L'orologio sul comodino segnava le 2:35, la luce dei lampioni illuminava la piccola stanza, rivelando qua e là magliette lasciate in disuso su una sedia, uno zaino nero aperto abbandonato a terra, cianfrusaglie pressoché inutili sparse un po' ovunque come delle piccole reliquie. Nella stanza accanto, che fino a mezz'ora prima era stata una sala cinema, regnava il silenzio, talvolta spezzato soltanto dal lieve russare di Robert, che si era addormentato a bocca aperta sulla poltrona. Tutto taceva, la notte era calma e pacifica... se non fosse stato per quella flebile, quasi impercettibile risata di Arthur, che continuava a coprirsi la bocca con la stoffa del piumone, nella speranza di attutire il suono. I suoi occhi a volte verdi, a volte azzurri erano illuminati dalla stessa luce dei lampioni che stava illuminando il disordine della sua stanza; quegli occhi lì, che erano in quel momento poco più di due fessure, la fissavano in una maniera che Ginevra non sarebbe mai riuscita a spiegare, e forse neanche a capire. Gliel'aveva detto Arthur, in fondo: 'Tu non cogli i segnali'.