Quella sensazione la conosceva bene. Dopo la morte di Francesco quella routine di vita aveva pian piano cominciato ad impossessarsi di lei. Ormai ci era abituata, passava periodi in cui stava bene, e altri periodi in cui stare sola con se stessa era la monotonia. C'è chi passa anni in questo circolo, bloccati su un ponte troppo fragile, che basta un passo per precipitare nel vuoto; altri invece non riescono ad uscirci e si resta intrappolati in una gabbia creata da se stessi, dalle proprie paranoie, e nel caso di Cassandra, dalle continue insistenze di Broma, che non facevano altro che assomigliare ad una ferita che non si chiudeva mai.
Scappava dagli altri, ma scappava soprattutto da se stessa, e correva, correva tanto, fino a non avere più fiato, fino a crollare, fino all'ultimo respiro.
Dalla storia:
Clara si lasciò cadere, sfinita, sulle sedie reclinabili in legno del terrazzo, sospirando.
Sentiva gli occhi di Nelson addosso, ma non era più il momento di essere forte.
Calde lacrime iniziarono a scendere sul suo volto mentre formulava quella semplice domanda: possibile che dopo tutti quegli anni fosse ancora innamorata di lui?
Come se la sua mente volesse farsi beffe di lei, eccola che le ripoponeva il ricordo più bello e allo stesso tempo più difficile da affrontare di tutti; il loro primo incontro.
Erano passati più di vent'anni ma lo ricordava come se fosse ieri.
Era il primo giorno di asilo quando inciampò durante acchiapparella, sbucciandosi il ginocchio.
Le veniva da piangere ed inoltre aveva rovinato i suoi pantaloni preferiti.
Era ancora intenta ad osservare la ferita con le lacrime agli occhi quando una vocina disse: "sei caduta?"
Era un bambino, con i capelli lisci, corti e castano chiaro, tendenti al biondo. Le sorrise sincero, porgendole una mano per alzarsi.
"Si" rispose Clara afferando la sua mano.
"Ora però non voglio più giocare"
"Come mai?" Continuò il bambino, asciugandole una lacrima.
"Ho paura" rispose lei a bassa voce, quasi timorosa.
Il bambino sorrise.
"Ti terrò la mano allora"
Clara sorrise prendendogli la mano contenta, cacciando indietro le ultime lacrime.
"Comunque io mi chiamo Cesare e da adesso saremo amici per sempre"
(Completata)