsi in una chiesa o in un negozio di caramelle. Nel primo caso, avrebbe voluto immergersi in quel magma giallo-marrone, in modo da battezzarsi di nuovo. Nel secondo caso, con le mani a coppa, avrebbe raccolto i liquami per poi portarseli alla bocca, abbuffandosi con ardore. Una luce di un neon cominciò a traballare, rendendo l'atmosfera ancora più buia. Nicolò sentì i passi decisi di Peppe, che di lì a poco si materializzò nei gabinetti. Peppe lo afferrò per la gola, e lo fece sedere violentemente per terra. Nicolò sentì i jeans che si bagnavano, ma non per l'eccitazione della sua fica anale, ma per le defecazioni strabordate sul pavimento. La testa di Nicolò fu spinta contro un orinatoio, in modo che i capelli della sua nuca fossero immersi nelle putide escrezioni prodotte dalle decine di uomini che, in precedenza, avevano visitato quel cesso.
- Jamme ja, arape 'sta vocca! -, intimò Peppe in piedi davanti a lui, allargando le gambe e abbassandosi la zip.
Estratto i piccolo membro, cominciò una corposa pisciata il cui getto finiva direttamente nella gola di Nicolò. Senza riuscire davvero ad assaporare l'ambrato nettare di Peppe, Nicolò WC sentiva il liquido gorgogliare nella sua faringe, producendo schizzi che gli colpivano l'interno delle guance. Piccole gocce si depositavano ai lati della sua bocca, per poi incontrarsi sul mento formando un rigagnolo dorato. Per tenere l'equilibrio necessario a ingoiare tutto il piscio, Nicolò dovette spingere la testa ancora più dentro l'orinatoio, provocando delle onde nel putridume contenuto a stento dalla coppa del vespasiano, che finivano poi per frangersi sulle sue spalle, inzuppandogli la maglietta.
- Stasera sì 'o cess' d' 'o nuosto. -, disse Peppe sistemandosi il cazzo nei pantaloni.
Da dietro la schiena, il palestrato estrasse il cartello con scritto "Guasto", che prima era sulla maniglia dell'entrata e sul quale aveva scritto, dal lato opposto, la parola "Gabinetto". Scavalcando la testa di Nicolò, glielo appese al collo. Quest'ultimo, ebbro dell'ambrosia di Peppe, udì il voglioso ansimare di qualcuno che non riusciva a vedere, perché l'imponente corpo dell'amico eclissava il resto. Si rivelò essere uno dei camionisti, che li aveva raggiunti di soppiatto.
Il camionista armeggiava con una mano nel retro dei suoi jeans logori. Quando estrasse la mano, due dita erano completamente ricoperte di merda vischiosa e di un intenso color nocciola. A lunghi passi, si avvicinò a Nicolò, che era ancora seduto nella sua pozza di turpitudine. Alla vista di quel dito insozzato, Nicolò WC vi sovrappose l'immagine del grosso cazzo smerdato del vecchio controllore. Il destino gli stava proponendo un'occasione per espiare. Nicolò tirò fuori tutta la lingua che gli era possibile, e cominciò a leccare le dita del camionista, assaporandone ogni durezza e ogni vellutata delizia. Pulita completamente ogni falange, l'uomo trascinò Nicolò fuori dal bagno, seguito da applausi e cori da stadio dei quattro colleghi. Spinse Nicolò dentro al suo camion e, adagiatolo per terra, si slacciò i pantaloni scoprendo un sedere piatto e peloso. Con le chiappe piantate in faccia, il ragazzo sentì il familiare odore di escrementi pervadergli le narici, ed ebbe l'istinto di tirarsi fuori il cazzo in modo da potersi masturbare. Non lo fece: questo tipo di uomini della strada possono essere pericolosi, e non si sa come avrebbero potuto reagire. Mentre le feci dell'uomo cominciavano a strisciare sulla sua lingua, Nicolò si godette il languore della sua erezione senza soddisfarla. La merda completò il suo breve tragitto, rimanendo imprigionata tra i molari di Nicolò, che masticò per saggiarne la fragranza prima di ingoiare. Il camionista, poi, lo spinse giù dal camion, dove lo attendeva il secondo uomo. Nicolò capì che la sua fantasia di essere fottuto a staffetta si sarebbe in effetti avverata, ma in modo diverso da come aveva immaginato: sarebbe stato il loro water portatile, da palleggiarsi di camion in camion in un turbine di cagate.
