Once In A Red Moon

Le sconfinate foreste che si estendevano fino alle frontiere estreme dell'Oregon; la sabbia bianca di Cannon Beach che danzava in fievoli volute quando la brezza oceanica spirava fin sulla costa; gli occhi scuri e riflessivi di sua sorella, che aveva sempre una parola di conforto da dispensare durante i numerosi momenti bui di quella loro difficile ed estraniante esistenza in contumacia.

Laurent Leroux richiamava spesso alla memoria quelle scene, figlie di una terra che gli appariva ormai tremendamente distante, ma al contempo solida, nell'appiglio che gli forniva per riuscire ad andare avanti ogni singolo giorno, con i ricordi e la speranza come unici fari nella coltre buia che era la sua nuova vita.

Era divenuto ciò che aveva sempre disprezzato, ma lo aveva fatto perché non c'era stata altra scelta; era un uomo distrutto, un relitto di carne, ossa e muscoli, il cui unico obiettivo era raggiungere ciò che gli era stato strappato via, qualcosa- 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏𝒐 di così importante che non riusciva nemmeno a nominarlo senza provare un'indescrivibile fitta di terrore, al solo pensiero di perderlo per sempre.

Ad affiancare Laurent nella sua folle lotta contro individui ben più sanguinari della media, accompagnato da una scia di sangue e morte sapientemente tracciata nel corso degli anni, vi era un personaggio istrionico, a dir poco folle, con evidenti tendenze narcisiste - a detta sua, mai diagnosticate e dunque inesistenti - e un tocco di sana mitomania, che rispondeva al nome di Finlay McKinnon.

Due sicari; letali, calcolatori, instabili come una miccia accesa; due differenti visioni dell'ordine delle cose, dell'universo, dei gusti di gelato che meglio si sposano col pistacchio, ma un unico obiettivo comune.

Cosa mai potrebbe andare storto?

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