"Mi va bene chiamarti piccolo e basta. Giuro. Non sono un pazzo pervertito." "Okay... daddy?" "No. È inquietante." "Okay, solo piccolo allora." "Solo piccolo. Tu puoi chiamarmi semplicemente Lou." "Lou... mi piace." "Bene. Non vedo l'ora di scoparti." "Allora accelera con questa macchina" disse Harry, alzando gli occhi al cielo. Louis fece come detto, senza ribattere, e posò una mano sulla coscia del più piccolo. "Alla fine eri davvero gay, però" aggiunse dopo poco. "Già. Molto gay." Il più grande scosse la testa, ridacchiando, e premette di nuovo il piede sull'acceleratore. Harry odia le cene del partito di suo padre a cui è obbligato a partecipare da quando è bambino. Ha anche un brutto ricordo, di una di quelle cene di tanti anni prima, ossia un ragazzino poco più grande di lui che gli ha tirato i capelli e l'ha fatto piangere. Un ragazzino che sarà anche alla cena di quella sera e che, in realtà, Harry non ha mai dimenticato. E viceversa, ovviamente.