Bad memories

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Sono le due di notte quando mi sveglio di colpo col cuore martellante e il viso rigato da gocce di sudore o forse lacrime, non riesco a distinguerle. Cerco di rallentare i battiti del cuore facendo respiri profondi e pensando a cose felici come faccio di solito; stavolta non funziona.

Resto per qualche altro minuto ad osservare il soffitto della mia stanza anche se non vedo nulla oltre a qualche contorno dei mobili che si trovano nella stanza, è tutti così depressivo al buio; decido di alzarmi per andare a bere un bicchiere d'acqua, solitamente mi fa stare meglio. Mi infilo le mie fidate pantofole a orsacchiotto e lentamente scendo le scale fino in cucina, stropicciandomi gli occhi per cercare di vedere qualcosa oltre ad una macchia oscura.

Mi stringo le braccia al corpo cercando di mantenere un po' di calore, avrei dovuto prevederlo che ci sarebbe stato freddo qua sotto, nelle stanze c'è un silenzio insolito di quelli che, se fossi in compagnia, causerebbe dell'imbarazzo. Afferro un bicchiere alla cieca e lo riempio per tre quarti d'acqua per poi berlo tutto di un sorso, non so se il mio intento era dissetarmi o un semplice tentato suicidio. Propongo la seconda.

Tenendo il bicchiere con una mano e picchiettandolo colle dita dell'altra, riesco a mettermi a sedere sopra al tavolo e comincio a dondolare le gambe, quando sono nervosa non riesco a stare ferma e ora non posso nemmeno dire di esserlo, troppe emozioni stanno prendendo il sopravvento su di me. Non riesco a non pensare all'incubo che ho avuto poco prima, questo ridescriveva passo passo l'ultima giornata passata con lui.

Era un giorno di fine primavera, precisamente il 23 maggio, e come sempre ero andata a scuola con Harry, avevo salutato di fretta le mie amiche per andare poi a trovare lui nel nostro "angolo segreto" che si trovava vicino ai campi da basket, dove ci passava la maggior parte del tempo.
Un suo piccolo bacio sulle mie labbra riusciva sempre a rendere una qualsiasi giornata felice e, se accompagnato da parole dolci come era solito fare, non riuscivo a non amarlo. È stato il mio primo vero amore. Quella mattina il vento primaverile portava con se il profumo dei fiori del giardino dando gioia agli animi di noi poveri studenti; raccolsi un dente di leone soffiandolo ed esprimendo un desiderio, uno di quei desideri un po' stupidi perché il più grande si era già realizzato e non avevo bisogno di altro. Quando raggiunsi il luogo senza fretta, non trovai nessuno ad aspettarmi, nessun rumore del rimbalzo di un pallone da basket, il silenzio regnava indiscusso.

Non ci feci molto caso, forse era in ritardo o forse stava poco bene e i suoi non lo avevano mandato via la mattina presto come erano soliti permettergli, ma in qualsiasi caso me lo avrebbe detto, e io lo sapevo però quando si è innamorati si cerca tutte le scuse, anche le più bizzarre per comprendere un comportamento della persona che ami.

Il telefono vibrò nel mio giacchetto e notai che Emma mi aveva mandato un messaggio come faceva sempre per avvertirmi che era suonata la campanella; così pensierosa mi avviai verso l'ingresso per poi dirigermi all'aula di matematica.

Camminai per i corridoi tenendo la testa bassa con lo sguardo fisso sul libro che tenevo in mano, tutti gli studenti della scuola mi stavano fissando più intensamente del solito rendendomi quasi timida, non ero abituata a queste strane attenzioni, come se fossi stata la protagonista di un nuovo scoop senza però esserne a conoscenza.

Arrivata davanti alla classe il libro mi cascò dalle mani finendo rumorosamente sul pavimento, fui fortunata che non cascarono anche quelle; davanti a me, accanto alla porta dell'aula dove stavo andando, c'era lui che si baciava intensamente con Eleanor. Quella troia me lo aveva fatto apposta, ci odiamo a vicenda dai tempi dell'asilo e sicuramente non aspettava altro che mostrarmi come il mio ragazzo, che da lì diventò ex, preferisse lei a me.

One Shot •Liam Payne•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora