Mi sono spesso domandata quale fosse l'esigenza che ci porta a scrivere. Non con la penna, perché nel tempo assume forma, diventa ingombrante. Finisce che non la vuoi più usare, ti dimentichi come si usa. E ti trovi a disseminare pezzettini di memoria rinchiusi in un ridotto spazio su hard disk. La morale è sempre la stessa, quando si è tristi o innamorati queste pratiche diventano sempre un po' più facili. E allora dovremmo essere semplicemente sconvolti, nel bene o nel male, per essere in grado di ascoltare noi stessi. Rivedo la mia esistenza in questi racconti. Non tutta, ma almeno una parte. Non riesco a ricordare cosa si prova, anche se lo posso immaginare. Riesco, però, a vedere la situazione chiaramente. Da principio ho pensato che tutte queste cartelle, che potrei chiamare "contenitori", ma il format implica che debbano chiamarsi "parti", rappresentassero i miei stati d'animo. E solo dopo aver ravanato in qualcuno di questi contenitori mi sono accorta che rappresentavano il mio umore, alcune persone ed anche il tempo. Ma non era abbastanza, perché a quel punto ho avuto bisogno di organizzarli in ordine alfabetico. Eppure non ho mai parlato di quando ero felice. Di quando ero innamorata. Quando lo sono stata mi sono limitata a tenerlo per me, a custodirlo come il più prezioso dei regali. L'ho chiuso nella mia cassettiera, là dove c'erano tutti quei contenitori...che ho pensato di poter mescolare, perché senza la mia cassettina era tutto un po' più vuoto. Era tutto più triste, prima ancora che io potessi averla perduta. Prima ancora che io potessi averla trovata. O era il contrario? Non fa nulla. Comincerò da queste parti, perché vorrei ricordarmi di quante cose potrei scrivere se solo avessi uno di quei registratori e parlassi ad alta voce. Perché vorrei semplicemente aprirne un'altra, e infilarci dentro tante altre cose di poche importanza, e rileggerle tra due anni.