Avevo sempre pensato che la morte mi avrebbe reso libero, ma mi sbagliavo.
Credevo che non avrei più provato nulla, né rabbia, né dolore.
Ma ancora una volta mi ero sbagliato.
Guidavo, nelle infinite strade del paradiso, senza una meta.
Guidavo e basta, tra le foreste di pini, ascoltando il suono del vento tra gli alberi, il loro profumo pungente.
Guidavo sulla strada che costeggiava le scogliere bianche, che si affacciavano sul mare dorato.
Eppure, avevo sempre la sensazione di aver lasciato indietro qualcosa.
Fuggivo, come un pazzo che scappa dalla sua stessa ombra.
Poi ad un certo punto del mio viaggio, mi fermai.
E d'improvviso, l'unica persona da cui mi ostinavo fuggire, fu proprio davanti a me.
Fu come se anche lui avesse avvertito la mia presenza, e lentamente si voltò verso di me.
I suoi occhi celesti penetravano nei miei, e come quando eravamo vivi, mi trasmettevano tutta la gentilezza del suo animo.
Aveva un sorriso sereno, illuminato da un sole arancione.
Una brezza leggera gli scompigliava i capelli corvini, quasi lo stesse accarezzando.
Mi aspettava tranquillo di fronte a quel lago, come se non avesse fatto altro da tutta la vita.