Capitolo ventotto.

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N.A. LA STORIA NON E' MIA IO MI LIMITO SOLO A PUBBLICARLA 

p.s. partite dalla pagina 3

Ice on fire

capitolo 28



Me ne stavo sdraiata sul letto, a testa in giù, a fissare vecchi poster che Aria teneva su quei muri da circa 6 anni, se non di più. Lei se ne stava sulla scrivania, lo sguardo fisso sullo schermo del pc e non mi rivolgeva la parola da ore. Io parlavo, ma lei continuava ad annuire, senza darmi un opinione di ciò che le stavo spiegando.
«Secondo te è giusta questa cosa tra me e Zayn? - le chiedevo – Io mi sento in colpa, come se non fosse corretto.»
Lei annuiva.
Io sbuffavo.
«E poi Liam continua a dirmi cose da diabete, a guardarmi in quel modo adorabile, - continuavo – non puoi resistergli, capisci?»
«Certo Hanna, - rispose – come deve essere faticosa la tua vita.»
Tornai seduta e fissai le sue spalle, rigirandomi tra le mani un cuscino a forma di biscotto.
«E' sempre un piacere parlare con te.» dissi.
Aria si voltò di scatto verso di me e iniziò a tirar fuori una manciata di cattiverie.
«Cosa vuoi che ti dica Hanna? - iniziò – Siamo sempre alla stessa storia! La povera Hanna è confusa perchè due bei ragazzi la corteggiano e lei non sa prendere una cavolo di decisione!»
«Io non ho detto..» provai a dire.
«Stai sempre a lamentarti della tua vita, di come sia pesante la tua famiglia, non fai altro che piagnucolare per Harry, quando sai una cosa? Forse ha fatto bene ad andarsene, forse non ce la faceva più a sopportare I tuoi continui complessi. Non ti rendi conto che tutti ti cadono ai piedi, che appena si fa il tuo nome fanno a gara per correrti dietro, ti riempiono di belle parole, ti riempiono di attenzioni e tu te ne stai qui a lamentarti di quanto faccia schifo la tua vita, quando sai cosa? Svegliati! Hai un sacco di soldi, una famiglia che ti vuole bene e due ragazzi che farebbero di tutto per te. La verità è che ti piace farti corteggiare e lasciare la gente sulle spine, insomma, a chi non piace? Smettila di lamentarti e vedi di fare qualcosa, non voglio che Zayn faccia la stessa fine che hai fatto fare a Liam.»
Rimasi immobile sul letto e ricevetti quelle parole come aghi su tutto il corpo.
Harry aveva fatto bene a lasciarmi? Come poteva mai dire una cosa del genere? Come poteva pensare che io mi stessi prendendo gioco di Zayn? O di Liam? 
Aria si voltò di spalle e io mi alzai lentamente dal letto e presi la giacca.
«Si è fatto tardi, io.. - balbettai – devo andare.»
Uscii dalla stanza e corsi al piano di sotto, uscendo di casa e salutando solo con un cenno della mano la mamma di Aria. Arrivai per strada e quasi una macchina non stava per mettermi sotto. Il tizio dentro l'auto mi urlò qualcosa, ma io non gli diedi neanche ascolto. Iniziai a correre, schivando la gente che passeggiava tranquillamente sul marciapiede. Superai anche un gruppo di bambini che saltellava sulla corda. Ridevano. Nessun problema adolescenziale li avviliva.
La verità è che ti piace farti corteggiare e lasciare la gente sulle spine, pensai a quelle parole e il viso di Zayn mi balenò in testa. Gli occhi scuri, I capelli spettinati. Però poi quell'immagine si faceva sempre più opaca e al suo posto compariva un bambino riccio, che mi guardava con gli occhi da cucciolo e mi salutava con una mano. Ma poi l'immagine cambiò di nuovo, perchè il bambino iniziò a correre via, via da me e poi ci fu solo buio.
Io continuavo a correre, senza neanche sapere dove stessi andando, e poi lo vidi. Il cimitero di Bristol era forse uno dei più grandi del paese. Era circondato da un immenso prato, dove più in là sorgevano dei grandi alberi. Mi ritrovai a camminare su quel prato morbido, con il vento che mi accarezzava una guancia, I capelli che ondeggiavano. Non c'era molta gente. Notai un signore anziano seduto di fronte a una vecchia lapide – forse di sua moglie – e parlottava, gesticolando e.. sorridendo. Più in là vidi una signora poco più giovane di mia madre, stava mettendo dei girasoli dentro il vaso, forse per la figlia scomparsa. E mentre provavo tristezza per entrambi, vidi la sua lapide, bianca, intatta. Mi piegai sulle ginocchia e passai una mano sull'incisione:

Adele Styles
Madre e moglie premurosa.


