Ero immobile, paralizzata in ogni parte del corpo. Il buio contornava la stanza, come il freddo e dietro di me solo lo scricchiolio della porta, poi il silenzio. L'unico suono che andava aumentando era il saltellare delle lancette dell'orologio, che sembravano impazzite. Un grido improvviso, una bambina, che continuava a fissarmi senza smettere di dare vita a lamenti disperati, quasi di dolore. Sobbalzai. Guardai l'orologio: le sei e mezza. Mi alzai e, come ogni mattina, mi guardai allo specchio. Mia nonna diceva sempre che sono una ragazza speciale, diversa, a causa dei miei occhi, che variano dal blu al verde smeraldo, in base al tempo, o forse al mio umore. Quella mattina avevo gli occhi scuri, quasi neri. Andai a scuola con il solito autobus, le solite fermate e le solite persone, o quasi. Infatti la giornata mi sembrò una delle tante monotone, finché non lo vidi, seduto in fondo, con lo sguardo perso e gli occhi vivi.