IV

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"Le sono piaciute, signorina?" domanda. Mi guardo intorno, solo io sono ferma vicino a lui immobile, quasi come una stupida. Direi che sta parlando proprio con me.
"Oh, sì. Parecchio. A me piacciono le canzoni di Tom Felton."lo informo, avvicinandomi "Lei è molto bravo.".
Si mette a ridere: "Lui, però, non è un granché."commenta, divertito.
Incurvo le sopracciglia: "Stava cantando le sue canzoni però." rispondo fredda e turbata da quell'affermazione. Mi domando con che coraggio dica questo riguardo a Tom e prenda addirittura in prestito i suoi testi.
"Oh, sì. Ma no, non mi piace." arriccia al naso, divertito. Credo che gli piaccia tanto infastidirmi.
"Eppure lei canta le sue canzoni." ribatto. Poi mi domando cosa ci faccio ancora qua a discutere con un musicista di strada riguardo ai pezzi del mio artista preferito. Alla fine deve cantare quello che vuole, la carriera è sua.
"È solo un Draco Malfoy, alla fine." commenta ancora, ridendo.
"Solo un Draco Malfoy?!"esclamo, stringendo i pugni "Ma sa che c'è... La pensi pure come vuole. Io non la capisco. Eppure è così bravo a cantarle.". 
La sua risata si fa sempre più forte e divertita. "Mi può aiutare a prendere tutti gli attrezzi?"domanda,mettendo la chitarra, chiusa nella custodia, sulle spalle. 
"Mi chiede anche di aiutarlo?" domando, incrociando le braccia al petto. 
Annuisce: "Non ce la faccio a portare tutto, vede che ho le mani occupate.".
Non abbandona nemmeno un secondo quel sorriso sfacciato che si è stampato sul volto.
"Prima come ha fatto a sistemare tutto qua? Ha chiesto aiuto ad un'altra persona facendole commenti insensati su Tom?" continuo a domandare, infastidita. Se Noah o Annalisa sarebbero stati con me, mi avrebbero preso per un braccio e mi avrebbero portata via con tutta la forza che hanno. Ma non ci sono, quindi posso continuare la mia discussione con questo sconosciuto.
Ride ancora.
"Prima mi infastidisce dicendo che Tom è solo un Draco, che le sue canzoni non le piacciono, dopo aver cantato più di mezz'ora i testi stessi,e ora mi chiede se gentilmente la aiuto nel portare tutto al posto?" continuo a borbottare. Arrivo a pensare che io stia discutendo con il vuoto. Ma lui ha il coraggio di annuire, poi anche di aggiungere: "Non se ne pentirà, ne sono convinto.". 
"Addirittura." commento di scherno.
"In cambio la porterò a prendere un tè, conosco un posto buonissimo." mi sorride ancora, cercando di convincermi in qualche modo. Mi ci andrebbe un tè, sinceramente. Devo ammettere che durante la giornata ho pensato più volte di recarmi in qualche afternoon tea, visto che quello delle macchinette è acquoso e sempre con troppo poco zucchero. Ma non posso accettare, questo ragazzo mi ha già fatto andare in collera abbastanza e più non so minimamente chi sia. 
"So che sotto sotto vorrebbe accettare. Ma così mi farò anche perdonare. E poi non credo che una ragazza che si metta a discutere del proprio beniamino, abbia così tanto da fare." prosegue, come se riuscisse a leggermi nellamente. 
"Scusa?!"esclamo, incrociando le braccia al petto. Non ha tutti i torti, alla fine a casa non ho nessuno che mi sta aspettando. Annalisa tornerà tra un'ora e a me non tocca che attenderla leggendo qualche libro per smorzare la noia.
"Dai, solo un tè. Non sono un maniaco, se vuole le lascio pure il numero in caso mi volesse denunciare." cerca di convincermi ancora.
"E... va bene dai. Il numero non mi interessa, grazie. " cedo. Non so cosa mi abbia convinta così tanto, ma mi ritrovo a stringere tra le mie braccia lo sgabello e a seguire quello sconosciuto verso una strada più deserta. 
"Non abito molto distante da qua." mi dice, svoltando un angolo, poi un altro e poi ancora un altro. I miei piedi credo che se avessero una bocca per parlare, si lamenterebbero di questo infinito tratto.