Il secondo camionista lo fece stendere a terra, e si sedette su di lui in modo che gli occhi di Nicolò spuntassero da sotto le palle. La cosa aveva un puro valore di fantasticheria, perché, come gli altri, anche quest'uomo era piuttosto grasso, e la parte del volto di Nicolò non impegnata ad aspirare l'ano del rude maschio, rimaneva sommersa dal suo adipe addominale. Gli donò più soddisfazione del primo, perché la sua cagata comprendeva un numero imprecisato di emissioni gassose che insaporivano il pasto.
Il terzo conducente aveva un camion più ordinato dei due precedenti, ma sembrava anche più nervoso. Nicolò si sentì in pericolo. Cosa sarebbe successo se lo avesse aggredito? Peppe sarebbe stato lì per lui? Le preoccupazioni si rivelarono vane, perché quest'uomo confessò, con un certo imbarazzo, di aver problemi di stitichezza. Senza darsi per vinto, e con una certa prontezza, Nicolò notò che nei pressi di uno scatolone giaceva un clistere. Riempitolo d'acqua, infilò la pompetta nel buco dell'uomo, per poi avvicinarci le labbra. Nicolò sentì le contrazioni dovute allo sforzo, per poi ricevere una calda ondata di acqua insaporita di feci. Man mano che lo stronzo usciva, con grande fatica, dall'ano dell'uomo, Nicolò WC lo aiutò in quella complicata defecazione mordendo l'escremento, staccandone dei piccoli pezzi coi denti. Fece questo fino alla fine, che tra i brontolii sembrava non arrivare mai, con la soddisfazione di aver aiutato un uomo in difficoltà.
Il quarto camionista sembrava il più spavaldo di tutti. Era quello che, ogni volta che Nicolò veniva spinto da un autocarro all'altro, produceva gli schiamazzi più forti. Staccato dal gruppo, e rimasto solo con il gabinetto umano, era invece timido. Aveva un atteggiamento infantile che si manifestava con il guardarsi spesso i piedi, come se avesse ricevuto una punizione dopo una marachella. Rivelò a Nicolò di non essere davvero Giuliano, l'efficiente trasportatore di utensili da cucina. Il suo vero nome era Sissy Stephania. Lasciato solo Nicolò per qualche istante, che non capiva a pieno la situazione, Giuliano ritornò completamente vestito da bambina: un ampio vestitino rosa con il pizzo, una cuffietta bianca dalla quale spuntava una brutta parrucca nera, liscia e con la frangia, e delle scarpine di vernice abbinate. Alzatosi il vestitino, rivelandosi sotto completamente nudo, Giuliano chiese a Nicolò se voleva essere il suo vasino da notte. Una volta nutrito il nostro affamato mangiamerda, gli chiese di pulirlo come avrebbe fatto la mamma. Nicolò completò l'opera leccandogli l'ano, facendo ben attenzione a nettare la numerosa peluria incrostata dal passaggio fecale.
Il quinto e ultimo camionista accolse Nicolò infilandogli la lingua in gola. Nicolò pensò "Shock, è frocio! Vuole scopare!", deluso dal fatto di non poter mangiare altra merda. Si aggrappò a Nicolò WC e gli calò i pantaloni, facendo sobbalzare il suo pene ancora indurito dall'eccitazione stercale.
- Ora tu mi caghi in bocca! -, disse il quinto uomo in un turbine di violenta eccitazione.
Nicolò cercò di divincolarsi, invano. La stretta del conducente era troppo forte, e premeva le natiche del ragazzo contro la sua faccia, sperando di riceverne una sontuosa cagata. Nicolò urlò con tutta la forza che disponeva, facendosi scappare una piccola scoreggia che lasciò l'uomo a mugolare d'estasi.
Peppe fece irruzione nel camion, allontanò Nicolò con una spinta e diede all'uomo un pugno così forte che lo mandò immediatamente riverso a terra.
- Però 'e cinquanta euro m' 'e teng' io, strunz! -, urlò Peppe al quinto camionista sbattendo le porte del traino.
Nicolò capì che, mentre confabulavano, Peppe si era accordato con i camionisti in modo che gli dessero cinquanta euro ciascuno. In cambio avrebbero avuto un wc umano tutto per loro.
Asciugatosi con la manica un baffo di merda che gli impiastricciava un lato della bocca, Nicolò rientrò nella sua macchina. Peppe lo guardò e gli strinse le guance con la possente mano con cui, poco prima, aveva colpito un uomo, salvandolo da qualcosa che non avrebbe voluto. Era anche vero, però, che Peppe lo aveva sfruttato, gettandolo in un mercimonio fecale che non sapeva se desiderare o meno. Peppe girò la chiave, mise in moto e partì a tutta velocità. Castelbagno era vicina.
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Scrotology 4: Racconti Incompiuti
SpiritualC'era una volta Alessandro... A cura di Idc, Smaug, Luca, Sgum, Yuri, Inner tide