A 17 anni ti rimangono 2 paure; quella di te stesso e quella del mondo.
Il nostro riflesso è temuto più quanto mai possa esserlo lo studio, la scelta dell'università, della carriera, della gente che si frequenta e del messaggio che si manda.
Nonostante le paure siano fisiologiche, nessuno le esprimerá mai entrambe, poiché dobbiamo sempre mostrare agli altri di avere una sicurezza, anche falsa, per non lasciarci scalfire ancora di più dalla vulnerabilità di non sapere chi sei e chi sarai.
C'è chi sceglie di nascondere la prima, chi la seconda, con metodi diversi, tanto validi quanto nocivi.
Il primo, quello che usa Vittoria, è quello di nascondere la paura di sè stessa, di non dar a vedere ciò che la tormenta ogni volta che si specchia, far pensare agli altri di amarsi e venerarsi come una dea, di non trovare nulla di sbagliato nella carne che faceva quasi toccare le sue cosce, dei fianchi che si addolcivano sui jeans, dell'addome che a fine giornata non era più tirato. L'amore che lei non puó darsi da sola lo cerca negli uomini, spesso anche più grandi. Qualcuno dovrà pure dirle che in realtà i suoi difetti sono la prole malsana della sua coscienza abituata a vedere il mondo intero con odio e disprezzo, lei stessa compresa.
Poi ci sono quelli come Alessandro, che temono il futuro come se una sera li strappassero dal letto della loro cameretta e li abbandonassero su una scrivania d'ufficio a fare file di excel, in un monotono cubicolo capitalista. Alessandro ha tanta paura di fallire e di non essere all'altezza dei suoi sogni e delle aspettative di chi lo circonda, quindi parla del futuro come se avesse dato l'anima al diavolo per averlo, con tanto di contratto.
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