«Ciao Adele, - dissi – è da un pò che non ti vengo a trovare.»
Mi misi seduta sul prato e iniziai a giocherellare con un filo d'erba. 
Sentivo gli occhi gonfi, pronti a scoppiare. Ma non volevo piangere, non lì.
«Mi manchi tanto sai? E sono sicura che manchi molto anche a lui. In qualsiasi posto sia, sono sicura che ti pensa sempre.» 
Sentii una lacrima scendermi giù dalla guancia, e la raccolsi prima che potesse scivolare via con il dorso della mano.
«Non so cosa devo fare Adele, - continuai – mi manca troppo, ogni giorno, dal momento in cui se ne è andato. Lo detesto. Lo detesto perchè non ha mai rispettato le mie decisioni, le mie scelte. Ha sempre voluto proteggermi, tenermi lontano dal pericolo, ma non ha capito che io mi sento in pericolo solo quando lui non c'è. E adesso non so neanche se è ancora in questo paese, o se è uscito dall'Europa, se sta bene, se è nei guai, non so niente.»
Non riuscii a frenare le lacrime e iniziarono a scendere come fiumi, senza controllo. 
«Vorrei che fossi qui per dirmi cosa devo fare, perchè è tuo figlio e dovresti dirmi tu cosa dovrei fare. E' giusto che io rimanga qui ad aspettarlo? Oppure devo dirgli addio? Non ce la faccio da sola..»
Piegai la testa in avanti, poggiando la fronte sull'erba soffice. I singhiozzi che non si fermavano e quello di cui avevo bisogno era solo un segno, qualcosa che mi facesse capire cosa dovevo fare. 
Sollevai la testa e mi accorsi di una ragazza e un ragazzo, poco più avanti di me. Lei poggiava la testa sulla sua spalla, e lui si abbassò per poggiare un mazzo di fiori su una lapide. Poi lei prese la sua mano e lui la baciò dolcemente sulle labbra. Ora, non so dirvi di chi fosse quella lapide, ma non mi importava. Ma ecco quello che ho pensato: qualsiasi cosa accada, per quanto possa essere difficile, per quanto la tua vita possa fare schifo, si deve sempre andare avanti. Quello forse era il segno di cui avevo bisogno.
«No, - sussurrai – non è giusto che io lo aspetti, ancora. Non è giusto che io stia ancora male per lui, non è giusto che mi privi di essere felice. Io ho amato tuo figlio con tutto il mio cuore, ma lui ha fatto la sua scelta e io farò la mia.»
Mi alzai in piedi, accarezzando I petali delle rose che qualcuno le aveva portato. Forse Louis, neanche lui veniva da tanto. 
Guardai ancora in lontananza I due ragazzi, che dondolavano le loro mani intrecciate, e pensai a quelle mie e di Zayn. Così unite, così a loro agio. L'una dentro l'altra. E mentre le pensavo, sorrisi, come non avevo più fatto da quando Harry se ne era andato. Guardai il cielo, e le foglie che venivano trascinate via dal vento. Volevo essere come una di quelle foglie, essere trascinata via da qualcosa, da qualcuno. Senza controllo, come se fosse la cosa più facile di questo mondo. Allora mi avvicinai alla lapide e poggiai una mano sulla fredda pietra.
«Addio, - dissi – Harry.»
Quell'addio rimase lì, su quella pietra, su quel prato, in quel vento e dentro di me. E non era come tutte quelle volte in cui cercavo di convincermi di dimenticare Harry. Questa volta era vero, questa volta lo volevo davvero. Questa volta volevo davvero ricominciare. Volevo tornare a essere felice. 


