Ogni venerdì se la svignava dall'ora di educazione fisica per andare sul tetto della scuola, semplicemente se ne stava lì con le cuffiette e pensava, a cosa non lo so. Certe volte rimanevo a fissarla come un ebete in classe, mentre se ne stava lì in silenzio a guardare fuori dalla finestra, con quell'aria di non so che di speciale. Quei lunghi capelli castano chiaro che vanno sul biondo le incorniciano il viso, ha una pelle chiara, ma non quel bianco cadavere ma un rosa perla che le fa sembrare la pelle di porcellana come quelle bambole tutte perfette, che restano li a guardati con quegli occhi, i suoi occhi avevano il potere di farmi impazzire. Non mi toccavano ne mi sfioravano. Ma quando mi guardavano anche se per qualche istante e di sfuggita, il mio cuore iniziava a battere talmente forte che temevo potesse esplodere, le mie labbra si curvavano in un sorriso e il mio corpo veniva percorso da un fremito, come una scarica elettrica. Quando mi guardavano mi scavavano dentro, dentro l'anima, in ogni particella del mio corpo. Avevo solo la spietata e dolce voglia di rivedere quegli occhi e tenerli ancora un po per me. E io mi sono sempre domandato come ci si doveva sentire ad esserci dentro. In ogni suo caldo, intenso, sguardo.
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