Chiunque posasse il suo sguardo su quello di Yoongi, di colpo si girava. Nessuno osava guardarlo. E stava diventando un mostro, aveva paura di sé stesso, aveva paura di ciò che poteva riuscire a fare. Non usciva mai da quella prigione, la sua mente. Come gocce di pioggia che toccano i vetri, i suoi pensieri colpivano prontamente la speranza di cambiare, ma lui non era capace di piangere. Il dolore lo sentiva, ma non ci riusciva. Lo teneva vivo la musica, il contatto delle sue dita con i tasti freddi del pianoforte. Lui scriveva, lui componeva melodie che erano il suo riflesso. Melodie che non contenevano note alte, solo note basse. Volevano che si scusasse per ciò che era diventato, ma nessuno di coloro che lo aveva reso un mostro si era mai scusato con lui. Non ci riusciva, Yoongi. E che era vivo lo sapeva, ma non lo sopportava. Avvertiva falsità anche in quello, perché in fondo si sentiva solo morire.
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