"Le nostre vite ricominciarono proprio quando la tua finì"
I bulli. Tutti giudicano i bulli. O almeno, lo fanno quando la vittima confessa, in modi vari, ma per farla breve: quando salta fuori il marcio, quando i professori fanno la fatidica domanda "chi è stato?" E tutti puntano il dito contro il bullo, lo giudicano, lo odiano, in un impeto di ipocrisia perché, ehi, il bullo è solo un'altra vittima, sono quelli che ridono o fanno finta di nulla i veri assassini.
Ma comunque. Tutti giudicano i bulli. Tutti si chiedono: "chissà cosa avrà pensato prima di morire?" Tutti improvvisamente amano la vittima e odiano il bullo, fin quando il bullo diventa vittima e arriva un nuovo bullo, che poi diventerà vittima quando l'ex bullo confesserà e così via, in un circolo infinito dove gli unici a non rimanere fottuti sono coloro abbastanza saggi da farsi i cazzi propri.
E be', dicevamo, tutti si concentrano sui sentimenti della vittima, ma nessuno qui si è mai chiesto cosa provi il bullo. Una povera vittima della società, che però ha la sfortuna di restare vivo.
In questa storia il protagonista è un bullo pentito, pentito di aver ucciso la ragazza di cui era segretamente innamorato, non con pallottole o coltellate ma con le parole e con le risate. Ben più letali.
Prima che tu smetta di leggere pensando "che cosa cringe letta e straletta", sappi che non è la solita storia cringissima sull'amore tra il solito bad boy stereotipato e la solita brava ragazza stereotipata.
Perché qui il "bad boy" non era cattivo, e la brava ragazza non era la brava ragazza bella, casta e pura. E soprattutto, questo non è 13.
Qui gli stereotipi sono presi a calci in culo e sbattuti fuori.
E tanti saluti.
(AU di SGE nella vita reale)All Rights Reserved