Arrivai a casa di corsa, con un affanno fin troppo eccessivo.
«Che succede?» chiese allarmata mia madre.
«Niente, - dissi – ti voglio bene mamma.»
La baciai sulla guancia e facendola assumere un'espressione confusa. Anche Louis, seduto sul divano, mi guardava con un punto di domanda.
«Andiamo Chester, - Chester rizzò le orecchie e si mise in piedi – usciamo un pò.»
«Tesoro tutto bene?» urlò ancora mia madre.
Io avevo già chiuso la porta e non le risposi. Misi il guinzaglio a Chester e iniziai a camminare, verso quel quartiere sconosciuto che negli ultimi giorni avevo imparato ad amare. Ma non trovai quello che cercavo. Così, dopo aver provato a casa sua, andai dritta al molo e lo trovai sul pontile che gesticolava e rideva insieme alla sua sorellina. Risi alla scena. Lui continuava a pizzicarla ai fianchi e lei saltellava e allo tempo rideva. Decisi di avvicinarmi e quando mi vide, si sollevò da terra e mi guardò sorridendo.
«Safaa perchè non vai al chiosco a comprarti un cono?» si rivolse a sua sorella.
«Vuoi dire che posso andare sola?» chiese la bambina.
«Certo, - rispose lui – basta che poi torni subito.»
La bambina prese I soldi dalle mani del fratello e si allontanò saltellando.
«Come è facile comprare I bambini.» scherzai.
«Niente che un gelato non possa fare.»
Lui sorrise impacciato e io mi avvicinai.
Ci sedemmo alla fine del pontile, con le gambe a penzoloni. Chester seduto vicino a noi che osservava le barche che andavano e venivano.
«Come.. stai?» mi chiese.
Lo vidi con lo sguardo nel vuoto, come se stesse evitando il mio.
«Evitiamo tutta questa fase di imbarazzo, ti va?» gli proposi.
«Grazie, ne sarei grato.»
Zayn ebbe un sospiro di sollievo e io risi a vederlo.
«Zayn, - iniziai – io devo, voglio andare in Italia..»
«Lo so..» mi interruppe.
«..e ho capito che non lo faccio per far felici I miei, lo faccio perchè è quello che ho sempre voluto fare.»
«Lo so, - disse di nuovo – e so anche che ami Harry.»
«Possiamo smetterla di parlare di Harry? - chiesi – Parliamo un pò di noi, ti va?»
«Vuoi dire che adesso ti metterai a piangere supplicandomi di venire con te in Italia perchè sei follemente innamorata di me e non puoi starmi lontana?» rise.
Scoppiai a ridere anche io e lanciai una pietrolina in acqua.
«Bè non sono ancora arrivata a quel punto ma, - provai a dire – potrei, insomma, se non andassi in Italia, potrei innamorarmi di te.»
Si voltò a guardarmi, finalmente.
Nell'angolo della sua bocca vidi la forma di un sorriso che stava per prendere forma sul suo viso ed eccolo lì. Pieno di felicità e vivo.
«Ma devi andare in Italia..» sussurrò.
«Si.»
«E' giusto che tu vada sai? - disse – Sono contento e voglio che tu ci vada e, magari quando tornerai sarò diventato un multimilionario e andrò bene a tuo padre.» scherzò ancora.
«Non devi andare bene a mio padre, - dissi – devi andare bene a me.»
Lo guardai ancora, con le spalle incurvate, con gli occhi grandi grandi. 
E feci una cosa di pancia, senza pensare alle possibili conseguenze. Mi porsi in avanti, a cercare le sue labbra e le trovai. Sentivo la sua mano sulla mia guancia e le labbra carnose che rispondevano ai miei baci, con delicatezza e dolcezza. E forse la forza di amare di nuovo la potevo trovare davvero. Ma per parlare di amore era ancora troppo presto. Zayn però era come quella luce che vedi alla fine di un vicolo buio e significa speranza, significa pace, significa rivincita.
«Spero che questa volta tu non abbia pensato a un altro.» mi disse a fronte contro fronte. Io risi.
«Nessun'altro.» risposi, dandogli un altro bacio.
«Lo sapevo! - sentimmo una voce alle nostre spalle – Lo sapevo che eravate fidanzati!»
Safaa se ne stava in piedi, con un cono di gelato mezzo sciolto in mano, e l'espressione eccitata sul volto.
«Tesoro, ti si sta sciogliendo tutto il gelato.» la avvertì Zayn, alzandosi e prestandole soccorso.
«Posso dirlo a Doniya? - gli chiese – Sai, avevamo fatto una scommessa..»
Io ridevo alla scena.
Zayn continuava a pulirla inutilmente con un tovagliolo, mentre sua sorella continuava a riempirlo di domande. 
«Andiamo in bagno a pulirci, - disse poi Zayn – arriviamo Hanna.»
Io annuii divertita e rimasi seduta sul pontile, accarezzando Chester sulla piccola testolina.
«Tu non sei arrabbiato vero?» gli chiesi.
Chester sollevò il muso e mi guardò con la lingua a penzoloni. Lo interpretai come un buon segno.
«Hanna! - sentii richiamarmi – Di nuovo qui!»
Mi alzai in piedi e trovai David di fronte a me.
«David, - ricambiai – ho fatto una passeggiata.»
«E' proprio un bel cane, è tuo?»
Guardò Chester incuriosito, ma a differenza sua lui rimase distante, incollato alla mia gamba.
«No, cioè si, - balbettai – è un regalo.»
In realtà non era stato proprio un regalo.
Ero stata io a regalare quel cucciolo, diciamo che mi era stato gentilmente restituito. Ma non volevo raccontare tutti questi particolari a un estraneo.
«Vieni qui piccolo.» 
David si piegò sulle ginocchia e richiamò Chester, il quale in tutta risposta iniziò ad abbaire.
«Mi dispiace, - mi scusai allontanandolo – non ha mai fatto così.»
«So che a volte possono sembrare aggressivi, - disse – anche io ho un labrador.»
«Davvero?» chiesi. Stavo ancora cercando di tenere Chester.
David portò un braccio dietro il collo e lo vidi un pò pensieroso.
«Si bè, ti andrebbe di vederlo? Possiamo andare anche adesso.»
Lo guardai confusa. Che proposta era? Neanche ci conoscevamo.
Prima che potessi rispondere, Zayn apparve al mio fianco.
«Tutto bene?» mi chiese, guardando di sottecchi David.
«Sarà per la prossima volta.» salutò in fretta lui, andandosene.
Chester a un tratto smise di abbaiare e tornò a scodinzolare, coccolato da Safaa.
«Chi era quel tipo?» mi chiese Zayn.
Quella domanda rimase lì, senza una risposta.
Fissavo David in lontananza, che via via diventava sempre un puntino più piccolo.
Chi era davvero quel tipo? L'idea che mi stava balenando in testa non mi piaceva, non mi piaceva per niente.



