"John...?" Sussurrò Sherlock. "Sei sveglio?" L'altro non rispose, non si mosse. Sherlock accarezzò una linea sottile sul dorso della mano del compagno, per poi scendere fino al polso. "Ho letto un articolo tempo fa... Diceva che quando una persona dorme, si può parlare con lei. La parte cosciente di quella persona non sarà in grado di ascoltare, o di ricordare, eppure il suo subconscio ascolterà, e ricorderà. Mi sono chiesto leggendolo, perché si dovrebbe parlare con qualcuno mentre dorme, perché dirgli qualcosa senza che l'altro se ne accorga. Ma adesso lo capisco, John. Ci sono delle cose che vorresti dire, anche se sai di non poterlo fare. Ci sono delle parole che non puoi pronunciare. Eppure, devo dirle! E' troppo tempo ormai, che rinchiudo parole in cassetti nascosti, nel mio palazzo mentale. E temo che se continuò così, non ci sarà più posto dove riporle, e un bel giorno non sarò più in grado di tenerle imprigionate. Allora prenderanno vita, come dei mostri famelici, troppo a lungo addormentati." Sherlock notò che i battiti di John stavano aumentando, diventando più veloci ad ogni parola. Le sopracciglia si erano lievemente mosse, come quando d'improvviso si realizza qualcosa di importante.