Tornare o non tornare? È questa l'unica domanda che mi balena nella testa da ore. La mia testa è piena di pensieri e io mi sento diviso a metà. Il mio cuore mi dice di tornare, perché rivederla di nuovo sarebbe come tornare a respirare, ma il mio cervello mi implora di non farlo. Non so più niente di lei, non so dove sia, cosa stia facendo e con chi. E il pensiero che possa stare con quell'essere così spregevole, mi provoca rabbia e dolore. Mentre i pensieri prendono il sopravvento su di me, mi rendo conto che è quasi un anno che manco da casa e a me sembra passato molto di più. Sono cambiate tante cose in questo anno, forse sono cambiato io, ma l'unica cosa che è rimasta immutata è il mio amore per lei. Sono scappato per sfuggire dai miei sentimenti ma non ha funzionato. Il mio cuore è ancorato a lei, e sono consapevole che sarà così per sempre.
Rimango seduto sulla prua per un tempo indefinito ad osservare l'orizzonte, ma alla fine decido. Tornerò in Turchia e resterò solo il tempo necessario per sistemare definitivamente la mia barca, poi ripartirò. A quel pensiero il mio corpo si muove automaticamente, senza che io possa dargli il tempo di far passare il comando per il cervello. Torno alla plancia di comando, metto in moto e comincio a navigare. La barca mi da ancora qualche problema, sento ancora dei rumori ma credo di riuscire ad arrivare a destinazione senza troppi problemi. Controllo le mie carte nautiche e, dopo aver stabilito la rotta più breve verso quella che era casa mia, mi metto al timone e continuo a navigare. Il tempo appare buono e la temperatura inizia ad essere mite. Ma ho imparato tanto durante questo anno, le apparenze ingannano, e so che potrebbe piovere. Sento uno stormo di uccelli canticchiare sopra la mia testa. Sono tornati a casa dopo un lungo freddo. È così che mi sento. Un uccello che è migrato in paesi caldi per sopravvivere all'inverno. La mia mente torna al mio uccellino del mattino, sorrido a quel pensiero, ma quando mi rendo conto che potrei non trovarla più, il mio cuore torna ad essere cupo. Continuo a navigare e avvisto una costa. È la Turchia.
Sento la nostalgia invadermi il corpo, e in un attimo mi ritrovo risucchiato in un vortice di ricordi. Penso a lei, ancora, a quel nostro amore così puro e forte ma così ostacolato. Penso a lei, al suo sorriso e ai suoi occhi pieni di lacrime quando ci siamo detti addio. No Can, Allah! Non pensarci, non rimarrai a lungo, non la vedrai nemmeno. Ripartirai presto.
Fermo i motori per qualche secondo, e mi dirigo a prua. Afferro la battagliola e guardo quelle coste che sanno di casa tanto desiderata. La osservo e le immagini di tutte le persone a cui ho detto addio un anno prima, affiorano prepotenti. Vedo il volto di Emre, e mi chiedo se sia felice adesso che al suo fianco c'è una donna dolce come Leyla. Vedo Deren, e mi chiedo cosa stia urlando per i corridoi della Fikri Harika al povero CeyCey. E poi CeyCey, l'ansioso CeyCey che con i suoi modi di fare, tiene alto il morale dell'azienda. Certo, ha di sicuro qualche cosa di diverso rispetto a chiunque altro, ma è speciale. Nonostante i suoi atteggiamenti strampalati, sa essere molto saggio delle volte. Magari se quella notte di un anno fa lui fosse stato presente, mi avrebbe di certo impedito di partire, e convincermi di restare. Ma sarebbe stato inutile. Partire è stata l'unica soluzione, allontanarmi da tutto e tutti, nonostante sia stato doloroso e continui ad esserlo. Non importa che io stia tornando. Ripartirò, andrò via di nuovo consapevole che non esistono chilometri, miglia e distanze abbastanza grandi da poter spezzare l'amore immenso che provo per lei.