"Prendere un pullman o magari una metro?" domando, cercando di non incastrare il tacco in alcuni tombini.
"Non sono molto per me quei mezzi." mi riferisce, girandosi verso la mia direzione. Accenna un sorriso, credo che la mia situazione lo faccia divertire abbastanza. 
"Va be, cosa devo aspettarmi da un ragazzo che ha gli occhiali da sole anche la sera." lo riprendo ancora "Ma allora una macchina? Nemmeno quella fa per lei?". 
"No, quella ci può stare." risponde con nonucaranza  "Ma era una bella giornata, mi fa bene camminare un po'". 
"A lei, non a me." lo correggo, e lo sconosciuto rimane in silenzio continuando a camminare per la sua strada. 
Dopo ancora qualche chilometro e dopo varie lamentele uscite dalla mia stessa bocca, diverse case a schiera si presentano davanti ai miei occhi. Ci fermiamo davanti ad una di esse. È ristrutturata molto bene, le sue pareti esterne sono di un colore più chiaro ed è lontano dalla confusione della grande via principale. 
"Non la faccio entrare perché ci sono ancora un po' di scatoloni." mi riferisce. 
"Non sarei entrata comunque, non si preoccupi." mostro un sorriso sfacciato e lui si mette a ridere. 
Nel frattempo che sistema i suoi strumenti dentro l'abitazione, mi guardo intorno. Non ero mai stata qua: c'è pace, le persone che passeggiano rimangono in silenzio. La coppietta alla fine della strada si stringe la mano mentre si osserva intorno, facendosi trasportare dall'atmosfera dolce e rilassante.
"Sono pronto." riferisce, mentre chiude la porta e mi raggiunge. 
"Spero che il posto non sia ancora più lontano." dico, sospirando. 
"Non si preoccupi. Appena finite quelle case." indica e mi affido a quell'indicazione.
"Non è un posto affollato, per fortuna." sorride ancora, mentre camminiamo in quella direzione. 
"Per fortuna." ripeto, sospirando. Devo dire che è di parola. Dopo qualche minuto, ci ritroviamo davanti alla porta d'ingresso. Al suo interno non c'è davvero nessuno, se non una famiglia di tedeschi che ride e scherza nella propria lingua. 
"Maguarda un po' chi c'è." sorride il signore all'ingresso. È un uomo alto, con una folta barba grigia ben pettinata. I suoi capelli sono,invece, più scuri e gli occhi si differenziano per il loro colore verde chiaro.
"Grande Joseph!" lo saluta lo sconosciuto. Da quanto ero presa con i suoi modi meschini di comportarsi nei miei confronti e con le sue riflessioni sbagliate su Tom, non ho nemmeno avuto il tempo di chiedergli come si chiama. 
"Ti ho prenotato un tavolo al piano di sotto, è meglio." borbotta Joseph, sorridendomi. Forse si starà chiedendo chi sono. Ma dalla sua affermazione, capisco che questo ragazzo aveva già avvertito del suo arrivo e sicuramente non si è ostinato a mettere una parola sul mio conto.
Scendiamo delle scale ben ricamate, arrivando in una sala ancora più ben allestita di quella al piano superiore. Le sue pareti sono decorate con quadri antichi e dei ragazzi sono posti al di là del grande bancone pieno di paste e dolcezze varie. 
I tavoli sono ben apparecchiati e riprendono tutti il colore rosa pastello. Devo ammettere che è un luogo molto accogliente. 
"Direi che qua puoi toglierti tutto." sorride Joseph, poi mi guarda e borbotta: "Buon afternoon tea, ragazzi.". Ringrazio con un sorriso e guardo lo sconosciuto. 
"Adesso è più sensato che lei tenga gli occhiali per la luce che c'è." correggo quello che gli aveva consigliato Joseph,con un sorriso malizioso.  Lui si mette a ridere e si stringe nelle spalle.
Prendo il menù e guardo tutte le specialità di tè che ci sono in questo posto. Devo ammettere che è difficile scegliere quale preferire.
"Io credo che pr...".
Un brivido percorre la mia schiena, il gelo cresce nelle vene e il mio cuore perde improvvisamente un battito. I miei occhi cercano di capire, cosa?
Non so se è solo un sogno.

Non so se sei solo un sogno || Tom FeltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora