Questa storia ha inizio molti secoli fa, quando nell'uomo la fragilità e la paura del mondo erano due aspetti del tutto complementari. A quei tempi era molto facile suggestionare e farsi suggestionare da racconti che erano capaci di non far chiudere occhio per tutta la notte. Il Medioevo era un periodo in cui nessuno si fidava di nessuno. Un periodo cupo, un periodo plagiante, una sorta di ombra.
Elena non sapeva a cosa fosse dovuta tutta quella diffidenza. Non comprendeva il motivo di tutta quella paura nelle strade. Non riusciva a spiegarsi perché la gente, non appena calasse il sole, si rintanasse nelle proprie case, come quegli animali notturni di cui lei stessa aveva paura ogni qual volta le se ne avvicinava uno per svolazzare con le sue svelte ali sopra di lei; Elena amava gli animali, ma non andava pazza per i pipistrelli, perché lei era una ragazza solare, che amava "nutrirsi" della luce del sole, infatti diceva sempre che non avrebbe mai smesso di amarla in tutta la sua vita, mentre quegli esseri erano così diversi da lei, erano troppo tenebrosi. Non le piacevano i pipistrelli, perché non amava il colore che li ricopriva: quel nero come la pece, che si confondeva nella notte come si nasconde l'ombra ogni qualvolta che il sole viene coperto dalle nuvole. Ma, se è per questo, ad Elena non piacevano nemmeno i corvi, "uccelli del malaugurio" lei li chiamava. Ogni volta che si recava nel giardino del castello in cui da parecchi anni viveva, c'era sempre un corvo ad aspettarla sopra l'albero in cui Elena amava rifugiarsi. Quel corvo era sempre lì, come se sapesse quando Elena avesse bisogno di starsene per conto suo e quando, invece, volesse andare lì per piangere sulla tomba di sua madre, che l'aveva lasciata da sola, anzi, con suo padre, quando lei era ancora una bambina.