Filastrocca di ricordi cairesi C'era una volta, in un tempo remoto, una valle radiosa di luce splendente con un patchwork di prati e una corona di monti che abbracciavano completamente il mondo. C'era una volta, in quella bella valle, un fiume serpente; dormiva tranquillo con anse d'argento, scorreva fra i prati della pianura, sotto al respiro dei pioppi e delle betulle. C'era una volta, un lieto ruscello con piccoli pesci, idrometre e girini. Scorreva cantando fra i fossi ed i massi E si attraversava saltando sui sassi. C'era una volta, un antico castello umiliato dal tempo e sbriciolato dal gelo, che guardava dall'alto tutta la valle. Con gran tenacia ancora viveva per amore del borgo che stava lì sotto. C'era una volta, un campanile snello, guardingo pastore del suo gregge di case. Cantava con suoni di calme campane fino all'eco azzurro delle montagne lontane. C'era una volta, la mucca Bergera: era bianca, paziente e con occhi mansueti, faceva buon latte, profumato di erbe e allattava un vitello dentro alla stalla. C'era una volta, nell'umida stalla, la mucca Bergera che muggiva di pianto; le avevano tolto il suo bianco vitello e tutta la valle sentiva quel pianto, fino alla strada che portava al macello. C'era una volta, il bue Tognin, aggiogato e schiavo, riportava sul carro, dopo la Fiera, il padrone stanco e ubriaco di vino fino alla casa col pennacchio di fumo. C'era una volta, in quella cascina, il cane Bigìt alla catena di ferro biondo era il pelo e dolce lo sguardo. Viveva di pochi bocconi di pane che coglieva al volo con schiocchi di fame. C'era una volta, a fianco del cane, il vecchio mezzadro magro e ricurvo con gli occhi bagnati da un velo di pena. Camminava accanto alla vecchia Bergera; le aveva dato il fieno più fresco, le aveva dato la zuppa di rape. Lei lo seguiva colla testa abbassata l'aveva capito, andava al mercato, l'aveva capito, non sarebbe tornata.

Estratto dal capitolo XX del romanzo "Le Lucciole di Cherenkov"