Tendenzialmente, associamo il concetto di pericolo a qualcosa che, in un modo o nell'altro, prevede un elemento di fatalità. Fatalità a cui sarebbe difficile porre rimedio data la velocità e/o l'imprevedibilità del suo concretizzarsi. Il tempo di reazione, insomma, non sarebbe abbastanza. Ma come possiamo in definitiva collocare nel tempo questo elemento di fatalità? Quand'è che il tempo di reazione è troppo poco oppure o no ? Dare una risposta è praticamente impossibile. Le variabili, infatti,cambierebbero a seconda di un insieme troppo vasto di fattori che, a loro volta, cambierebbero da persona a persona: la posta in gioco, la personalità, la sopportazione del dolore... Riuscire a prevedere la nascita di un improvviso pericolo è assolutamente irrealizzabile per noi che camminanti su un campo minato privi di metal detector. Allora la nostra riflessione deve, per forza di cose, concentrarsi sulle famose "scelte di vita". Vale a dire sulla continuità di un comportamento che selezionerebbe naturalmente e automaticamente i nostri scenari di vita quotidiana e i nostri. Essere tendenti al pericolo può significare due cose: incoscienza o coraggio. La prima non è ciò di cui mi piace parlare, la seconda, invece, è forse la mia miglior condanna. Come il protagonista di questo breve racconto che ho scritto: Sara.All Rights Reserved
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