Dal capitolo otto: "Se c'è una cosa che Phoebe Gefferson sa fare bene, questa è cercare di capire ogni individuo le si pari davanti. Tentare, in qualche modo, di sentire le sue emozioni, i suoi pensieri più profondi; abbattere ogni barriera, leggere dentro una persona fino a conoscerla quasi del tutto. Per farlo, quale punto di partenza migliore degli occhi? "Gli occhi sono lo specchio dell'anima", mi sono sentita dire spesse volte. Ed è proprio vero. [...] La cosa che più mi intrigava, mi infastidiva e mi incuriosiva al tempo stesso, era il non aver identificato Derek. Era così... diverso. Diverso, perché stavolta ero io a non voler incrociare il suo sguardo, mentre lui mi cercava ovunque. Diverso, perché mi sentivo quasi in soggezione, osservata da quegli occhi verdi e limpidi. Non me ne spiegavo il motivo. Ed ecco che lui, come se mi avesse letta nel pensiero, si voltò a guardarmi, ed io, per riconfermare quanto appena detto, tentai in tutti i modi di girarmi dalla parte opposta, ma non ce n'era verso. Mi rapiva con un solo sguardo, mi incatenava a quegli smeraldi da cui non trovavo via d'uscita".
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