Zayn aprì gli occhi. L'acqua era ancora calda e il suo corpo ancora freddo, la pelle era arrossata per il troppo calore e formicolava pure. Sulla fronte o sudore o acqua scendeva lentamente sugli occhi del moro. Aveva lacrime involontarie incastrate nelle ciglia, lacrime salate, di quelle che appunto ti possono far bruciare le palpebre. Si alzò dalla vasca. Non prese nulla per coprirsi o per evitare all'acqua di cadere da lui, lasciò che tutto lo attraversasse, perchè tutto non gli importava. Arrivò in camera e si guardò davanti allo specchio. Guardò ogni centimetro di pelle e non sentì nulla. Solo dei brividi gli stroppicciarono la pelle, ma gli occhi rimasero inespressivi, il cuore non battè più forte: guardando i tagli non ebbe voglia di averne altri. La figura davanti a sé era patetica, si. Ma nella sua mente non c'era nulla che riuscisse a fargliela odiare più di quanto già facesse. Sentiva il corpo caldo a contatto con l'aria più fredda della stanza tremare, i capezzoli turgidi. Poi sentì qualcosa di più freddo. Una mano. Fredda come il ghiaccio, fredda come la stanza in cui dormivano i suoi sentimenti. Gli occhi si spostarono su di essa. Una figura più piccola comparve dietro di lui. Che gli sorrideva. Zayn non reagì. Era come pietrificato, ogni muscolo tirato che rimase dove si trovava, come spaventato di muoversi. Poi girò la testa, tolse il contatto con lo specchio. Zayn aprì gli occhi, per davvero ora. Un singhiozzo disperato uscì doloroso dalla gola, sentiva come se un qualcuno gli avesse appena tirato un pugno in gola. Nemmeno mentre dormiva gli era concesso di sognare.