Continuo a guardare quelle coste, e un nuovo ricordo prende posto nella mia mente scacciando via quello delle persone che amo. Il volto di colui che aveva ingannato me e lei, Ygit. Mi chiedo se sia riuscito ad entrare nel suo cuore, con le sue bugie e i suoi inganni. Ho da sempre saputo che quell'uomo provava qualcosa per lei, e che avrebbe tentato di separarci. Mi chiedo se le abbia mai detto la verità, e se lei abbia ceduto e adesso ricambi i suoi sentimenti. Conoscendolo, aveva continuato a nascondere ogni cosa, e di certo non avrebbe mai ammesso di essere stato lui a bruciare quel diario. Rivedo la scena di quel giorno, lo vedo cadere su quegli scalini dopo la mia spinta, e mi chiedo se si sia mai ripreso.
I miei pensieri vengono accantonati nell'esatto momento in cui i miei occhi notano qualcosa in mare. Osservo l'oggetto galleggiare verso la mia barca. È una bottiglietta. Sorrido al pensiero che possa contenere un qualche messaggio, prendo la rete per provare a recuperarla. Messaggio o no, il mare va preservato, e quella bottiglia non deve essere lasciata li. Sono da sempre molto attento all'ambiente. Mentre sto per recuperarla, un forte rumore mi distoglie da quel tentativo.
La barca, Can! Poso la rete e corro alla plancia di comando. Vedo le spie lampeggiare, e capisco che è ora di fare porto. Avvio i motori e lentamente mi avvicino alla costa. Ci metterò un po' ad attraccare, ma non posso forzare il motore già sofferente. Solo quando ho la piena certezza che non possa succedere nulla di male, inserisco il pilota automatico e scendo sottocoperta. Entro nella cabina, e recupero i pochi oggetti che possono essermi utili. Ci impiego più del dovuto, poiché vorrei portare tutto via e scendere per sempre da questa barca, ma non posso farlo.
Passo davanti all'unico specchio presente. L'ultima volta che mi ci ero specchiato, quello che avevo visto mi aveva spaventato. Mi faccio coraggio e mi ci piazzo davanti, e come avevo previsto ciò che vedo è un Can diverso in tutto. Evito con molto sforzo di guardare i miei occhi riflessi. La prima cosa che vedo sono i capelli lunghi e sciolti, mi danno un'aria trascurata, selvaggia. Hanno solo un ornamento tra essi. Quel fermaglio che conteneva in se il mio sogno più grande, l'unica cosa che non avrei mai voluto dimenticare, il mio unico desiderio irrealizzabile. La mia barba è cresciuta molto, forse troppo. Non avevo praticato più vero sport, su una barca era impossibile, ma avevo provato ad arrangiarmi, facendo ciò che mi era possibile. L'aspetto esteriore non mi è mai importato. Mi faccio coraggio, e dopo un po' di esitazione, osservo il riflesso dei miei occhi. Spenti, senza luce ne calore. Tristi, travagliati da un dolore allucinante. Occhi senza un'anima, occhi vuoti e senza vita. Si diceva che gli occhi fossero lo specchio dell'anima, ed io un'anima non l'avevo più. La sofferenza sul mio volto è evidente. Non serve nascondere, il dolore mi aveva mutato e cambiato. Non stavo bene, lo sapevo. Ma non sapevo che la situazione fosse più grave di ciò che immaginavo. Stare lontano non solo non mi aveva aiutato a dimenticare, ma mi aveva trascinato in un baratro fatto solo di dolore e sofferenza. Un baratro profondo, dal quale non sarei mai più riemerso.
Distolgo a fatica lo sguardo dalla mia immagine riflessa e prendo il k-way con un cappuccio. Come avevo detto, avevo imparato a non fidarmi del tempo, e sentivo l'odore della pioggia avvicinarsi. Salgo sul ponte, e disattivo i comandi automatici, e inizio la procedura per usare quelli manuali. Afferro il timone e procedo, pronto a far porto proprio li, da dove sono partito. Tuzla.
STAI LEGGENDO
GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)
FanfictionCosa succede a due anime quando, a causa di una tempesta, sono state costrette a dividersi? Può un amore, che sembrava fosse inossidabile, sopravvivere ad una separazione di un anno? "Vai via" "Addio" La storia di Can e Sanem riparte da qui. Nuovi...