Prologo. Io non voglio essere

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Ho perso ogni speranza: in me stesso, nelle persone e nel mondo. Da tempo non vedo più alcuna via d'uscita, posso solo immaginare un declino più o meno rapido di tutto ciò che mi sta attorno. Se negli anni Ottanta ero il classico moccioso che si esaltava per ogni cosa, crescendo ho imparato a ingoiare i miei sogni in favore di una convivenza forzata con i vizi e i difetti altrui.

All'inizio ti dicono di sopportare e integrarti, di diventare come loro, altrimenti ti attende un destino da asociale, fallito, reietto della società, incapace di costruire relazioni stabili col prossimo...

Sapete che vi dico? Che ci ho provato, ho finto quello che non ero pur di stare in mezzo alla gente e qual è il risultato? Che il mio destino di fallito e reietto non è cambiato di una virgola. Non solo mi sono preso delle grandi spalate di merda in faccia e la mia pazienza si è dissolta, ma ho bruciato tutte le possibilità che avevo per poter vivere nella cosiddetta società civile.

Non ho potuto lavorare da chissà quanto e ho perso ogni prospettiva: più il tempo passava, più diventavo l'ombra di me stesso. Nessuno mi voleva assumere perché ero troppo vecchio.

I miei coetanei erano felici delle loro vite su misura e non perdevano occasione nel rinfacciare quanto successo avessero ottenuto. Avete vinto, siete contenti? E allora perché continuate a cercarmi? Che cosa volete da un miserabile? Il vostro ego è talmente infelice e disturbato che necessita di continue conferme confrontandosi con chi non ce l'ha fatta?

Gli ipocriti e chi vuole sentirsi in pace con la coscienza vi diranno che c'è sempre un'alternativa o una possibilità da cogliere, che non bisogna abbattersi e lottare per migliorare la propria condizione: puttanate! O avete qualcuno che vi salva il culo e vi spiana la strada, o potrete precipitare nell'abisso che vi siete scavati. A nessuno fregherà nulla se non a emulare qualche lacrima quando farete compagnia ai lombrichi.

Murphy aveva ragione: non potete vincere, non potete pareggiare e non potete nemmeno abbandonare; ciò che vi aspetta sarà solo una serie infinita di batoste che non termineranno nemmeno quando sarete all'altro mondo.

Da quando ho iniziato a detestare il mondo? Per rispondere a questa domanda serve un atto d'onestà. Bisogna ricordarsi che, anche da piccolissimi, è possibile provare autentica disperazione.

Ci si rende conto che la vita è una pila che si scarica e non c'è modo di ricaricarla, che tutto prima o poi si romperà e che quello che ti fanno vedere nei fumetti e in televisione è falso: non hai superpoteri, non puoi praticare la magia, non puoi conquistare l'universo e non puoi nemmeno sgozzare quel maiale del tuo vicino di casa che finiresti nei casini.

Ti rendi conto che i tuoi compagni di classe sono dei dementi che non vedono l'ora di prendersela con qualcuno: a volte la vittima sei tu, a volte ti unisci a loro, a volte fai la spia.

Il giochetto andrà avanti all'infinito perché a nessuno importa che venga inculcata la disciplina e sia imposto lo spirito di squadra, finché non ti beccano continuerai a farla franca.

Non parliamo poi della cancrena chiamata "relazioni umane": non puoi dire quello che pensi, non puoi dire quello che vuoi, non puoi essere come desideri, non puoi fare quello che ti pare perché nel migliore dei casi ci sarà una competizione spietata e ci sarà sempre qualcuno in vantaggio rispetto a te.

Per tutto il resto gli aggettivi si sprecano: insopportabile, disadattato, anormale, psicopatico, megalomane, arrogante, ecc.

Se ce la farete a mantenere un profilo basso buon per voi, ma attenzione ai cercatori di rogne: se si accorgono che non siete come apparite, che vi trattenete, oppure non volete aver a che fare con loro, avranno trovato un nuovo giocattolo; o trovate l'alchimia perfetta bilanciando cosa, come e quando dire, o dovrete metterli con le spalle al muro.

O stabilirete i confini, oppure brameranno vendetta, anche quando il torto lo hanno commesso loro.

Nel caso in cui riusciste a sopravvivere e a trovare una dimensione per voi, potreste addirittura otterrete la cosiddetta indipendenza economica, altrimenti ogni istante della vostra vita sarà una coltellata alla vostra pazienza, voi sarete sempre dalla parte del torto perché i soldi ce li avranno sempre gli altri.

Non importa quanto impegno abbiate profuso o quanto vi siate sforzati per realizzare i vostri obiettivi, se non ce la fate avete fallito e non tarderanno a rinfacciarvelo.

Se poi nascete con dei difetti fisici o per una semplice umidità il vostro ginocchio si trasformerà in un pallone afflosciato, sarete etichettati come un peso, parassiti che scroccano alle spalle di quelli bravi.

Non solo soffrirete, ma sarete costretti a sorbirvi i: "Li hai i soldi per le cure?", o "Sono vent'anni che ho mal di schiena, eppure vado avanti senza lagnarmi come fai tu!"

Ora che vi siete fatti un'idea generale, vi do una notizia: non sono mai stato un pregiudicato. Confesso che avrei commesso con estremo godimento un'infinità di crimini e che avrei ricevuto la gratitudine di molti, però non ero ricco e non avevo il potere o le amicizie giuste, limitandomi a percorrere l'esistenza verso il solito baratro.

La stanchezza di vivere, la frustrazione, le continue insoddisfazioni, la convivenza con individui squallidi e la mancanza di qualunque prospettiva svuotano le persone trasformandole in fantocci incapaci di pensare ad altro, se non a come farcela per campare un giorno di più.

Proprio quando avevo superato il limite del sopportabile e il martellante battito cardiaco mi impediva di prendere sonno, decisi di concedermi un ultimo viaggio, poi, chissà.

Clarent, il signore della fecciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora