LUPO

Era pazzo. Doveva esser pazzo. Non sembrava rendersi conto di quanta malvagità potesse contenere la sua anima e di come fosse in grado di vomitarla addosso a qualsiasi persona o essere cosciente gli passasse accanto.
Alcuni fingevano di non vederlo, volgevano i propri passi altrove correndo e sparendo tra le calli della città, con la sola speranza di non esser notati e che lui non riuscisse ad annusare la loro paura, perché la loro paura era nettare per lui, lo eccitava tremendamente quando il loro corpo cadeva sotto di lui.
Ma ciò che ti annientava erano i suoi occhi neri, lucidi, carichi di follia e perversione.
Il suo sguardo non ti lasciava, ti seguiva fino alla porta di casa, tra le pareti del tuo salotto, mentre ti preparavi per dormire o quando ti svegliavi alla mattina per preparare il caffè. Una volta incrociati i suoi occhi lo sapevi. Sapevi che sarebbe venuto da te. Era successo a tutti quelli che avevano visto e che avevano alzato lo sguardo e lo avevano guardato, invitandolo inconsapevolmente a giocare con il loro corpo e la propria anima.
Era a causa sua se il mondo, in quella
piccola parte dell'universo, aveva deciso di camminare a testa bassa.
Non esistevano più le risate, le sbronze, le serate tra amici, quelle belle, quelle che fanno bene.
Nessuno si guardava più in faccia, nessuna parola, nessun sorriso, nessun pianto, ognuno procedeva verso la
propria meta
come fosse il solo fine di quel giorno di vita. Tornare a casa salvi
. Era quella la vita ora.
Ci aveva resi inermi, sempre più soli, spaventati e infinitamente vuoti. Ci aveva svuotato dell'elettricità della vita e della capacità di viveverla. Nessuno si sarebbe mai fermato o avrebbe mai alzato lo sguardo per vedere, anche solo la luna.
Eravamo suoi prigionieri. E la pioggia cadeva.