Osservò per qualche secondo il suo braccio sinistro, più o meno all'altezza della piega interna del gomito, esattamente dove c'era quel piccolo tatuaggio che ormai faceva parte di lui da mesi, poi in modo apparentemente calmo iniziò a parlare. «Sai,» iniziò piano il moro, «ho sempre pensato fossi una ragazza intelligente, a volte magari un po' fuori dalle regole, dalla noiosa normalità che ci accomuna tutti, ma comunque matura e consapevole delle proprie azioni. Ho sempre pensato che tu fossi si, una donna forte, coraggiosa e indipendente, ma anche una semplice ragazza di 23 anni fragile e che avesse bisogno di qualcuno che la sostenesse non fisicamente, ma mentalmente perché spesso sconnessa dalla realtà nel momento del dolore, per preservare se stessa da un mondo che è stato, e continua ad essere una merda nei suoi confronti.» buttò fuori tutto d'un fiato, senza mai staccare lo guardo dal braccio.