Fissavo la toga gialla messa sul letto.
Mia madre l'aveva ritirata dalla lavanderia la mattina stessa.
Una valigia se ne stava accanto alla mia scrivania.
Sarei andata in Italia subito dopo il diploma per un corso estivo.
E il diploma sarebbe stato domani. 
Era tutto troppo vicino ma, ero felice.
«Tua mamma mi ha detto che eri qui.»
Chester rizzò le orecchie e io mi voltai verso la porta, trovando Aria.
«Ci ho pensato più di una volta prima di bussare, - continuò – avevo paura aprisse tuo fratello.»
«Louis è uscito.» dissi.
«Si, - disse – l'ho notato.»
Rimanemmo l'una di fronte l'altra, imbarazzate, senza sapere cosa di dire.
«Ascolta Hanna mi dispiace io..» iniziò lei.
«..avevi ragione.» finii io.
Lei mi guardò confusa, facendo quella smorfia che la rendeva così tanto tenera e che mi sarebbe mancata.
«Avevi ragione su tutto, - ripetei – sul fatto che mi lamento sempre e che lascio sulle spine le persone, solo che non lo faccio apposta giuro.»
«Ma non dicevo sulserio, - insistette lei – ero solo arrabbiata per Louis, per Oxford, per te che vai in Italia, ero solo tanto frustrata, non pensavo niente di quello che ho detto.»
«Bè, - dissi – forse I toni erano eccessivi però mi hai dato una smossa.»
Aria mi sorrise colpevole e poi si avvicinò lentamente.
«Non penso che tu ti diverta a lasciare I ragazzi sulle spine o che Harry abbia fatto bene a lasciarti, o ancora che la tua vita sia perfetta.»
«Lo so.» le risposi, sorridendole affettuosamente.
Senza dire niente, Aria mi saltò al collo, richiamando l'attenzione di Chester, stritolandomi.
«Vorrei poter venire in Italia con te, - piagnucolò – mi farei piccola piccola giuro!»
«Ci credo! - dissi io – Ma devi rimanere qui a studiare, promettilo.»
La mia amica annuii e la sentii lagnarsi nel mio orecchio.
Anche io sentivo gli occhi lucidi, ma non volevo piangere.
Sarebbe già stata dura domani e poi la partenza, non volevo che la tristezza predominasse per tutti questi ultimi giorni che ci rimanevano.
«Ho detto a Zayn che avrebbe potuto avere una possibilità se..» provai a dire per distrarla.
«OH MIO DIO!» sbraitò lei, staccandosi.
«..SE non fossi dovuta andare in Italia.» precisai.
Aria mi guardò, sorridendomi.
«E' giusto così, - acconsentii – Zayn è un bravo ragazzo.»
«Lo so.»
Questa volta non riuscii a trattenermi. 
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, che iniziarono a scendere sulle mie guance.
Aria mi abbracciò di nuovo e continuava a ripetermi all'orecchio che sarebbe andato tutto bene. Mi sarebbe mancato tutto. La mia famiglia, la mia migliore amica, I miei amici, la mia città. Una volta qualcuno mi disse che quella città ci sarebbe rimasta nel cuore, ed era vero.
 

{spazio me}

 manca solo un capitolo, più l'epilogo, alla fine.

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