Tecla è solida, schiva, integra.
E' terra stabile, imperturbabile.
Ci sguazza bene nella sua ordinarietà. Poche pretese, poche parole. Vive e lascia vivere. Non crea problemi e non ne vuole. I suoi quattro anni di liceo sono stati sereni, niente di eccezionale, niente di catastrofico, un semplice passaggio obbligato della vita. Non avanza proposte, non pretende. Ma se non chiedi mai, mai nulla ti verrà dato...
Matteo brilla di luce propria. Una meteora per i corridoi della scuola. E' furbo, spregiudicato, amato, bello da togliere il fiato. Primo della classe, primo in tutto. Pieno di capricci, come solo le divinità sanno essere. Sorride, gioca, manipola, ottiene sempre tutto quello che desidera.
Tutto, tranne una spiegazione: perché da un giorno all'altro Tecla è diventata il centro dei suoi pensieri?
Succede una mattina, durante una gita scolastica. Un giorno banale, in cui di punto in bianco, per una parola in più, Matteo inizia a vedere Tecla in modo diverso. Inizia a chiedersi come sia stato possibile vivere con lei in classe per quattro anni e non averle mai prestato abbastanza attenzioni.
E lui adesso vuole prestargliene. Eccome, se vuole. Peccato che Tecla non sia dello stesso parere, che non sia pronta a mollare la sua vita tranquilla, a essere travolta.
Costringersi a non provare amore è però sempre controproducente, e Tecla lo scoprirà suo malgrado, perché dalla volontaria privazione nasce solo un sentimento più forte.
Tecla è profonde radici e terra che nutre.
Matteo è conturbante furia e uragano che sradica.
Tecla e Matteo si allontanano e si avvicinano senza darsi pace.
Senza mai il desiderio di volerla trovare.
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