Prologo

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Gabriele si stava accendendo la seconda sigaretta di fila quando vide l'inconfondibile Lamborghini gialla avvicinarsi stridendo sulla strada sterrata che proprio non le si addiceva. In pochi secondi l'auto lo raggiunse e si fermò, alzando un po' di polvere, a pochi metri dalla sua Mercedes, che a confronto sembrava un giocattolo.
L'apertura teatrale dello sportello lasciò la scena a Spadino Anacleti e alle pesanti catene dorate che gli pendevano al collo.
<<Me sembri Batman Spadí>> lo salutò Gabriele con un sorriso sincero, facendo riferimento alla macchina nuova. L'altro ragazzo tentò di reprimere una risata per darsi un tono e scese dal comodo sedile in pelle, poi diede un pacca calorosa sulla carrozzeria dorata: <<Visto si, che giocattolino!>>.
<<Te tratti bene vedo>> aggiunse Lele lasciando cadere per qualche secondo gli occhi su quell'auto da sogno. Di fronte all'ostentazione di Spadino non poteva fare a meno di invidiarlo, seppur in un remoto angolo della sua mente: la sua vita non era tutta supercar e gioielli.
Spadino aveva sempre le mani in tasca e Lele sapeva che in una delle due stava stringendo il suo inseparabile coltello a serramanico. Lui non era venuto armato a quell'incontro, sapeva di non averne bisogno, ma quell'atteggiamento da parte dello zingaro riusciva sempre a metterlo un po' a disagio, nonostante lo conoscesse ormai da molto tempo.
<<Stamo a aspettá Aureliano come al solito?>> domandò Spadino per rompere il silenzio che si era creato dopo quel primo scambio di battute. <<No Spadí, veramente devo parlá co te>> disse Gabriele. Era chiaro che fosse a disagio dalla velocità con la quale infilò a sua volta le mani in tasca e puntò per un secondo lo sguardo a terra mentre parlava.
<<E allora dimme su, che nun c'ho tutto il giorno da perde>> Spadino si fece improvvisamente sbrigativo.
<<Te vole parlá il Samurai>> sputò fuori Lele, e solo dopo aver scaricato la patata bollente riuscì a posare nuovamente lo sguardo sull'amico in attesa di vedere la sua reazione.
<<A me? E che me deve dì?>> Spadino era visibilmente e giustamente sorpreso. Era già un evento che il Samurai avesse iniziato a parlare con suo fratello Manfredi per questioni di affari, dopo che per anni gli zingari non erano stati ritenuti degni di contrattare con le famiglie di Roma, si chiese cosa poteva volere da lui, che nel suo clan non aveva quasi nessun potere decisionale, o quantomeno non sulle questioni importanti.
<<Non c'ho idea, mica me dice un cazzo a me. Dovevo solo farti sapere che te vole parlá>> Lele era sincero e Spadino gli credeva perché il Samurai non si era mai fidato del ragazzo di Roma. Lo zingaro mise su la sua solita faccia da spaccone, quella che usava nelle situazioni in cui era in difficoltà ma voleva dimostrare agli atri il contrario.
<<E allora ce parlo, certo che ce parlo>> mentre parlava simulò un inchino teatrale con le braccia, un suo tipico gesto, e si sfiorò distrattamente la cresta con le dita.
Lele sembrò sollevato dalla reazione dell'altro, evidentemente si aspettava di vederlo incazzato e sapeva che non sarebbe stato piacevole ritrovarsi in un posto isolato con Spadino mal disposto e un coltello a sua disposizione. D'altro canto, ambasciatore non porta pena.
<<Devi incontrarlo al maneggio, ti aspetta domani mattina...>> non fece in tempo a finire la frase che Spadino lo interruppe ghignando: <<No no, dije ar capo tuo che Spadino nun ce sta a li comodi sua: parlamo quando c'ho tempo de parlá>>.
Lo zingaro fece per voltarsi, togliendo finalmente le mani dalle tasche della felpa, e rientrare in macchina ma Gabriele lo trattenne per un braccio <<Spadì nun lo prende sottogamba, è del Samurai che stamo a parlá. Io nc'ho idea de che te deve parlá ma evita de sfidallo>> gli disse, quasi come una confidenza, sinceramente preoccupato per il comportamento dell'amico. Gli si leggeva negli occhi, puntati in quelli scuri di Spadino, che non si aspettava nulla di buono da tutta quell'insolita storia. Spadino si scostò dalla sua mano come se scottasse, guardandolo male <<Grazie Lele, ma co gli affari so più capace io de te, e nun me faccio spaventá da un vecchio demmerda>>.
Lele decise di non aggiungere altro, tanto sapeva che non sarebbe servito con la testa dura che si ritrovava Spadino, e guardò l'amico allontanarsi a bordo della sua auto fin troppo appariscente.

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